L’evento traumatico di Gabriella, alleviato dal sostegno del Care Team Ticino
"Stavo preparando una cenetta, sembrava già tardi, la tavola era pronta, aspettavo ormai da 30 minuti, ma lui non si affacciava alla porta di casa". Gabriella (nome di fantasia) racconta di quella sera di ottobre in cui, tornata anch’essa dal lavoro, si era prodigata per trascorrere una bella serata con il marito. Purtroppo, l’attesa è stata interrotta dalla Polizia e dalla notizia del decesso dell’amato. Non poteva crederci, in fondo si erano sentiti poche ore prima per definire il menù della cena, avevano scambiato due chiacchiere e si erano detti che si sarebbero visti a casa.
Questo è un esempio, simile nei modi a tanti altri. Si chiama morte improvvisa. Nel caso di Gabriella, il marito ha avuto un incidente automobilistico e la morte è avvenuta di colpo. Senza avvertimenti. Gabriella è stata catapultata in una nuova dimensione che gli psicologi chiamano stress traumatico, ossia quella fase in cui l’individuo non crede alla notizia, nega la verità, è incredulo, si dispera, piange, è arrabbiato, ossia vive una reazione naturale fuori dalla norma. Il ventaglio di reazioni è infinito e ogni persona reagisce a modo suo. Gabriella continua il racconto: "Lo avevo pregato, rientrando a casa, di recarsi a prendere del pane… ed è proprio lungo quel tragitto che è successo, proprio lì – aggiungendo –, se io mi fossi ricordata di prendere il pane, lui non avrebbe dovuto andare". Esprime nel suo racconto sensi di colpa, molto comuni alle persone coinvolte in un evento potenzialmente traumatico. Accanto a reazioni individuali, abbiamo reazioni specifiche quali un’ipereccitazione che si trasforma in disturbi del sonno o dell’alimentazione – a chi si blocca l’appetito oppure a chi fagocita tutto ciò che gli sta intorno – in difficoltà di concentrazione – "dovevo leggere 3 volte le stesse cose per capire cosa avevo letto", racconta Gabriella – in irrequietezza o irascibilità "rispondevo male a chi mi poneva una semplice domanda". Poi, ancora, ci sono i continui flashback, che si presentano nei momenti più disparati della giornata, e l’evitamento, ossia l’evitare luoghi, situazioni e persone che ricordano l’accaduto. Nei momenti seguenti il dramma Gabriella è stata sostenuta da care givers. "Non sapevo da che parte iniziare, tutto era troppo, e mi cadeva il mondo addosso". Si trattava di rimettere ordine, di dare delle priorità e di accogliere quel dolore immenso, mai immaginato e mai provato fino a quella sera. Accogliere pensieri ed emozioni per ristabilire ordine in quella testa confusa e in quel corpo che non risponde ai comandi. Oltre a Gabriella si trattava di sostenere anche i colleghi di lavoro, anch’essi increduli, sono stati ascoltati per poter capire e iniziare il processo del lutto. Sono passati mesi e Gabriella dopo un intenso inizio, ha cominciato a tornare alla sua routine, dopo un primo periodo di isolamento ha ricontattato le amiche ed è tornata in palestra ad allenarsi e buttare fuori tossine.
Il lutto di Gabriella è unico, sebbene affronti percorsi comuni a molti di noi. Oggi, a distanza di mesi, riesce a raccontarlo con maggiore distacco, il dolore si è trasformato assumendo una nuova forma e nuovi colori. Dopo lo stress traumatico Gabriella ha ricevuto l’aiuto e le risorse necessarie per riuscire a evitare di sviluppare un disturbo maggiore chiamato disturbo post traumatico da stress, dall’inglese Post traumatic stress disorder (Ptsd).
Il Ptsd è un disturbo che viene diagnosticato quando un individuo è esposto a un evento traumatico in cui viene minacciata la sua integrità psicofisica. L’80% della popolazione viene confrontata almeno una volta nella vita con uno di questi eventi e un aiuto immediato dato dalla psicologia d’urgenza si è dimostrato un valido percorso da seguire. Nadine Maetzler, psicologa d’urgenza della Rete Nazionale d’Aiuto Psicologico d’urgenza, conferma che "oggi un aiuto immediato va a cogliere l’individuo nella sua maggiore fragilità e lo accompagna verso una nuova situazione di vita che deve prima capire, poi accettare e infine ricostruirsi". Il percorso è lungo e tortuoso e, continua Nadine Maetzler, "dobbiamo portare la persona colpita da un evento gravoso a muoversi verso nuovi orizzonti, riprendere il controllo della propria vita e dare un senso all’accaduto". Il processo dura mesi o anni e può essere sostenuto in seconda battuta da professionisti dediti all’ascolto. Non tutti hanno un decorso lineare come Gabriella, altri mostrano maggiori complicazioni.