La crisi energetica e quella idrica possono essere l’occasione per riflettere sulle proprie abitudini di consumo di queste importanti risorse
L’8 febbraio 2023, poco dopo le 9.15, le zone del Luganese e del Mendrisiotto si sono trovate senza elettricità a causa di un blackout. La situazione è durata circa 45 minuti, dopodiché il normale flusso di corrente è stato ripristinato. Se pensiamo che l’energia elettrica è presente tutto l’anno, ventiquattr’ore su ventiquattro, una panne del genere risulta essere quasi irrilevante. Eppure, molte persone si ricorderanno di quella mattina e di quello che stavano facendo in quel momento. Le attività si sono sospese momentaneamente, attendendo il ritorno della corrente. Quando risultava chiaro che questo non sarebbe successo tanto velocemente, le persone hanno cominciato a cercare delle attività alternative che non richiedessero l’uso di apparecchi elettronici o elettrici.
Eventi come questo si riproducono raramente alle nostre latitudini, ma quando capitano lasciano un vivido ricordo. Veniamo da due anni di emergenza idrica e da uno di crisi energetica. Di conseguenza, la possibilità di vedersi privati d’acqua o energia per un periodo più o meno prolungato di tempo non è qualcosa d’inconcepibile. Eppure, quando questa privazione momentanea avviene nella realtà, come nel caso della panne descritta prima, si rimane spiazzati. La presenza di queste risorse fa parte della nostra quotidianità al punto che, quando mancano all’appello, generano questo tipo di stati d’animo.
È del tutto normale crearsi delle aspettative rispetto all’ambiente fisico e sociale in cui viviamo. Queste aspettative derivano da schemi mentali, ossia da un insieme coerente di cognizioni (pensieri, convinzioni e atteggiamenti) che ci permette di comprendere rapidamente una situazione, una persona o un evento sulla base di un numero limitato d’informazioni. Quando sono presenti determinati indizi (ad esempio un rubinetto), si attiva lo schema mentale che completa i dettagli mancanti per dedurre quello che avverrà (uscirà dell’acqua). Questo meccanismo è utile, perché ci permette di predire con buona probabilità quello che potrebbe succedere nelle diverse situazioni.
In natura l’acqua e l’energia sono risorse fondamentali, perché permettono la vita e la sopravvivenza degli organismi. Nella società post-industriale, caratterizzata dalla facilità di accesso ad acqua potabile ed energia elettrica, la forza di questo schema mentale è tale che diventa difficile attribuire a queste risorse l’importanza e il valore intrinseco che hanno. Ne consegue che la loro presenza nella vita quotidiana può essere data per scontata. La possibilità che queste risorse possano essere di difficile accesso o addirittura limitate non fa più parte dalla concezione che si ha della società in cui viviamo. I recenti eventi climatici (momenti di prolungata siccità), e geopolitici (conflitto in Ucraina), hanno prepotentemente riportato alla nostra attenzione il fatto che queste risorse sono indispensabili al mantenimento della nostra qualità di vita, ma più in generale alla sopravvivenza.
Nel linguaggio politico o economico si parla di “crisi idrica” o “crisi energetica”, per sottolineare l’incertezza nell’approvvigionamento di queste risorse così importanti. Etimologicamente, però, la parola “crisi” deriva dal greco e significa “scelta o decisione”. Le crisi sono, quindi, un momento in cui è necessario prendere decisioni importanti per affrontare le sfide e superare le difficoltà. Se lo Stato è chiamato ad affrontare queste crisi secondo la connotazione economico-politica, anche i cittadini possono dare il loro contribuito, scegliendo di rivedere i propri schemi, le proprie aspettative e il proprio rapporto con queste risorse di vitale importanza.
Durante i momenti di penuria di energia e di acqua, le autorità hanno puntato molto sull’informazione e la sensibilizzazione della popolazione. In effetti, per rivedere le proprie abitudini di consumo, il primo passo necessario è quello di capire perché cambiare e quali nuovi comportamenti mettere in atto. Questi due aspetti sono necessari, ma non sufficienti. Infatti, il cambiamento di comportamento non passa solamente da una riflessione puramente razionale, in cui si ponderano pro e contro, ma anche da una rimessa in discussione della propria identità. Se manca la volontà di fare questo passo, allora difficilmente potrà seguire un cambio di abitudini. Ad esempio, pur comprendendo l’importanza di risparmiare energia e acqua, e pur sapendo come ridurre gli sprechi di queste risorse, una persona può non voler rivedere le proprie abitudini, perché potrebbe percepirsi o essere percepita in una maniera differente dalla propria cerchia sociale (famiglia, amici, colleghi). Tuttavia, anche per le persone pronte a fare questo passo identitario, il passaggio all’azione non è ancora assicurato. È infatti difficile cambiare un comportamento radicato nel tempo, anche quando questa scelta avviene in modo riflessivo e consapevole. Lo sa bene chi ha già provato a introdurre nuove abitudini nella propria vita: svegliarsi presto, mangiare in modo più salutare, fare più sport, o altro ancora.
