Scelte personali in un mondo di dilemmi sociali: come le nostre decisioni individuali quotidiane impattano su noi stessi e sulla comunità intera
È una giornata un po’ uggiosa e state per uscire di casa per recarvi al lavoro. Oggi, però, è pianificata una riunione fuori città e dovete quindi decidere come spostarvi. Davanti a voi avete due opzioni: prendere l’auto e arrivare più velocemente sul posto oppure prendere i mezzi pubblici e metterci un po’ di più. A una prima lettura di questo scenario si potrebbe dire che siete di fronte a un dilemma individuale: le due diverse opzioni che avete di fronte hanno delle conseguenze con un impatto incentrato unicamente sulla vostra persona: siete voi che ci metterete più o meno tempo per arrivare sul luogo della riunione; siete voi che spenderete più o meno soldi per acquistare i biglietti dei mezzi pubblici o per la benzina e il parcheggio; siete voi che dovrete cercare le corrispondenze oppure seguire le indicazioni del Gps per arrivare in orario alla riunione. Tuttavia, a una lettura più ampia della situazione ci si accorge velocemente che non siete gli unici a dover fare quella scelta. Ogni giorno altre migliaia di individui come voi devono decidere se prendere i mezzi pubblici o la macchina per andare al lavoro. Quello che a prima vista è un dilemma personale è, invece, solo una parte di un dilemma più grande che coinvolge tutte le altre persone che condividono con voi il luogo in cui vivete. Questo tipo di situazione in gergo viene chiamato dilemma sociale.
In genere, i dilemmi sociali sono situazioni in cui gli interessi individuali della singola persona sono in conflitto con quelli collettivi. Ci si trova davanti a un dilemma sociale quando una determinata situazione presenta due caratteristiche ben distinte: la prima è che agire nel proprio interesse personale porta a un guadagno più alto – naturalmente per sé – che agire nell’interesse collettivo. Questo indipendentemente dal comportamento delle altre persone. Nell’esempio presentato sopra, assumiamo che prendere l’auto permetterebbe di arrivare più velocemente e più confortevolmente sul luogo della riunione – anche se non è sempre vero – rispetto alla variante mezzi pubblici. La seconda è che tutte le persone implicate in questo scenario, ossia la scelta del mezzo di trasporto per recarsi alla riunione, hanno un guadagno inferiore se tutte perseguono il proprio interesse individuale. Se tutti e tutte decidessero di prendere l’auto per recarsi al lavoro, ci si troverebbe di fronte a strade intasate, difficoltà di parcheggio, tempi di spostamento maggiori. Sul medio e lungo termine, poi, ci sarebbero degli effetti legati al maggior inquinamento dell’aria, abbassando così la qualità di vita di chi vive in quell’area. Quando molte persone prendono delle decisioni tenendo in considerazione unicamente il proprio interesse individuale, allora gli effetti negativi di queste scelte si accumulano, portando a una situazione in cui ogni persona sarebbe stata meglio se avesse deciso l’altra opzione, ossia quella dell’interesse collettivo.
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Un individuo può fare molto, ma non tutto
Lo scenario appena descritto è detto dilemma sociale su larga scala. Molte delle decisioni che si prendono giornalmente e che hanno conseguenze sull’ambiente, fanno parte di questa categoria di dilemmi. Si pensi, ad esempio, alle scelte relative agli acquisti, agli spostamenti o alle vacanze, all’utilizzo delle risorse come acqua o energia, alle scelte relative alla propria alimentazione. Tutte queste situazioni comportano una scelta personale – cosa mangio, cosa compro, come mi sposto, cosa consumo – che ha un impatto diretto sulla propria persona in maniera immediata (soddisfazione, rapidità, comfort di quella scelta), ma anche degli effetti a medio-lungo termine per sé e per gli altri in termini ambientali. Ad esempio, scegliere di comprare prodotti biologici e locali potrebbe avere un costo finanziario maggiore, ma ha un impatto ambientale minore rispetto a comprare prodotti provenienti dall’altra parte del mondo e coltivati con pesticidi. Lo stesso discorso può essere fatto con gli acquisti: comprare un capo d’abbigliamento su un sito di un grande rivenditore può costare meno, ma ha un impatto maggiore, ad esempio, in termini di trasporto e d’imballaggio.
