SCIENZA E MEDICINA

Ma il cancro c’è sempre stato?

Dalle sue origini alle differenze nelle diverse parti del mondo. Ecco come viene affrontato nell’era moderna

Tassi di incidenza stimati standardizzati per età (Mondo) nel 2020, tutti i tumori, entrambi i sessi, tutte le età
(WHO)

Che il cancro sia una malattia dell’età moderna e che colpisca quasi esclusivamente le popolazioni dei paesi ricchi sono due credenze erronee. Dell’esplosione dei tumori nei paesi poveri mi occupo più avanti, comincio invece con alcune osservazioni sul cancro nella storia. Da quando siamo in grado di sequenziare almeno parti del genoma dei resti fossili, sappiamo che forme di tumori maligni erano già presenti nei Neanderthal. In periodi storici più vicini sappiamo che già verso l’anno 3’500 a.C. papiri egiziani descrivevano certi tumori come quello del seno. La prima definizione di questo male la si deve a Ippocrate (460-370 a.C.), a cui risale anche il famoso giuramento che molti considerano tuttora ancora valido per la deontologia medica. Ippocrate fu il primo a usare l’espressione greca «karkinos» ossia granchio, per cui da allora questo crostaceo che avvolge la propria preda nelle sue chele è diventato il simbolo del cancro. Secondo Ippocrate il cancro era «una malattia che trae la sua origine dalla bile nera e che è fatale». Più tardi i Romani cominciarono a parlare di cancrum, mentre per Galeno, altro medico famoso dell’Antichità e che visse a Roma nel 2° secolo d.C., il cancro era «una malattia caratterizzata da una protuberanza il cui nome ricorda la similitudine delle vene gonfiate dal tumore con le zampe del granchio». Oltre 1’500 anni dopo, Galileo Galilei rilancia la teoria del cancro come «malattia generale» rimpiazzando però la bile nera con la linfa quale causa principale di questo «male oscuro».

In passato

Il concetto del cancro come un insieme di malattie spesso diverse tra di loro risale al 1919, quando il patologo americano James Ewing demolì tutte le teorie precedenti, che consideravano il cancro come un’unica malattia. Anche se questa rivoluzione concettuale risale ormai a più di un secolo fa, la credenza popolare tende purtroppo tuttora a vedere il cancro piuttosto come una malattia unica. Oggi conosciamo più di 200 tipi diversi di tumori maligni, cosicché la solita domanda «a che punto siamo con le guarigioni nel cancro?» è totalmente insensata, in quanto il discorso va fatto separatamente per ogni forma tumorale.

Se i tumori sono sempre esistiti, la loro tipologia nel tempo è però molto mutata. Certi tumori sono scomparsi, come per esempio uno particolare della pelle, tipico degli spazzacamini, o sono fortemente diminuiti come il tumore allo stomaco, grazie in parte all’uso dei frigoriferi. Alle nostre latitudini, anche il tumore del collo dell’utero è diventato molto più raro, grazie al miglioramento dell’igiene intima, soprattutto maschile. Altri tumori invece, come quelli del polmone, del seno o dell’intestino, sono diventati più frequenti. Ci sono addirittura nuove forme tumorali prima inesistenti, come il cosiddetto sarcoma di Kaposi legato alla presenza del virus HIV. Una parte di questa storia di tumori maligni che appaiono, scompaiono, aumentano o diminuiscono, la ritroviamo nella diversa frequenza geografica dei vari tumori, tema su cui ritornerò. Ora mi sembra però necessario soffermarmi, anche se purtroppo semplificando al massimo, sulle cause dei tumori maligni. Anche se abbiamo appreso moltissimo negli ultimi decenni, non possiamo ancora affermare d’aver compreso fino in fondo l’origine del male. Tranne che per alcuni tumori ereditari, la maggior parte dei tumori è provocata da più fattori.

All’origine dei tumori

Globalmente non più del 5% dei tumori maligni sono veramente ereditari. Esempio tipico è quello dei retinoblastoma ossia del tumore della retina dell’occhio, spesso già presente alla nascita. Molto più conosciuto è il caso, soprattutto dopo il clamore suscitato dall’operazione a cui si è sottoposta Angelina Jolie, della presenza dei geni mutati BRCA1 e BRCA2, a causa dei quali i membri di sesso femminile di queste famiglie hanno un’altissima probabilità di sviluppare un cancro del seno prima della menopausa.

Nel 95% dei tumori non è invece possibile scoprire una trasmissione di tipo ereditario che segua le regole classiche della genetica. Ci sono però sicuramente anomalie genetiche ancora sconosciute che determinano perché una famiglia è maggiormente colpita di un’altra da certe forme di tumori. La ricerca per chiarire questo aspetto è molto intensa. Infatti, se grazie ad analisi genomiche riuscissimo a stabilire se una persona è più o meno suscettibile di sviluppare un certo tumore, sarebbe poi più facile convincere questa persona a evitare comportamenti pericolosi, come il tabagismo, l’eccesso di bevande alcoliche ecc.

