Il silenzio protratto di Putin dimostra che l’attacco era inatteso. Il tentativo di dare la colpa all’Ucraina sarebbe quasi comico, non fosse una tragedia
L’attentato al teatro Crocus di Mosca richiama molti precedenti. Il più citato è la serie di esplosioni che nel 1999 devastò in Russia intere abitazioni. Fu addebitata a terroristi islamici, ma indizi rinvenuti indussero a ritenere che fosse organizzata dai servizi segreti russi. Di certo, quegli attentati diedero il destro a Vladimir Putin per scatenare l’esercito contro i separatisti islamici del Caucaso. Pochi giorni fa ricordavamo qui l’arrivo al potere di Putin, da sconosciuto funzionario. Non avrebbe vinto le elezioni del marzo 2000 se non si fosse imposto come uomo forte promettendo di catturare gli autori di quegli attentati “andando a cercarli persino nel gabinetto”.
In conseguenza s’è fatta l’ipotesi che anche l’attentato del Crocus sia stato montato dai servizi segreti russi. Con il passare delle ore, invece, la rivendicazione del gruppo terroristico Stato islamico ha trovato conferme. Molti elementi fanno pensare che l’attentato fosse davvero inatteso.
La situazione creatasi nella comunicazione russa ha ricordato quella osservata dopo il fallito colpo di Stato del giugno 2023: la mancanza di una versione ufficiale diffusa dai media, la confusione nelle redazioni, il lungo silenzio di Putin. Il noto sito d’inchiesta in lingua russa The Insider ha avuto conferma che i media di Stato, nelle ore successive all’attentato, hanno ricevuto l’avviso di un intervento pubblico di Putin per ben tre volte, ogni volta rinviato. L’intervento del presidente si è fatto attendere 20 ore. Se l’attentato fosse stato preparato da settori dello Stato, la versione ufficiale per i media e il discorso di Putin sarebbero già stati pronti.
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Il cordoglio di Putin
Ci si meraviglia che a Mosca sia possibile organizzare un’azione di tale portata alle spalle dei servizi segreti, dopo gli avvertimenti giunti dagli Stati Uniti. È ben possibile, invece. I servizi segreti esercitano un controllo pervasivo sulla società russa. Possono arrestare in pochi minuti un dimostrante pro-ucraina sulla Piazza Rossa o raggiungere a casa chiunque scriva in Internet un post sgradito al governo, ma questa capillarità non è ciò che serve per sgominare le bande terroristiche.
Si aggiunga che gli organi di sicurezza russi sono concentrati da due anni sulla guerra in Ucraina: l’osservazione della scena terroristica è passata in secondo piano. Nota Aleksandr Čerkasov, dirigente dell’associazione per i diritti umani Memorial, intervistato dal canale indipendente in lingua russa Telekanal Dožd’: “L’apparato è organizzato per garantire non la sicurezza dei cittadini, ma la stabilità del potere”. Non è escluso che porzioni dei servizi segreti o altre componenti dello “Stato profondo” abbiano taciuto o non si siano attivate per impedire l’attentato, a causa di contrasti interni: uno scenario verificatosi proprio durante il colpo di Stato del giugno scorso. In realtà, molti elementi suggeriscono che si sia gravemente sottovalutato il rischio di un evento infausto. Il centro Crocus impiegava guardie disarmate, vi erano uscite di sicurezza non agibili e pare che non tutti i sistemi antincendio abbiano funzionato, riferiscono diverse testate russe.
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La Crocus City Hall distrutta
D’altro canto, con il passare delle ore sono emersi elementi che confermano la matrice islamica dell’attentato. La rivendicazione proviene da una fonte credibile e contiene informazioni non accessibili ad altri. Wassim Nasr, attento analista della scena terroristica islamica per il canale francese France24, ha osservato che nelle ore dei fatti sono comparsi numerosi nuovi profili Telegram che duplicavano quelli abitualmente usati dal gruppo Stato islamico. È una pratica consueta di questo gruppo, quando organizza grossi attentati, per ovviare a possibili blocchi d’autorità del profilo principale, segnala l’esperto.
È verosimile che il ritardo nella reazione di Vladimir Putin sia dovuto alla necessità di trovare un’argomentazione per attribuire la responsabilità dell’attentato all’Ucraina. Questa attribuzione non convince. Secondo la versione russa, i quattro presunti terroristi arrestati nella regione di Brjansk fuggivano verso l’Ucraina: ci sarebbe da ridere, se non fosse una tragedia. Tutta la frontiera tra Russia e Ucraina, anche in quella zona, dove non si combatte, è presidiata da due eserciti contrapposti e sbarrata da linee di difesa militare. Se anche gli ucraini avessero aperto un varco, come sostiene Putin, è ben difficile che i terroristi avrebbero potuto superare le linee russe, su un’auto di cui era nota persino la targa. Foto e filmati di persone che collegherebbero l’attentato all’Ucraina si sono rivelati falsi grossolani. La motivazione più forte contro il coinvolgimento ucraino, però, è politico-giuridica. Se emergesse che l’Ucraina ha organizzato un attentato di tale dimensione ai danni di civili, si tratterebbe di una violazione del diritto internazionale talmente grave che farebbe perdere a Kiev ogni sostegno occidentale.
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I quattro tagiki fermati in aula
L’attentato dovrebbe indurre la Russia e noi stessi a molte riflessioni. La Russia si pretende estranea all’Occidente: l’attentato del Crocus le ricorda che è esposta alle stesse minacce di Parigi, Bruxelles e New York. Dopo l’attacco contro Israele del 7 ottobre 2023, Mosca si è allineata ad Hamas, in coerenza con la sua posizione anti-occidentale. Hamas non è lo Stato islamico, quest’ultimo non è il governo talebano dell’Afghanistan e l’Isis-Khorasan è cosa diversa dagli estremisti con i quali i russi si alleano a geometria variabile in Africa. Appoggiare uno di questi soggetti vuol dire invischiarsi in conflitti intestini dell’islamismo, in una contrapposizione con l’Occidente che è culturale, oltre che armata.
La lezione vale anche per noi. In Occidente si diffonde un’irresponsabile ambiguità verso il terrorismo, i regimi autoritari e le teocrazie. La cronaca, in particolare italiana, ha offerto di recente esempi tristemente significativi di queste sbandate. L’attentato di Mosca ricorda a tutti che la scelta per lo Stato di diritto e la società laica e aperta non ammette compromessi.