In oncologia gli approcci cambiano e nascono nuovi farmaci. Grazie alla ricerca, i pazienti avranno accesso a cure sempre più su misura
L’aspettativa di vita della popolazione svizzera è considerevolmente aumentata negli ultimi 100 anni e di conseguenza sono aumentate quelle malattie che si verificano soprattutto in età avanzata, quali ad esempio malattie cardiovascolari, diabete e tumori. In Svizzera i tumori rappresentano la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari.
Le malattie tumorali derivano da cellule originariamente normali del corpo umano che, a seguito di un’alterazione genetica diventano cellule cancerogene, le quali hanno la capacità di riprodursi in modo incontrollato, invadere i tessuti sani e danneggiarli.
Negli ultimi anni, insieme ad un aumento dei nuovi casi di tumore registrati, dovuto come detto prima in gran parte all’aumento dell’età media della popolazione (ma anche al miglioramento delle tecniche di diagnostica e a una maggiore sensibilizzazione della popolazione ad eseguire screening) si registra anche un aumento del tempo di sopravvivenza per diverse tipologie di tumore. Questo dato rappresenta sicuramente un aspetto positivo, che fa capire che grazie ad una diagnosi tempestiva e al miglioramento delle cure si possono ottenere dei risultati importanti, vale a dire un aumento del numero di pazienti che possono guarire, oppure, quando la guarigione non è possibile, a un prolungamento della vita.
Indubbiamente la migliore conoscenza della biologia dei tumori, in particolare delle alterazioni genetiche che li promuovono, e più di recente il chiarimento dei meccanismi di difesa immunitaria che possono essere usati contro i tumori, hanno permesso lo sviluppo d’innumerevoli nuovi farmaci, alcuni dei quali si sono rilevati efficaci nella cura di alcuni tipi di tumore. Questo passo avanti rappresenta un esempio affascinante di come le conoscenze di una malattia e la sua caratterizzazione a livello biologico possano cambiare in modo radicale la sua cura. Tuttavia, è bene precisare che non tutti i tumori sono uguali. Presentano infatti diverse caratteristiche biologiche, modalità di presentazione e cura e diversi sono stati i successi (o insuccessi) delle nuove terapie. È doveroso inoltre sottolineare che, anche nell’ambito della stessa patologia tumorale, il successo di una terapia è legato a molteplici fattori in primis legati proprio al singolo paziente (come ad esempio la presenza di diverse comorbidità).
Prima però di discutere sui nuovi farmaci è importante fare un passo indietro e parlare della chemioterapia. Forse non tutti sanno che è stata scoperta casualmente circa ai tempi della Seconda guerra mondiale e rappresenta ancora oggi la modalità principale di cura dei tumori sia in combinazione con altre terapie (esempio chirurgia e/o radioterapia) che da sola. L’utilizzo della chemioterapia si basa sul fatto che questa causa dei danni a livello del Dna cellulare portando alla morte delle cellule, soprattutto quelle in attiva proliferazione, come appunto quelle tumorali. Purtroppo, questi farmaci non possono distinguere le cellule tumorali da quelle sane, per cui alcuni degli effetti collaterali conosciuti derivano proprio dalle conseguenze su tessuti od organi sani come il sistema ematopoietico, il sistema gastrointestinale ed altri ancora. La gestione degli effetti collaterali attesi della chemioterapia, tuttavia, è migliorata con il potenziamento delle terapie di supporto (come, ad esempio, nuovi e più efficaci farmaci anti-emetici, utilizzo di fattori di crescita, antibiotici ecc.).
Se la chemioterapia ha rappresentato per anni l’arma principale contro i tumori, durante gli ultimi anni molti nuovi farmaci non chemioterapici sono stati sviluppati in laboratorio, entrati in sperimentazione clinica e successivamente, se rilevati efficaci, resi disponibili per i pazienti. Oggi, la stragrande maggioranza dei farmaci nuovi che vengono sviluppati sono infatti non chemioterapici. I primi di questo tipo ad essere sviluppati sono stati i cosiddetti farmaci "target" (o terapie mirate) che agiscono su uno specifico bersaglio della cellula tumorale. Queste terapie comprendono principalmente due categorie di farmaci: le piccole molecole a bersaglio molecolare e gli anticorpi monoclonali. Le piccole molecole entrano all’interno delle cellule tumorali attaccando delle proteine indispensabili per la crescita tumorale bloccandone la proliferazione; gli anticorpi monoclonali sono invece delle macromolecole proteiche che riconoscono dei recettori specifici sulla superficie delle cellule tumorali e legandosi ad essi causano l’arresto della proliferazione o la morte della cellula tumorale.