Uno degli aspetti interessanti che sono stati portati alla luce da anni di ricerche sui processi decisionali è che la mente umana agisce sì in maniera riflessiva, ma per farlo necessita di tempo ed energie. Se ognuna delle innumerevoli piccole e grandi decisioni e azioni che ogni individuo prende e svolge quotidianamente – lavarsi i denti, chiudere la porta di casa, prendere le scale o l’ascensore ecc. – dovesse essere ponderata in maniera riflessiva, il tempo e le energie mentali a disposizione si esaurirebbero molto velocemente. Per far fronte a questo problema, la mente umana svolge alcune attività in maniera automatica. In questa modalità è possibile ridurre al minimo lo sforzo mentale e nello stesso tempo svolgere l’azione in maniera più rapida. Questi numerosi e ricorrenti piccoli compiti quotidiani diventano nel tempo delle abitudini, che permettono così di compiere queste azioni in maniera quasi inconsapevole e nello stesso tempo di liberare energia mentale per svolgere attività più complesse che richiedono maggiore attenzione. Instaurare una nuova abitudine, però, necessita di riprogrammare alcune dinamiche che automaticamente si riproducono. Questa riprogrammazione implica uno sforzo supplementare in termini di tempo ed energie, perché richiede l’intervento della propria parte consapevole e riflessiva per dare forma ai nuovi comportamenti che si vogliono instaurare. Ci sono però delle strategie che possono essere utilizzate per riuscire più facilmente in questa sfida, e che possono essere applicate anche al risparmio idrico o energetico.
La prima consiste nell’attivare la propria consapevolezza nel momento in cui si sta svolgendo un gesto abitudinario. Ad esempio, quando ci si lava i denti, spesso si lascia scorrere l’acqua dal rubinetto. Si apre il rubinetto in maniera automatica e l’acqua intanto continua a fluire. In questo preciso momento è importante riportare la propria consapevolezza su questo automatismo con l’aiuto, ad esempio, di un segnale visivo – come potrebbe essere un autocollante che ricordi l’importanza di risparmiare l’acqua – che può essere posto in un luogo ben visibile nei pressi del lavandino. La propria attenzione sarà attirata da questo segnale visivo, la propria parte riflessiva attivata e il comportamento automatico potrà essere riprogrammato, portando alla chiusura del rubinetto e creando così nel tempo una nuova abitudine. La seconda strategia, consiste nel coinvolgere le persone della propria cerchia sociale in modo da incoraggiarsi e ricordarsi reciprocamente di adottare comportamenti più consapevoli riguardo al consumo di acqua ed energia. Questo è particolarmente utile, perché spesso si è talmente immersi nella propria modalità automatica che uno sguardo esterno è necessario per aiutare a riportare la propria consapevolezza su quello che si sta facendo, andando così a rivedere le proprie abitudini. Infine, si possono installare e impostare dei dispositivi che permettano di risparmiare risorse in maniera automatica, senza bisogno di un intervento continuo: come un timer per spegnere i dispositivi (TV, WIFI, stereo) quando non sono in uso durante la notte.
Secondo le stime del Dipartimento del territorio, chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti permette di risparmiare 6 litri d’acqua al minuto. Considerando un tempo di lavaggio medio di 2 minuti, per tre volte al giorno, parliamo di 36 litri d’acqua che giornalmente ogni persona può risparmiare. Se questo semplice gesto fosse adottato dai 350mila abitanti del nostro Cantone le cifre del risparmio idrico inizierebbero a diventare veramente importanti. Lo stesso discorso vale con l’energia che giornalmente consumiamo.
Queste azioni possono sembrare banali e, per un certo verso, lo sono. Tuttavia, questi gesti involontari e automatici – che individualmente non sembrano avere alcuna importanza – accumulati possono avere degli effetti sul nostro ambiente sia a breve che a medio-lungo termine. La natura semplice di questi gesti e il loro potenziale grande impatto cumulato dovrebbero responsabilizzarci maggiormente a metterli in atto. Il territorio in cui viviamo avrà sempre più bisogno dell’azione coordinata di tutte le persone che lo abitano, per far fronte alle sfide presenti e a quelle che si presenteranno in ambito climatico negli anni a venire.
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