Sarà a livello delle regioni che si giocherà la partita del credito da parte del pubblico, ma a Zurigo e a Berna che si deciderà come provare a vincerla
Da settimane, l’esito della nomina alla direzione generale della Ssr era dato per certo, e puntualmente si è avverato, nonostante qualche eco polemica che non è mancata neanche in questo caso, per una prassi che ha portato Susanne Wille a essere l’unica candidata che il Cda dell’azienda ha sottoposto ai delegati regionali. Insomma, nessuna alternativa, anche perché negli ultimi giorni altri “papabili” si sono pubblicamente (e significativamente) defilati.
Di fatto, comunque, si è scelta una figura di giornalista che in azienda, alla Srf, ha un profilo riconosciuto ed è diventata una “star” per competenza ed empatia. E poi è una donna (finalmente), la prima donna a dirigere la Ssr. Ma è, forse prima di tutto, svizzero-tedesca, ovvero un volto noto e influente per gli spettatori/contribuenti della regione linguistica che oggi più che mai conterà in modo preponderante nel definire i destini del servizio pubblico radiotelevisivo (e online).
L’azienda sta vivendo ormai da tempo nella tempesta, esposta ad attacchi continui e colpita, come tutto il mondo dei media, da una profonda crisi, finanziaria, di autorevolezza e credibilità. Come se non bastasse, l’aspetta fra un paio d’anni la votazione sull’iniziativa “200 franchi bastano”, con tutte le contraddizioni che tale battaglia porta con sé. Sì, perché di contraddizioni, a vari livelli, bisogna pur parlare, nel pensare che, giornalisticamente, la Ssr è da sempre, istituzionalmente e per principio, un medium assolutamente indipendente, ma in quanto azienda pubblica, dipende poi totalmente da decisioni politiche e soggiace a una dinamica di forte influenza di quei gruppi (politici ed economici) che per varie ragioni la vorrebbero indebolire.
Secondo mandato, la Ssr è lo specchio del principio di “coesione nazionale”, per cui ogni regione linguistica può godere di analoghi “servizi”, ma oggi deve difendersi dando chiaramente la precedenza alla regione più forte e importante, quella di lingua tedesca. Non a caso, secondo il ministro Albert Rösti, l’eventuale successo dell’iniziativa “200 franchi bastano” porterebbe a una ristrutturazione della Ssr, che dovrebbe abbandonare l’attuale decentramento in Romandia e in Ticino. Insomma, all’orizzonte c’è pure l’ipotesi di un servizio pubblico che diffonde in tedesco e sottotitola, se del caso, nelle altre lingue. Quanto a radio e online, tutto centralizzato o marginalizzato, in nome dei risparmi.
Quando Wille afferma, come ha fatto, la necessità di continuare ad avere una Ssr vicina alla gente, definisce chiaramente che sarà a livello delle regioni che si giocherà la partita del credito verso l’azienda da parte del pubblico, ma sarà a Zurigo e a Berna che si deciderà come provare a vincerla, ottenendo il necessario consenso da parte di chi paga un canone per un’offerta quadrilingue ma si esprime (e protesta, magari) solo per quel che vede e sente nella propria lingua.
La Svizzera italiana, in questo senso, è un esempio tristemente significativo: la Rsi esiste in quanto tale solo per il principio di “coesione”, ma vista l’ampiezza del dichiarato e preoccupante dissenso del suo pubblico (vero protagonista a livello nazionale nella raccolta di firme per l’iniziativa) pare non considerare minimamente l’importanza di questo principio. In un momento di così forte difficoltà finanziaria, la Ssr dovrà muoversi tra una forza che accentra il potere decisionale e una legittimità che sta nella sua struttura centrifuga, nel fatto di rivolgersi a pubblici diversi, che però, in verità, si parlano poco e si capiscono ancora meno. Un problema non da poco. Dalle nostre parti “Wille” si traduce con “volontà”. Quella della neodirettrice generale è senz’altro buona. Speriamo che basti.