SCIENZA E MEDICINA

Le nanotecnologie e la medicina del futuro

Le nanotecnologie stanno cambiando il futuro della medicina permettendo di mettere in pratica le promesse della medicina di precisione

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La nanomedicina è una branca della medicina che si occupa delle applicazioni biomediche delle nanotecnologie per migliorare la cura, la diagnosi e la prevenzione delle malattie. Le nanotecnologie si basano sull’uso di nanomateriali, cioè strutture nell’ordine di grandezza di 1-100 nanometri (1 nanometro è un miliardesimo di un metro, 1 nm=10-9 m). Per intenderci, una cellula umana è in media circa 1’000-10’000 volte più grande di una nanoparticella. Le strutture di queste dimensioni hanno proprietà particolari e possono essere utilizzate in campo medico a scopo diagnostico e terapeutico. In ambito farmacologico, i nanomateriali permettono la costruzione di microscopici vettori (nanovettori o nanocarrier) che possono trasportare farmaci e migliorarne la distribuzione nei tessuti e negli organi d’interesse. Le nanotecnologie sollevano grandi aspettative e possono fornire soluzioni nuove ed efficaci per molte malattie, come malattie oncologiche, cardiovascolari e neurodegenerative, e promettono di avere un forte impatto in tutti i campi della medicina.

I nanomateriali e le nanoparticelle

Le nanoparticelle sono assemblate partendo da vari materiali biocompatibili e non tossici. In base alla loro composizione chimica, le nanoparticelle hanno strutture e proprietà anche molto diverse tra loro. Le nanoparticelle come liposomi e micelle, sono quelle più utilizzate nella ricerca farmacologica. Le nanoparticelle in questione si possono immaginare come microscopiche palline con cavità interne che possono contenere i farmaci. Il loro scopo primario è di poter veicolare i farmaci selettivamente alle cellule malate evitando di colpire tessuti sani e altri organi vitali. Si tratta di mettere in pratica il concetto della medicina di precisione: dare il farmaco giusto in modo mirato e con la massima efficacia. L’applicazione di questo principio, in apparenza semplice, ha il potenziale d’influenzare enormemente le terapie per i pazienti oncologici e quelli affetti da molte altre malattie, aumentando considerevolmente la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia dei farmaci rispetto alle terapie attuali.

I recenti successi della nanomedicina

La pandemia di Covid-19 legata alla diffusione del virus Sars-CoV2 ha reso tutti più consapevoli dell’importanza della ricerca fondamentale e applicata in campo biomedico. Abbiamo assistito in tempi mai visti prima allo sviluppo di nuovi vaccini a RNA messaggero (mRna) nel giro di pochi mesi dalla prima identificazione del virus. Questo è stato possibile grazie alla ricerca fondamentale di molti anni prima sull’uso dell’mRna come principio attivo per farmaci e vaccini. Altrettanto importante per il successo dei vaccini anti-Covid a mRna, è stata la ricerca nel campo delle nanotecnologie. Le nanoparticelle lipidiche (liposomi) che compongono i vaccini a mRna proteggono l’mRna e permettono la stimolazione di una efficiente risposta immunitaria contro il virus. Nanoparticelle, come quelle utilizzate per i vaccini anti-Covid, non sono una novità assoluta. Ci sono altri esempi di nanomedicine simili approvate per l’uso clinico o in sperimentazione clinica per altre malattie. Ad esempio, patisiran (Onpattro) è una preparazione di liposomi contenente un piccolo Rna a interferenza (small interfering Rna, siRna) sviluppato per il trattamento di una rara malattia ereditaria. Il patisiran, approvato nel 2018, è il primo farmaco di questo tipo in uso clinico, e la prospettiva è che sia seguito a ruota da altri basati sull’uso di simili nanotecnologie.

Le promesse e le sfide della nanomedicina in campo oncologico

L’uso di nanovettori in oncologia si è concentrato per lungo tempo sulla formulazione di farmaci per ridurre gli effetti tossici. La maggior parte delle nanomedicine approvate per uso clinico o in fase di sperimentazione clinica avanzata per pazienti oncologici sono composti da chemioterapici incorporati in diversi tipi di nano-formulazioni. Lo scopo primario in questi casi è di ridurre la tossicità del chemioterapico. Questo approccio è basato sull’aumentata permeabilità dei vasi sanguigni all’interno della massa tumorale, che permette il passaggio delle nanoparticelle e la penetrazione del farmaco nel tumore. Farmaci come il Doxil (la prima nanomedicina approvata per uso clinico nel 1995) usano questo principio. Il Doxil è composto da una nano-struttura lipidica (liposoma) che ha al suo interno un chemioterapico, la doxorubicina. Questo limita l’accumulo del farmaco in organi vitali come il cuore e il rene riducendone quindi gli effetti tossici.

