Ricostruirsi dopo aver subito delle violenze ha un costo, sociale ed economico, non indifferente
"Mi sento annullata come persona, come donna e come professionista". Sara (nome noto alla redazione) è una madre di famiglia che da troppo tempo accetta condizioni di vita ingiuste. Ha sacrificato carriera, relazioni sociali e anche la salute in una relazione che l’ha pian piano soffocata. Si è trasferita credendo alle promesse di una vita migliore, ma si è scontrata con i limiti di un marito fragile, con problemi di dipendenza che si sono aggravati al punto da farle desiderare la separazione. Ma solo dopo anni: "Non capivo quanto fosse grave. In fondo non mi picchiava. Mi sgridava forte una o due volte per settimana. Ma in realtà i miei diritti più elementari erano ignorati: anni e anni senza nemmeno un controllo medico, nessuna possibilità di uscire di casa, non sapevo quanti soldi avevamo e intanto lui accumulava debiti".
La violenza contro le donne è un dato di fatto nel mondo intero. Si arriva a definirlo uno dei fenomeni più democratici, perché colpisce senza distinzione di età, formazione, situazione economica né provenienza geografica. Fa male a chi la subisce, ma non solo, le sue conseguenze si estendono, in modo diretto e indiretto, all’insieme della società. Le vittime hanno bisogno di sostegno medico, psicologico, giuridico, economico. Questo toglie loro energia vitale e ha un prezzo, anche economico, sia per chi subisce sia per la collettività, che deve occuparsi della presa a carico e del trattamento degli autori. L’impatto su chi la subisce non è una novità: tra le conseguenze immediate rientrano le lesioni fisiche (ematomi, contusioni e distorsioni, ma anche lacerazioni e bruciature, e addirittura commozioni cerebrali, traumi cranici, fratture, ferite interne e aborti spontanei), ma può anche comportare problemi psichici immediati (senso di minaccia e paura, disturbi del sonno, problemi di rendimento e concentrazione o un maggiore consumo di farmaci e alcol) e a lungo termine (depressioni, sintomi di stress, disturbi d’ansia, disturbi post-traumatici da stress, disturbi alimentari e suicidalità). Se le vittime sono bambini si osservano anche danni allo sviluppo cognitivo ed emotivo.
La violenza domestica ha anche conseguenze sociali e psicosociali per chi ne è colpito. Secondo l’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo, separazione, divorzio, uscita dall’abitazione, cambiamento di residenza, del posto di lavoro, della scuola ecc. hanno un impatto radicale sulla vita delle persone o delle famiglie colpite. Essa può inoltre ripercuotersi anche sulla vita professionale delle vittime, per esempio sotto forma di incapacità lavorativa temporanea o permanente, assenze per malattia, calo delle prestazioni ecc.
In termini monetari i costi diretti e indiretti, secondo l’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo in Svizzera si aggirano complessivamente tra i 164 e i 287 milioni di franchi l’anno, a dipendenza della base di calcolo utilizzata. Questo senza tener conto di ambiti molto importanti come i procedimenti civili, la protezione dei minori e degli adulti, le offerte di assistenza per i minori coinvolti e le ripercussioni sulla loro salute nonché le conseguenze sulla salute psichica degli uomini (importi omessi per mancanza di dati). A questi costi tangibili, bisognerebbe aggiungere quelli intangibili per l’intero arco della vita, stimati a 2 miliardi di franchi generati dal peggioramento della qualità di vita dovuto a dolore, sofferenza e paura.
Comundo (www.comundo.org/it) è una Ong attiva nella cooperazione allo sviluppo nel Sud del mondo, dove sostiene associazioni locali per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni svantaggiate. Donne e bambine sono spesso beneficiarie dei progetti in quanto particolarmente vulnerabili e colpite dalla povertà e dalle disuguaglianze. Comundo promuove anche in Ticino l’azione "La violenza è pane quotidiano per troppe donne. Io dico no!" in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. L’idea è di far arrivare le informazioni per chiedere aiuto in caso di difficoltà proprio là dove la violenza spesso si consuma in modo palese, cioè tra le mura di casa. Per questo motivo dal 25 di novembre oltre un’ottantina di panetterie del Cantone Ticino vendono il proprio pane in speciali sacchetti con i numeri di emergenza in caso di violenza. Perché è necessario sensibilizzare anche qui da noi? I dati parlano chiaro: nel 2021 la Polizia cantonale ticinese è intervenuta in media tre volte al giorno per casi di violenza domestica. Una cifra impressionante, ma che è solo la punta dell’iceberg della realtà: "Per ogni donna che arriva a chiamare la polizia, altre 4 tacciono – ci spiega Corinne Sala, direttrice di Comundo per la Svizzera italiana –. Questo ci dice tanto su un fenomeno che resta per la sua stragrande parte sommerso, nascosto, sottaciuto. E quindi sottovalutato".
