La vitamina C, la bevanda calda, anzi caldissima, e il soffritto: 'Perfetta per mantenere la distanza sociale' commenta il direttore malattie infettive del Niguarda
Proviamo a sorridere, quel poco che si può e amaramente per l'ondata di disinformazione che sin dall'inizio ci accompagna. La regina delle bufale settimanali sui metodi più efficaci per combattere il coronavirus viene da una sedicente infermiera o dottoressa di un nosocomio milanese secondo la quale gli ospedali locali starebbero constatando sorprendenti progressi tramite la somministrazione ai pazienti di vitamina C. La signora, con tono tra l'entusiasta e l'affannato, consiglia l'ingerimento di 1-2 grammi al giorno, anche in pillola.
Massimo Puoti, direttore del reparto di Malattie Infettive dell'ospedale Niguarda di Milano, smonta la notizia in una dichiarazione rilasciata all'Ansa, raccontando di come – oltre alle bufale – "i cittadini propongono le loro teorie sperando di darci una mano". Dice ancora il medico: "Qualche spremuta d'arancia in più non fa male, a meno che non si sia diabetici" e soprattutto "la vitamina C ha sì un effetto protettivo dalle infezioni respiratorie, ma quella assunta con l'alimentazione è sufficiente. Prenderla come supplemento, se non l'ha prescritta il medico, può provocare un eccesso dannoso per la salute".
Puoti, se ve ne fosse bisogno, torna sulle bevande calde che eliminerebbero il virus – "Per ucciderlo davvero, bisognerebbe bere l'acqua a temperatura bollente, il che danneggerebbe il tessuto interno della gola ed esofago" – e sull'ultimo ritrovato 'scientifico', l'estratto di cipolla: "Perfetto per mantenere la distanza sociale ed evitare il contagio...".