laR+ IL COMMENTO

Sulla giustizia è finalmente il momento del ritorno al dialogo

Incassato il sì del Gran Consiglio al pacchetto di proposte per riformare il Terzo potere, da Gobbi e dal parlamento finalmente parole distensive. Durerà?

In sintesi:
  • Per ora è una ‘wish list’ su cui il governo dovrà esprimersi. Ma è comunque una strada tracciata
  • Il caos nel Tribunale penale cantonale ha sicuramente influito
L’ora di un cambiamento?
(Ti-Press)
17 ottobre 2024
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Osservando la compiaciuta soddisfazione del Gran Consiglio ieri pomeriggio, dopo il via libera alla risoluzione con le proposte della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ e agli altri due provvedimenti sui poteri del Consiglio della magistratura e la rotazione alle presidenze delle Sezioni del Tribunale d’appello, mancava solo Aragorn ne ‘Il signore degli anelli’ a dire che “questo giorno non appartiene a un uomo solo, ma a tutti. Insieme ricostruiamo questo mondo, da poter condividere nei giorni di pace”.

Si può aver infatti ragione nel definire un “tesoro” il risultato raggiunto anche dalla granitica convinzione del presidente della ‘Giustizia e diritti’ Fiorenzo Dadò nel guidare la commissione verso un passo importante in un settore come la giustizia, difficilmente riformabile senza portare a casa botte e lividi. Quanto approvato dal parlamento, però, non deve alimentare pie illusioni. È una lista di provvedimenti, qualcuno urgente qualcuno meno. Una lista di desideri, come l’ha definita qualcuno non particolarmente entusiasta nei corridoi di Palazzo delle Orsoline in questi giorni, che dovrà superare lo scoglio del Consiglio di Stato che, su questa ‘wish list’, dovrà esprimersi entro la fine dell’anno. Il direttore del Dipartimento istituzioni la porta l’ha aperta, e il dialogo è stato assicurato. Già qualcosa rispetto a certi scontri visti in passato. Ma Gobbi e il governo stesso dovranno fare i conti sia col fatto che alcune misure non sono propriamente a costo zero – e i vincoli glieli hanno posti gli stessi partiti che ora chiedono potenziamenti –, sia col fatto che necessariamente ci vorrà del tempo.

La vicenda della risoluzione approvata ieri dal Gran Consiglio ha visto il parlamento dover prendere le redini in mano perché se è sbagliato dire che il Dipartimento istituzioni per quanto riguarda la giustizia è stato immobile, altrettanto complicato è affermare che sia sempre stato guidato da un piglio riformista da competizione. Ormai anche Gobbi ha cominciato a fare ironia su ‘Giustizia 2018’ e sul suo “entusiasmo giovanile” con cui propose qualcosa che così e in tempi ristretti era inattuabile. Sarebbe quindi indelicato insistere. Ciò non toglie che se questa vicenda riuscirà ad avere il merito di avviare un costruttivo dialogo tra i tre poteri dello Stato, come auspicato da Gobbi stesso e dal Gran Consiglio, di sicuro a guadagnarci saranno i cittadini, ovvero coloro che hanno o possono avere a che fare con la giustizia ogni giorno e hanno il diritto che essa sia efficiente, all’avanguardia e dotata delle risorse necessarie.

Chiaro, il cantiere – almeno la posa della prima pietra – era già partito. Ma il caos che ha coinvolto il Tribunale penale cantonale è stato un accelerante di cui la commissione ha beneficiato per arrivare a una svolta. Il lavoro estivo – lungo, certosino e con un risultato che chi più chi meno ha soddisfatto tutti – ha combaciato con le immagini sconvenienti diffuse dal presidente del Tpc Mauro Ermani, con il prosieguo della vicenda di presunto mobbing e del trionfo di segnalazioni e controsegnalazioni tra i cinque giudici. È forse esagerato aspettarsi che la soluzione a questi grotteschi e sconvenienti inciampi arrivi grazie alle risposte del Consiglio di Stato sull’attuabilità o meno dei punti inseriti nella risoluzione. O che casi simili non si ripetano. Ma che tutti abbiano preso coscienza del fatto che bisognava agire, e urgentemente, è già un bel risultato. Durerà?