Come abbiamo visto nell’esempio a inizio articolo, nei dilemmi sociali esiste un contrasto tra interessi individuali e interessi collettivi. Ma allora quale di questi due interessi la spunta? La cultura prevalentemente individualista della società occidentale mette in generale l’interesse del singolo davanti a quello della collettività. Com’è facile immaginare, nel dilemma climatico l’interesse individuale ha di norma la meglio su quello collettivo. Sarà quindi più probabile che le persone scelgano di prendere l’automobile, piuttosto che preferire il mezzo pubblico. Tuttavia, ci sono situazioni in cui gli interessi collettivi hanno la meglio e con piccoli sacrifici individuali si possono ottenere grandi risultati, a favore di tutta una collettività. Si pensi, ad esempio, al sistema di finanziamento di comuni, cantoni e confederazione tramite le tasse. Il sacrificio finanziario individuale permette di ottenere benefici collettivi che altrimenti non sarebbero stati possibili per il singolo: parchi, strade, infrastrutture sportive, culturali, mezzi di trasporto pubblici e via discorrendo. La domanda che sorge spontanea, allora, è quando le persone sono disposte a sacrificare un beneficio individuale immediato, per uno più a lungo termine che, però, può portare a maggiori benefici a tutti e tutte?
Partiamo dall’elemento più evidente: i dilemmi sociali su larga scala riguardano un numero molto grande di persone. A livello ambientale, a seconda del discorso che si vuole fare, parliamo quindi di un dilemma che implica migliaia di persone su scala regionale, milioni su quella nazionale e miliardi su quella globale. In generale, in questo contesto è più facile che venga attribuito un peso maggiore al proprio interesse individuale rispetto a quello collettivo. Può sembrare paradossale che davanti all’interesse di letteralmente miliardi di persone, si attribuisca più importanza all’interesse di un singolo individuo. Eppure, questo modo di vedere la situazione trova tutte le sue spiegazioni proprio nel grande numero di persone sull’altro piatto della bilancia.
In genere, in un gruppo così ampio e dislocato geograficamente non è possibile una comunicazione e una conoscenza diretta tra le parti implicate. Si parla, quindi, di situazioni in cui è presente un alto livello di anonimato tra le persone. Infatti, in questo tipo di situazioni le persone non si conoscono personalmente e non hanno modo di comunicare le loro scelte agli altri prima di prenderle. In genere, l’opportunità di comunicazione faccia a faccia aumenta il tasso di cooperazione tra le persone, ma se è già difficile farlo a livello di una piccola comunità come può essere un paese, figuriamoci a livello dell’intero globo terrestre. Da questa impossibilità di confrontarsi sulle scelte scaturisce, di conseguenza, una forte incertezza sociale: è difficile sapere come si comporteranno gli altri davanti a quella stessa scelta, che si tratti dei prodotti da acquistare, del riciclo dei propri rifiuti, del consumo di acqua ed energia. La scelta che favorisce il proprio interesse individuale, invece, è sicura. A prescindere da cosa faranno gli altri, il comportamento individuale è quello che garantisce un guadagno sicuro e più alto per sé stessi. Un ulteriore elemento che agevola la scelta individuale rispetto a quella a favore della collettività è che, più un gruppo è grande, più le persone tenderanno a credere che l’impatto dei loro sforzi sarà insignificante. Le persone sono meno propense ad agire per il bene comune se hanno il sospetto che il loro gesto altruistico possa avere un impatto molto basso su una determinata problematica. Questa percezione è molto presente nelle argomentazioni che portano all’immobilismo climatico, in cui si fa leva sul fatto che le azioni che si potrebbero mettere in atto, a livello regionale, ad esempio, darebbero un contributo irrilevante alla causa ambientale rispetto al contributo che potrebbero dare le azioni di regioni o paesi più popolosi.
La complessità della questione climatica risiede proprio nel suo carattere globale che implica miliardi di persone, dislocate nello spazio e con effetti che si accumulano nel tempo, generazione dopo generazione. Da queste caratteristiche della situazione deriva una percezione di distanza tra questa problematica e le singole persone: le conseguenze delle proprie azioni sembrano essere lontane nel tempo, sembrano riguardare prevalentemente altre regioni o parti del mondo e altre comunità, che non si conoscono. In un contesto di questo tipo è, quindi, facile che le responsabilità individuali si diffondano portando a preferire intuitivamente il proprio interesse personale, immediato e sicuro, rispetto a quello collettivo. A questa scelta intuitiva è poi facile portare delle argomentazioni supplementari più razionali, ad esempio sminuendo l’importanza di una singola scelta o, più in generale, l’impatto del proprio comportamento individuale sulla questione climatica. Tuttavia, questa distanza psicologica è andata riducendosi nel corso degli ultimi anni, quando gli effetti del cambiamento climatico sono diventati sempre più evidenti (siccità, ondate di calore, grandine) anche alle nostre latitudini, toccando il nostro territorio e le persone che conosciamo. È importante tenere presente questi aspetti nelle scelte di tutti i giorni, prendendo coscienza che gli effetti delle singole azioni non hanno unicamente un impatto lontano nello spazio e nel tempo, ma sempre di più riguardano direttamente noi stessi, il nostro territorio e la comunità nella quale viviamo.
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