scienza e medicina

Nuove strategie mirate per il trattamento del cancro

Il nostro DNA viene costantemente danneggiato. Grazie alla ricerca di base ora è possibile intervenire per curare alcune malattie

Riuscire ad intervenire solo là dove è necessario è possibile solo conoscendo i meccanismi biologici
(depositphotos)

Circa 10’000. Questo è il numero di lesioni al DNA che ogni cellula del nostro corpo subisce ogni giorno. Un numero del genere, di primo impatto, può far paura, viene quasi da chiedersi come facciano le cellule a sopravvivere, anzi, come facciamo noi a sopravvivere se ogni giorno il nostro DNA viene danneggiato in questa misura? Riparare i danni è fondamentale perché il DNA contiene le istruzioni per far funzionare correttamente le cellule e se non vengono riparati possono portare a senescenza, morte cellulare e allo sviluppo di tumori. Fortunatamente però le nostre cellule hanno sistemi altamente efficienti, che permettono di correggerne la maggior parte prima che possano causare mutazioni permanenti o portare alla morte cellulare.

Riparare il DNA è importante, e non solo contro i tumori

Intuitivamente si può immaginare che i ricercatori studino i meccanismi di riparazione del DNA in modo da evitare che le cellule accumulino danni non riparati e prevenire così mutazioni e cancerogenesi. Questo è vero, ma c’è un altro importantissimo aspetto, cioè la possibilità di sfruttare i difetti nella riparazione del DNA delle cellule tumorali per sviluppare terapie mirate, grazie a quella che viene chiamata letalità sintetica, un principio genetico che ha portato allo sviluppo di terapie antitumorali innovative.

Questo concetto si basa sul fatto che se una cellula ha a disposizione due meccanismi alternativi per la riparazione dei danni al DNA può sopravvivere anche se uno dei meccanismi non è funzionante, ma la perdita di entrambi i meccanismi risulterà nell’incapacità di riparare il danno e nella morte cellulare.

Per fare un’analogia con la vita quotidiana, immaginiamo di doverci recare da Bellinzona a Locarno e che ci siano solo due alternative di viaggio, il treno e l’auto. Se ci fosse un guasto alla linea ferroviaria, potremmo arrivare a destinazione con l’auto. Se però la strada fosse interrotta e anche il viaggio con l’auto risultasse impossibile, il nostro viaggio non potrebbe continuare.

Questa è l’idea alla base della letalità sintetica. Le cellule normalmente utilizzano meccanismi alternativi per riparare i danni al DNA. In alcune cellule tumorali però si verificano delle mutazioni e una di queste “strade” può essere interrotta, le cellule quindi devono utilizzare un altro meccanismo per riparare il danno.

Se però viene utilizzato un farmaco per bloccare il meccanismo di riparazione alternativo (nell’esempio precedente il viaggio in auto), le cellule non avranno più “strade percorribili” a disposizione e il loro viaggio dovrà terminare.

Letalità sintetica: un’opportunità per sviluppare terapie mirate

Il concetto di letalità sintetica permette di sviluppare terapie mirate che colpiscono selettivamente le cellule tumorali con difetti nelle proteine che riparano il DNA, riducendo gli effetti collaterali rispetto alla chemioterapia tradizionale o alla radioterapia.

L’esempio migliore di questa strategia è rappresentato dall’utilizzo degli inibitori dell’enzima PARP (Poly – ADP-ribose – polymerase) per il trattamento dei tumori con difetti nei geni BRCA1 e BRCA2. Le mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2 sono associate a un aumento significativo del rischio di sviluppare diversi tipi di tumore, in particolare mammari e ovarici. Basti pensare che le donne portatrici di una mutazione in BRCA1 hanno un rischio stimato tra circa il 50 e l’80% di sviluppare un tumore al seno e tra circa il 40 e il 50% di sviluppare un tumore ovarico nel corso della loro vita. Per le mutazioni in BRCA2, il rischio varia dal 45 al 70% per il tumore al seno e del 10-20% per il tumore ovarico. Le mutazioni in BRCA1 e BRCA2 raddoppiano anche il rischio di sviluppare un tumore al pancreas sia negli uomini che nelle donne, e sono pure associate al tumore alla prostata e allo stomaco.