Al di là degli aspetti genetici, ci sono tre grossi gruppi di fattori che possono giocare un ruolo importante nello sviluppo di un tumore maligno. Mi limito a citarli: i raggi ionizzanti, compresa la radioattività naturale da radon (dopo il fumo la causa più importante del carcinoma polmonare), le infezioni sia batteriche ma soprattutto virali e l’esposizione a sostanze chimiche e fisiche come amianto, benzene e alcune altre centinaia di sostanze pericolose. Questo ultimo gruppo è il più importante in relazione all’ambiente lavorativo e a quello in cui tutti viviamo. Più della metà dei tumori sono però dovuti a mutazioni spontanee indipendenti da fattori esterni. A questo punto ricordo che il cancro nasce a partire da una proliferazione cellulare anomala dovuta a una o più mutazioni di quel complesso sistema di geni che regolano la vita e la morte delle cellule dei nostri tessuti. I fattori scatenanti, di cui ho parlato prima, possono dunque dare il via a un processo patologico che spesso impiega fino a 20 o addirittura più anni prima di manifestarsi. Oggi sappiamo che per mantenere la crescita di questa popolazione tumorale sono necessari tutta una serie di fattori, come per esempio l’adiposità o l’alimentazione sbagliata. Nel corso della nostra vita nascono spesso cellule anomale che potrebbero generare una popolazione tumorale, ma quasi sempre questa crescita non si realizza: sia perché la cellula anomala è troppo debole per sopravvivere o perché le nostre difese immunologiche sono in grado di distruggerla. Con il passare degli anni però queste difese si indeboliscono e d’altra parte più spesso nascono cellule anomale: ecco perché il cancro, che esiste a tutte le età, aumenta di frequenza con l’avanzare degli anni.

Il cancro nel mondo

Riprendo ora il discorso sulla distribuzione geografica dei tumori maligni a livello mondiale. Non senza però un’avvertenza: spesso le nostre informazioni sono frammentarie. Basti pensare che in Africa i pochi registri dei tumori esistenti coprono poco più dell’1% della popolazione. Così mentre aneddoticamente sappiamo che una serie di tumori, soprattutto quelli legati a infezioni croniche, stanno esplodendo in quel continente, non abbiamo purtroppo a disposizione cifre precise. Di sicuro sappiamo che le frequenze dei diversi tumori variano enormemente alle varie latitudini. Qui alcuni esempi: in Mongolia più della metà dei cancri sono al fegato, mentre in India negli uomini il tumore più frequente è quello alla bocca, siccome il tabacco viene masticato. In Giappone i tumori dell’intestino sono rari, mentre molto frequenti sono quelli allo stomaco: una situazione inversa la si ritrova negli Stati Uniti. Che queste differenze siano dovute più a fattori esterni che non a determinanti ereditarie lo si vede quando le popolazioni migrano: i giapponesi che vivono negli Stati Uniti, a partire dalla seconda generazione, hanno frequenze uguali a quelle degli altri americani. Veniamo al paragone tra paesi ricchi e paesi poveri. In Europa occidentale i tumori aumentano solo ormai in proporzione all’invecchiamento della popolazione. Diminuisce invece la mortalità dovuta ai tumori, soprattutto per la diminuzione dei casi di cancro al polmone, allo stomaco e al collo dell’utero e per l’aumento delle guarigioni nei tumori della mammella. Diverso il quadro nei paesi poveri, nei quali persistono i tumori legati alla povertà (collo dell’utero, fegato, esofago, stomaco ecc.), mentre aumentano quelli legati «all’occidentalizzazione» del modo di vita, come i tumori del seno o dell’intestino. Fattori scatenanti sono i rapidi cambiamenti delle abitudini alimentari, l’aumento del tabagismo e dell’uso di bevande alcoliche e il peggioramento delle condizioni ambientali. Già attualmente più del 70% dei casi di tumori si registrano nei paesi sottosviluppati, dove le percentuali di guarigioni sono molto basse. Un esempio: se da noi oggi guariamo più dei due terzi dei casi di cancro al seno, in molti paesi poveri ciò è vero solo per il 5-10% delle pazienti. Le cifre globali stanno quindi peggiorando, perché i tumori aumentano in quei paesi dove non c’è prevenzione. Così se nel 2000 si sono registrati 11 milioni di nuovi casi di tumori con un po’ più di 6 milioni di morti, per il 2030 si prevede che i nuovi casi di tumori saranno attorno ai 25 milioni con 17-18 milioni di vittime.

L’appello di Lugano

Per questa ragione già nel 2012 la European School of Oncology (ESO) aveva convocato a Lugano il cosiddetto World Oncology Forum (WOF), durante il quale 100 esperti di tutto il mondo avevano discusso la questione: «Stiamo vincendo o no la battaglia contro il cancro?» Ne era risultato l’appello «Fermiamo il cancro ora!» che conteneva il decalogo delle misure che avrebbero dovuto essere realizzate per evitare questo «disastro annunciato». Tra queste spiccavano una serie di proposte per orientare le campagne di prevenzione, la richiesta di produrre farmaci a prezzi accessibili e l’invito a stilare in ogni paese un piano nazionale contro il cancro. Dopo 10 anni un nuovo WOF, che avrebbe dovuto tenersi a fine marzo al Monte Verità di Ascona, avrebbe dovuto fare il punto della situazione. L’evento ha dovuto purtroppo essere spostato di un anno per la pandemia. È probabile però che le conclusioni sarebbero state negative. Questo soprattutto perché i governi sono poco interessati ad affrontare questa complessa problematica e inoltre, nel frattempo, il costo dei farmaci è ulteriormente aumentato. I medicamenti anticancerosi più efficaci possono sfiorare oggi 100’000 franchi all’anno per paziente. Se consideriamo che in molti paesi la spesa sanitaria pro capite è di 100 dollari l’anno o poco più, si capisce che nei paesi poveri milioni di pazienti non hanno accesso a questi farmaci. Una situazione molto simile a quella che stiamo vivendo con i vaccini anti-SARS-CoV-2 accaparrati in gran parte dai paesi ricchi, mentre per esempio in Africa solo una minima parte della popolazione è stata vaccinata. Questo brutale apartheid sanitario lo ritroviamo anche nella lotta contro i tumori. Ma magari ci ritorneremo quando gli esperti avranno avuto la possibilità di ritrovarsi ad Ascona per fare il punto della situazione.


In collaborazione con IOR