Lo studio: calano gli anziani confederati che scelgono il nostro Cantone e 8mila giovani negli ultimi 20 anni sono emigrati a lavorare in altri Cantoni
Il presente articolo fa parte del "progetto demografia" basato sulle statistiche raccolte e analizzate da un gruppo spontaneo di esperti ticinesi. In una serie di puntate analizzeremo tendenze e realtà demografiche del Ticino.
Si vive sempre più a lungo ma siamo sempre di meno in Ticino, una società in estinzione, dove sempre più giovani emigrano in altri cantoni, dove arrivano sempre meno pensionati confederati e dove il motore demografico sono gli stranieri. Vediamo perché con Elio Venturelli, che ha diretto per anni l’Ufficio cantonale di statistica.
Meno gente che arriva, più residenti che se ne vanno: cosa succede?
Negli ultimi 40 anni c’è stata la crescita più importante della popolazione grazie all’immigrazione soprattutto dall’Italia. Questo trend si è arrestato negli ultimi due anni e la popolazione ha iniziato a calare. I motivi sono due: gli svizzeri fanno meno figli, infatti i decessi superano sistematicamente le nascite, ma soprattutto dal 2013 il saldo migratorio (differenza tra partenze e arrivi) è iniziato a diminuire per azzerarsi nel 2017 per gli stranieri e passare a valori negativi per i residenti svizzeri. Le statistiche mostrano chiaramente che il motore della crescita della popolazione è stata l’immigrazione dall’estero.
Senza immigrazione e naturalizzazioni in quanti saremmo?
Nel 2000 eravamo 308mila. Senza l’immigrazione, nel 2018 la popolazione invece di raggiungere le 353mila unità avrebbe registrato un forte calo rispetto al 2000, situandosi a 298mila unità (con un calo di 10’000 unità rispetto a 18 anni prima). Le naturalizzazioni sono l’unico elemento che fa aumentare la popolazione elvetica in Ticino. Senza questo apporto, negli ultimi 40 anni, il numero di residenti svizzeri avrebbe registrato un forte calo.
Meno figli, meno stranieri, c’è anche un problema di emigrazione, di residenti che lasciano il Ticino?
Le statistiche rilevano un fatto nuovo: l’emigrazione dei giovani che sta assumendo una connotazione importante; quasi 800 residenti l’anno, tra i 20 e i 39 anni, lasciano il Ticino per recarsi in altri cantoni o all’estero.
Si può parlare di fuga di cervelli?
Possiamo ipotizzare che ad andarsene siano giovani con una formazione elevata, dunque possiamo parlare di fuga di cervelli soprattutto verso cantoni con posti di lavoro qualificati e salari adeguati che in Ticino questi giovani non trovano probabilmente per la presenza massiccia di frontalieri. Questa mobilità verso nord è una tendenza che si nota in tutta Europa (anche in Italia, il 15% dei dottorati va a lavorare all’estero dove trova posti più qualificati e pagati). Un altro aspetto da approfondire è il probabile scollamento tra la formazione e le esigenze delle aziende. Le nuove tecnologie e la robotizzazione necessitano profili professionali molto particolari che la scuola ticinese probabilmente non produce ancora. Questi posti vengono occupati da stranieri.
Siamo ancora il rifugio soleggiato per i pensionati svizzeri?
C’era un importante flusso di pensionati svizzeri verso il Ticino, ma dal 2015 si è affievolito. I pensionati elvetici vanno all’estero.
Quindi anche il modello di ‘Sonnenstube’ è in crisi?
Secondo le statistiche, il Ticino non sembrerebbe più ambito dai pensionati confederati. Oltre a ciò, aumentano i pensionati ticinesi, che vanno all’estero, forse dove la vita costa meno, ma le motivazioni sarebbero da analizzare.
I giovani se ne vanno, arrivano meno pensionati svizzeri e meno stranieri, la popolazione cala, i figli del ‘baby boom’ vanno verso la pensione. Quali sfide vede per il futuro?
