Per il film di Olmo Cerri anziché ‘La scomparsa’ sarebbe stato più azzeccato un titolo come ‘Storia di un terrorista’
Ho avuto l’occasione, come presumo molti ticinesi della mia generazione, di vedere il documentario di Olmo Cerri “La scomparsa di Bruno Breguet”, presentato all’ultima edizione del Festival di Locarno. Diciamo che l’interesse cui accennavo deriva dal contesto storico, quello degli anni del terrorismo, che tentò di cambiare la nostra società a suon di bombe e di omicidi efferati, con cui abbiamo convissuto per molto tempo. E che, peraltro, non ha ancora finito di spargere i suoi veleni e di fare altre vittime.
Direi, quindi, che trovo il titolo del documentario, non molto centrato sulla figura del protagonista. Coglie, infatti, l’epilogo misterioso della sua vita, più che l’intera sua esistenza. Quella di un ragazzo del Locarnese che, sin da quando era un giovane uomo, bazzicò gli ambienti della lotta armata e non rinunciò a imbracciare le armi, pagandone un prezzo elevato visto che, a soli 45 anni, di lui si persero le tracce e tutto lascia pensare che venne ucciso.
Tornando al titolo, “Bruno Breguet, storia di un terrorista”, mi sarebbe parso, di conseguenza, più azzeccato. Per una storia che, oltretutto, si districa à bout de souffle, degna di un romanzo di Le Carré, se si considera che spazia dal Medio Oriente all’Europa, che vede implicato un ex nazista al soldo della Cia, con lo stesso protagonista, Bruno Breguet, pagato pure lui dai servizi statunitensi mentre, sullo sfondo, si staglia la figura inquietante del super terrorista venezuelano Carlos. ll quale si macchiò di alcuni dei più sanguinosi attentati degli anni ’70 e ’80 e che, da 30 anni, è detenuto in un carcere francese. Insomma, roba che pure George Smiley, l’ufficiale dell’M16 britannico, protagonista di tanti best seller di Le Carré, avrebbe faticato a districare.
Ad esempio il fatto che, a soli 20 anni, Bruno Breguet si radicalizza, parte per il Libano, si affilia a un’organizzazione terroristica, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che lo spedisce con una cintura esplosiva in Israele, dove viene immediatamente arrestato e condannato a 15 anni di carcere. Per poi venire scarcerato dopo aver scontato solo una parte della pena.
Qualcuno ha sacrificato quel giovane idealista, approfittando della sua ingenuità? Succede, tuttora nelle banlieues francesi, con giovani molto più scafati e arrabbiati di Breguet. È stato fagocitato anche lui, come molti altri terroristi della sua generazione, dai “cattivi maestri”? Che dopo l’avventura israeliana l’hanno buttato tra le braccia di Carlos, grazie al quale è finito di nuovo in carcere?
Olmo Cerri, nel suo racconto, si fa seguire da alcuni suoi ex compagni ticinesi, tra cui Gianluigi Galli e Giorgio Bellini. Quest’ultimo partecipò, tra il ’74 e l’84, a oltre 40 attentati e venne arrestato, con il sospetto che non si riuscì a provare, di essere un complice di Carlos. Di Gianluigi Galli si tentò, invano, di individuare una vicinanza alle Brigate Rosse. Fu, comunque, questo il brodo di coltura in cui maturò la tragica vicenda di Bruno Breguet. Sparito durante un viaggio in nave da Ancona alla Grecia. Non sarebbe sicuramente riuscito a cambiare il mondo, con il quale i suoi compagni appena citati sembrano, ormai, scesi a patti. Sereni e rilassati come chi è in pace con sé stesso.