Ogni iniziativa a favore di una maggiore autodeterminazione delle bambine e delle donne è un importante passo avanti per contrastare la violenza contro le donne. Ma attenzione a non pensare che la chiave di volta stia esclusivamente nel sostegno alle vittime: il problema non si porrebbe se non esistessero gli autori di violenza, con i quali si può e si deve fare un grosso lavoro di prevenzione. Un esempio di successo arriva dalla Bolivia, uno dei paesi in cui Comundo è attiva, dove si sta concludendo in questi giorni una collaborazione molto fruttuosa con un’associazione locale che difende i diritti di bambine, bambini e donne. Lo scopo del progetto è proteggere questa parte della popolazione dalla violenza e il totale delle persone beneficiarie è composto da 2’000 persone circa, tra cui bambine, ragazze, donne adulte e uomini adulti, suddivisi quasi in parti uguali tra vittime e autori di violenza.
Sì, avete letto bene: gli autori di violenza sono considerati beneficiari di questo progetto di protezione dalla violenza. Marco Ballesteros, psicologo e cooperante di Comundo a Cochabamba, ce lo spiega così: "In Bolivia lo strumento principale contro la violenza è la denuncia, ma noi proponiamo alternative. Se davvero vogliamo sradicare questo fenomeno non basta lavorare a livello repressivo: c’è bisogno di nuovi meccanismi che insegnino agli uomini a gestire i conflitti (in generale e all’interno della coppia) in modo diverso dal volersi semplicemente imporre". Questo significa ad esempio trovare degli spazi di dialogo per uomini che hanno compiuto atti di violenza, ma anche per coloro che vogliono lavorare preventivamente. Infondo anche gli uomini hanno diritto a essere presi a carico. Da una parte perché lavorare con gli autori di violenza è tra le misure più efficaci per ridurre davvero la violenza contro le donne. D’altra parte, anche perché gli uomini stessi possono essere vittime di questo problema strutturale, che impone modelli di mascolinità stereotipati, privandoli della libertà di vivere altre interpretazioni dell’essere maschio.
E questo approccio in Bolivia sta dando i suoi frutti: alcune persone che hanno partecipato al progetto stanno già considerando stili di vita alternativi al cerchio dei maltrattamenti, altre si stanno formando per lavorare e migliorare la loro situazione economica e reintegrarsi nella società in condizioni migliori.
Comundo promuove la parità di genere come tema trasversale a livello istituzionale, ma anche operativo in ogni campo di lavoro. Si impegna al Sud e al Nord contro la violenza sulle donne, contro le disparità economiche e contro la scarsa partecipazione delle donne alle decisioni politiche.
La violenza contro le donne è un fenomeno con profonde radici culturali, che ci tocca tutte e tutti e necessita di uno sforzo collettivo per essere contrastato. Sono necessari cambiamenti su più livelli: la famiglia, la scuola, la chiesa, l’esercito, l’arte, la pubblicità, la letteratura... Si tratta di guardare alla relazione uomo-donna con occhi diversi, decostruendo il rapporto di potere che c’è alla base e smantellando le costruzioni culturali o gli stereotipi che ognuna e ognuno di noi si porta inconsciamente dentro.
Ecco perché come società civile, oltre a sostenere le vittime di violenza, abbiamo il dovere morale di informare, sensibilizzare, e interrogarci su come si possa arginare questo fenomeno.
Anche la Fondazione Pro Mente Sana nella sua attività a tutela delle persone che direttamente o indirettamente sono coinvolte nell’ambito della salute mentale, si trova quotidianamente confrontata con le conseguenze che scaturiscono dalla fragilità che si manifesta all’interno della coppia. Ne risultano persone chiuse in se stesse, senza più autostima, che si sentono colpevolizzate a tal punto da ritenere perfino ingiusto il fatto di denunciare certe situazioni di violenza. Come se non bastasse queste dinamiche spesso non vengono segnalate per timore di ripercussioni.
Alla base di tutto, risulta quindi quantomai imprescindibile il rispetto, che dovrebbe essere il fondamento di ogni relazione. Perché qualsiasi atto violento, sia verbale che fisico, rappresenta una mancanza di rispetto nei confronti dell’altro e, di riflesso, verso se stessi.
Per tutto il 2022 la Fondazione Pro Mente Sana, tramite questo spazio mensile, proporrà nuovi temi e testimonianze. Se avete delle domande, necessitate di consigli, volete proporre nuovi temi da approfondire o se desiderate mandare un commento o raccontare la vostra storia, potete contattare direttamente Pro Mente Sana, scrivendo a contatto@promentesana.ch o telefonando allo 091 646 83 49.