Per Boris Bignasca è solo un pretestuoso ciangottare quello che investe il finto sindacato leghista TiSin
“Un tiro al piccione senza il piccione” ha detto alla tivù un impettito Boris Bignasca. Per lui è solo un pretestuoso ciangottare quello che investe il finto sindacato leghista TiSin, avvistato a tubare con rapaci di dubbio piumaggio, a far lo struzzo sul salario minimo mentre si ghermiscono frontalieri con un pugno di becchime. Poco importa se poi, ogni domenica, il corvo di via Monte Boglia affibbia ai lavoratori italiani la livrea di gazze ladre, mentre i suoi titoli garriscono a pappagallo i soliti slogan. Ormai s’ode un perplesso chioccolare perfino tra gli altri merli della voliera populista, alcuni si ridestano come civette di Minerva. Tanto che il pulcino del Nano, l’altro giorno, ha dovuto lasciare il nido parlamentare a cresta bassa, vuoi mai che il guano ne colpisse il trespolo. Passerotto, non andare via, ci saranno certamente nuove occasioni per tornare a pavoneggiarti come se nulla fosse. Sempre che un’alata coerenza non rimpiazzi i cinguettii sui social. Perché va bene che “la realtà è un uccello che non ha memoria”, come cantava Giorgio Gaber. Ma qua ci prendono per polli.