La nuova frontiera nel campo della nanomedicina in oncologia, tuttavia, è di aumentare l’efficacia delle terapie, non solo di prevenirne la tossicità. Fondamentali in questo caso sono le ricerche volte alla costruzione di nanoparticelle "armate", cioè capaci di riconoscere in maniera attiva il proprio bersaglio, le cellule tumorali. Quindi, nanoparticelle che diventano proiettili intelligenti che vanno a colpire con estrema precisione ed efficacia solo le cellule che si vuole eliminare. Questo approccio si basa sulla possibilità di "decorare" l’esterno delle particelle con molecole (ligandi) che riconoscono strutture (recettori) sulla superficie delle cellule. I ligandi indirizzano il percorso delle nanoparticelle e favoriscono il rilascio del farmaco nelle cellule bersaglio. In questo modo, il farmaco sarà consegnato al posto giusto senza dispersione o perdite, aumentando la specificità e l’efficacia della terapia. Le molecole che indirizzano le nanoparticelle, cioè i ligandi, possono essere "personalizzate" per mirare a diversi tipi di tumore. D’altra parte, anche i farmaci possono essere farmaci a bersaglio molecolare o agenti biologici, come gli Rna terapeutici, prescritti in base alle caratteristiche biologiche e molecolari specifiche del tumore da trattare. È proprio in questo campo che è prevedibile un grosso investimento in ricerca e sviluppo delle nanotecnologie che potrà portare nei prossimi anni alla produzione di una nuova generazione di terapie antitumorali.

Il contributo della ricerca allo Ior

Il gruppo di Terapie sperimentali dello Ior si occupa da tempo di nanomedicina nell’ambito dello sviluppo di terapie antitumorali più efficaci e sicure. Il nostro interesse primario è nella formulazione di Rna terapeutici (quali siRna, miRna e mRna) che bloccano la produzione di oncogeni o attivano la produzione di oncosoppressori. Un’altra linea di ricerca riguarda l’utilizzo di nanoparticelle o micelle per veicolare più farmaci antitumorali insieme in modo da ottimizzare le sinergie e minimizzarne la tossicità. Stiamo studiando l’efficacia di queste terapie in vari modelli sperimentali del cancro alla prostata e al fegato con risultati incoraggianti. L’impegno dei ricercatori dello Ior va anche oltre la ricerca di laboratorio. Il gruppo di Terapie sperimentali è da tempo coinvolto in programmi di cooperazione internazionale con paesi europei ed extraeuropei, come la Eu Cost Action Nano2clinic (www.nano2clinic.eu) dedicata alla creazione di un network internazionale per lo sviluppo delle nanomedicine per l’oncologia. Nell’ambito di questa iniziativa, nel marzo di quest’anno il gruppo dello Ior ha organizzato presso la nuova sede di Bios+ un convegno con vari esperti europei per esaminare la situazione attuale e le prospettive future della nanomedicina.

Le nanotecnologie sono destinate a cambiare il futuro della medicina, permettendo la messa in atto degli obiettivi promessi dalla medicina di precisione e medicina personalizzata. I termini nanomateriali e nanotecnologie possono suscitare dubbi e inquietudini nei non addetti ai lavori, come spesso accade per le novità di cui non comprendiamo appieno le basi e le potenzialità, ma le applicazioni biomediche delle nanotecnologie non devono intimorirci. Al contrario, le nanotecnologie ci danno nuove speranze per molte malattie che ci affliggono. Rappresentano un modo innovativo di affrontare i problemi di cura e prevenzione delle malattie facendo leva sulle conoscenze più avanzate della chimica, della fisica e delle scienze biomediche.

*direttore Istituto di Ricerca in Oncologia (IOR), dottoranda in laboratorio di Terapie sperimentali, direttore Laboratorio di Biologia del cancro prostatico

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