Considerando anche che mutazioni in questi geni sono ereditarie e possono essere trasmesse ai figli con un’alta probabilità, trovare una terapia efficace per i tumori associati alle mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2 è importantissimo.

Una storia di successo

I geni BRCA sono fondamentali per la riparazione tramite il meccanismo della ricombinazione omologa, un processo ad alta fedeltà che consente di riparare le rotture a doppio filamento del DNA.

Quando questi geni sono mutati, la ricombinazione omologa è compromessa e le cellule non sono più in grado di correggere i danni utilizzando questo meccanismo, ma diventano invece dipendenti da altre vie di riparazione, come quella mediata dall’enzima PARP, che diventa quindi essenziale per la sopravvivenza della cellula. PARP può essere bloccato tramite l’utilizzo di farmaci specifici come Olaparib, Rucaparib e Niraparib, e questo impedisce la riparazione delle rotture del DNA, portando al loro accumulo e quindi alla morte della cellula tumorale che non possiede più strumenti per riparare i danni.

L’applicazione clinica di questo approccio rappresenta un notevole passo avanti verso la medicina di precisione. I PARP-inibitori sono farmaci molto potenti che possono essere utilizzati a basse concentrazioni e che agiscono in maniera selettiva, colpendo prevalentemente le cellule tumorali in modo che gli effetti collaterali sulle cellule normali siano minimizzati.

Le cellule in cui i geni BRCA non sono mutati, infatti, avendo a disposizione meccanismi di riparazione alternativi, risultano meno sensibili a questo tipo di trattamento. Ciò consente di ottenere una terapia mirata, in grado di ridurre la proliferazione tumorale e migliorare la prognosi dei pazienti. Per fare degli esempi, in uno studio del 2017 l’inibitore di PARP Olaparib è risultato efficace nel ridurre il rischio di progressione del carcinoma mammario e di morte del 42% (Studio OlympiA, The New England Journal of Medicine, 2017). Nel 2018 un altro studio ha dimostrato come l’uso della terapia di mantenimento con Olaparib in donne con carcinoma ovarico sia risultato in un rischio inferiore del 70% di progressione della malattia o di morte rispetto al placebo (The New England Journal of Medicine, Gruppi Moore e DiSilvestro, 2018).

Negli ultimi anni, con il rapido sviluppo delle biotecnologie, oltre agi inibitori di PARP molti farmaci progettati e sviluppati sulla base del concetto di letalità sintetica sono entrati nelle sperimentazioni cliniche e si spera possano aprire la strada a ulteriori possibilità di terapie oncologiche mirate. Per esempio, una promettente possibilità emergente è trattare alcuni tipi di cancro al colon con inibitori mirati alla proteina WRN.

La ricerca di base è il primo passo per vincere le malattie

Il successo degli inibitori di PARP dimostra ancora una volta come la ricerca di base sia estremamente importante per lo sviluppo di nuove terapie farmacologiche, poiché permette di comprendere i meccanismi biologici alla base delle malattie e di identificare nuovi bersagli terapeutici.

Senza studi sulla biologia cellulare, la genetica e la biochimica, non sarebbe possibile sviluppare farmaci innovativi e strategie di trattamento mirate. Investire nella ricerca di base, dunque, non solo amplia le conoscenze scientifiche, ma è essenziale per tradurre le scoperte in applicazioni cliniche che migliorano la salute umana. Nel nostro laboratorio, presso l’Istituto di Ricerca in Biomedicina, a Bellinzona, studiamo i meccanismi di riparazione del DNA e in particolare siamo interessati a capire il meccanismo con cui le proteine BRCA1 e BRCA2 funzionano e come i loro difetti portino a malattie.

* laboratorio di Meccanismi di ricombinazione IRB

In collaborazione con l’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB) di Bellinzona, affiliato all’USI, nel suo 25º anniversario