Inizialmente, lo sviluppo di questi farmaci è stato accompagnato da un grande entusiasmo legato all’idea che dei trattamenti innovativi molto più selettivi contro le cellule tumorali potessero essere privi dei noti effetti collaterali della chemioterapia. Tuttavia, pure questi farmaci possono avere degli effetti secondari (anche se con delle caratteristiche diverse da quelli tradizionali), in quanto le proteine che attaccano sia all’interno che sulla superficie della cellula tumorale possono attaccare pure cellule normali.
Sia gli anticorpi monoclonali che le piccole molecole (queste ultime sono farmaci che si assumono quasi sempre per bocca) hanno introdotto dei cambiamenti di cura importanti e sono entrati a far parte della terapia standard di diverse patologie tumorali, sia da soli che in combinazione con altri tipi di terapia (ad esempio la chemioterapia). Un aspetto importante di questi trattamenti, in particolare delle piccole molecole, è che la proteina specifica su cui agiscono è spesso il frutto di una specifica alterazione genetica; pertanto è stato dimostrato che per alcuni farmaci a bersaglio molecolare i pazienti possono trarre dei benefici solo in presenza di certe caratteristiche genetiche (esempio mutazioni o traslocazioni cromosomiche). Questa osservazione ha messo in evidenza l’importanza di caratterizzare i tumori non solo dal punto di vista istologico (ovvero la tipologia delle cellule), ma anche dal punto di vista genetico. In questo senso la selezione della cura non si basa più solo sul tipo di tumore, ma anche sulle sue caratteristiche genetiche al fine d’individuare l’opzione terapeutica con la maggiore possibilità di beneficio per i pazienti e al tempo stesso con meno effetti collaterali, nell’ottica di una terapia sempre più personalizzata.
Tra gli sforzi per caratterizzare le alterazioni genetiche del tumore, un promettente strumento è rappresentato dalle cosiddette "biopsie liquide" che permettono di ottenere queste informazioni usando un semplice campione di sangue. Tale innovazione ha già un’applicazione clinica e intensi studi sono in corso per poter ampliare il suo uso nella diagnostica di altri tumori, nella valutazione della risposta alla terapia e nel monitoraggio delle malattie dopo di essa.
Più di recente, un’area che ha trovato un esteso sviluppo e che ha già dato dei risultati molto positivi in alcuni tipi di tumore (per citarne alcuni il melanoma, il tumore ai polmoni, alcuni tumori urogenitali e alcuni linfomi) è rappresentata dall’immunoterapia. La possibilità di utilizzare il proprio sistema immunitario e renderlo capace di attaccare le cellule tumorali è oggi diventata una realtà e si può praticare attraverso l’utilizzo di anticorpi monoclonali. Questi sono i cosiddetti checkpoint inibitori che attivano le cellule immunitarie e gli anticorpi bispecifici che costruiscono un ponte tra cellula tumorale e le cellule del sistema immunitario. Un secondo approccio è l’utilizzo di una terapia molto sofisticata chiamata "CAR-T cells". Quest’ultima è molto innovativa e consiste nel raccogliere i linfociti del paziente, modificarli in laboratorio tali da renderli attivi contro il tumore e successivamente re-infonderli al paziente. I nuovi linfociti ora riconoscono le cellule tumorali, le attaccano e le distruggono. Questo tipo di terapia rappresenta anni d’intensi lavori di laboratorio ed è ora disponibile per alcune forme di malattie oncoematologiche anche in Ticino presso l’Istituto oncologico della Svizzera italiana (Iosi).
I nuovi farmaci oncologici hanno portato miglioramenti di cura, tuttavia non sempre danno una garanzia di guarigione e non sono privi di effetti collaterali. Inoltre, molti pazienti non rispondono alle cure esistenti, oppure dopo un’iniziale risposta positiva si assiste ad una ripresa della malattia. Attualmente, per molti dei nuovi farmaci non abbiamo degli strumenti per sapere quali sono i pazienti che potrebbero beneficiare e quali no. Bisogna inoltre tenere presente che solo una minoranza dei farmaci nuovi prodotti in laboratorio si rileva efficace durante la sperimentazione clinica. Rimane quindi ancora tanta strada da percorrere per ottenere dei miglioramenti di cura significativi per un numero crescente di pazienti. Non c’è dubbio che per migliorare i risultati terapeutici bisognerà investire nella ricerca sia pre-clinica che clinica.
Il Ticino gode della presenza di due centri di eccellenza di ricerca pre-clinica sia in senso oncologico, con l’Istituto oncologico di ricerca (Ior) che in senso immunologico con l’Istituto di ricerca in biomedicina (Irb). Sul versante clinico, l’Istituto oncologico della Svizzera italiana ha un’esperienza pluriennale nella conduzione e nello sviluppo di studi clinici volti a identificare terapie innovative. Le conoscenze che derivano dalla ricerca pre-clinica applicate alla ricerca clinica possono porre le basi per migliori terapie in futuro.
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