Il capo delle Istituzioni si rifiuta di rispondere alle nostre domande sul poliziotto già condannato per post nazisti
Un agente della Polizia cantonale inneggia sui social a Hitler e Mussolini, chiama “maiali” i “neri” e i “gialli”. Norman Gobbi – col nullaosta dell’intero Consiglio di Stato – ne permette la promozione a sergente maggiore, incurante delle critiche della comunità ebraica, della Commissione federale contro il razzismo, di vecchi segugi della Polizia come Giorgio Galusero. Ora, sempre su Facebook, quel poliziotto minaccia di pestare l’ignoto che gli ha vandalizzato l’auto: “Non vedrai l’ora che arrivino in tuo aiuto i tanto odiati sbirri!”, gli dice, “applicherò un’antica legge non comune alle nostre latitudini”. Toni da Pulp Fiction, che spingono a chiedersi se al direttore delle Istituzioni non sia venuto qualche dubbio su certe scelte. Si vorrebbe capire cosa intende fare, non per vedere rotolare teste, ma per evitare il ripetersi di episodi che screditano la polizia. Serve una risposta politica che però non arriva: Gobbi si ostina a non volerci rispondere. Il solito silenzio immusonito che abbandona non solo i lettori, ma anche gli agenti che indossano la divisa come si deve. Peccato davvero.