La spettacolare foto della Nasa postata su Twitter
Il Sole si mette in posa davanti al telescopio spaziale Solar Dynamics Observatory (Sdo) della Nasa, sfoderando il suo sorriso migliore: la spettacolare foto, postata dalla Nasa su Twitter, mostra infatti tre macchie comparse recentemente sulla nostra stella, che per una felice coincidenza hanno assunto le sembianze di due occhi e di una bocca sorridente.
Le macchie scure sono in realtà buchi che si formano periodicamente nella parte più esterna dell’atmosfera del Sole, chiamata corona solare, in zone più fredde e in cui il plasma è meno denso, e da dove veloci raffiche di particelle elettricamente cariche (vento solare) vengono emesse nello spazio.
I cosiddetti buchi coronali sono stati scoperti quando i telescopi a raggi x della missione Skylab furono inviati oltre l’atmosfera terrestre per osservare la nostra stella.
Skylab è stata la prima, e fino ad ora unica, stazione spaziale americana, lanciata nel 1973 ma che già nel 1978 non era più funzionante e che precipitò sulla Terra a luglio 1979, fortunatamente senza causare danni. Questi buchi sono correlati alle linee del campo magnetico solare: durante il periodo di minore attività del Sole, i buchi si trovano principalmente nelle regioni polari, mentre quando il Sole è più attivo compaiono molte macchie sparse su tutta la superficie.
L‘attuale ciclo solare sta mostrando un’attività insolitamente elevata, tanto che il raggiungimento del picco massimo, inizialmente previsto per il 2025, arriverà probabilmente in anticipo di un anno. Proprio un esempio di questa attività sono i buchi coronali ora fotografati dal telescopio spaziale Sdo, lanciato nel 2010 e che orbita a circa 36mila chilometri dalla Terra. Ma c’è chi ha visto nella particolare disposizione delle macchie qualcosa di più di una faccia sorridente: secondo alcuni utenti di Twitter, infatti, la somiglianza è notevole anche con uno dei cattivi di Ghostbusters, l’enorme pupazzo bianco vestito da marinaio noto come ’l’uomo della pubblicità dei marshmallow’.