I nati nel ‘baby boom’ vanno verso la pensione modificando ulteriormente i già precari equilibri intergenerazionali. I temi sono noti: costi della salute, finanziamento dell’Avs/secondo pilastro. Altre sfide, tutte da approfondire, riguardano un mondo del lavoro stravolto dall’innovazione tecnologica che implica nuovi profili professionali, che la scuola deve formare. Il rischio è istruire (con costi elevati) giovani che non hanno un futuro in Ticino. Il frontalierato poi ha un tale impatto sulla realtà cantonale che sembra allontanare tanti giovani formati alla ricerca di salari adeguati. Manca poi in Ticino una radiografia esaustiva sulle caratteristiche delle aziende (agevolazioni fiscali, mercati di destinazione…) e degli occupati (anzianità, formazione, statuto, tempi di lavoro, salari...) che permetterebbe analisi più approfondite.
Il sole e il clima dolce, i bei panorami, il costo della vita più contenuto attiravano in Ticino numerosi pensionati confederati (come dimostra il grafico a lato). Il boom negli anni Novanta, il calo dal 2008 e dal 2015 il flusso si è prosciugato con un saldo migratorio intercantonale negativo. «Eravamo abituati a importanti flussi di pensionati confederati in Ticino. Questo ci poneva in testa alla graduatoria tra i cantoni per tasso di invecchiamento. Oggi il Ticino non è più attrattivo, anche più pensionati ticinesi vanno all’estero, probabilmente dove la vita costa meno. Infatti diverse residenze secondarie sono in vendita. Una tendenza che andrebbe approfondita per capirne i motivi», spiega Elio Venturelli.
Negli ultimi 20 anni, quasi 8mila giovani (20-39 anni) hanno lasciato il Ticino (vedi grafico sopra) per trasferirsi in altri cantoni o all’estero. «Negli ultimi tre anni il saldo negativo arriva e supera le 800 unità all’anno. L’emigrazione riguarda in particolare la Svizzera interna, ma anche i flussi verso l’estero sono importanti», spiega Venturelli. Una fuga di cervelli tutta da analizzare. «Mentre la manodopera frontaliera aumenta fortemente (l’incremento dal 2000 è stato del 143%), i giovani lasciano il Ticino, probabilmente in cerca di posti di lavoro più confacenti ai loro profili professionali o a condizioni salariali più elevate, evitando così per taluni di figurare tra gli effettivi dei disoccupati», commenta.
L’emigrazione dei giovani svizzeri unitamente al calo dei pensionati confederati che scelgono il Ticino per trascorrervi la vecchiaia, mostrano le debolezze del nostro territorio e della nostra realtà socio-economica: un Ticino meno attrattivo, un Ticino meno competitivo. In tempo di crisi, con le forti ripercussioni sull’immigrazione, ci si rende forse meglio conto delle particolarità della nostra dinamica demografica.
Nel 2015, Venturelli pubblicava nella collana dell’Archivio storico ticinese lo studio ‘Vivere sempre più a lungo in una società in via di estinzione’ analizzando tre decenni di demografia in Ticino. La nuova descrizione della dinamica demografica cantonale, che presentiamo in modo succinto in questo approfondimento (l’analisi completa www.laregione.ch/demografia) fotografa tendenze e trasformazioni (in parte già emerse nel 2015) che risentono indirettamente dei cambiamenti della società, dell’economia, del territorio, della scuola e della formazione professionale.
«Questa nuova descrizione, che evita interpretazioni, è la base di lavoro per un neonato gruppo di riflessione (Sandro Bianconi, Andrea Ghiringhelli, Vasco Gamboni, Elio Venturelli, Silvano Toppi, Angelo Rossi, Pietro Martinelli), che nulla toglie ai vari gruppi ed enti competenti che già studiano questi temi. Si vorrebbe proporre un ulteriore strumento (statistico, ma completato con le analisi del gruppo) agli attori attivi nei vari settori (politici, economici, sociali...), con un’attenzione particolare alle scuole post obbligatorie, per meglio interpretare i cambiamenti in atto e le sfide che si dovranno affrontare», precisa Elio Venturelli.
Gli obiettivi del gruppo di riflessione sono descritti nel sito della Regione (www.laregione.ch/demografia).