laR+ IL COMMENTO

In Parlamento è ‘Armee über alles’

Anche il Nazionale vuole alzare a quasi 30 miliardi il tetto di spesa per il periodo 2025-2028. Il concetto di finanziamento non promette nulla di buono

In sintesi:
  • La ‘soluzione’ rischia di avere le gambe corte: potrebbe deragliare in dicembre, al dibattito sul preventivo
  • Per rimpolpare le casse dell’esercito, un aumento delle entrate sembra imprescindibile
Viola Amherd e il capo dell’esercito Thomas Süssli
(Keystone)
20 settembre 2024
|

Lo scorso dicembre, mettendo ‘fine’ a uno psicodramma che si trascinava da quasi un anno e mezzo, il Parlamento ha trovato un’intesa sull’aumento del limite di spesa per l’esercito. Il Consiglio degli Stati voleva alzarlo a una quota dell’1% del Prodotto interno lordo (Pil) entro il 2030. Consiglio federale e Consiglio nazionale volevano invece spalmare l’incremento su più anni, fino al 2035, per non gravare troppo sul bilancio della Confederazione. C’è voluta una conferenza di conciliazione. Alla fine l’hanno spuntata Governo e Camera del Popolo.

Non ci risulta che da allora la ‘situazione della minaccia’ sia evoluta in modo significativo. Di panzer russi a Ponte Chiasso non si intravede l’ombra. Non sono segnalate truppe d’assalto di Putin pronte a guadare il Reno e a invadere la Svizzera. Né vi sono avvisaglie che stormi di droni provenienti da Mosca si abbatteranno presto su Palazzo federale. È vero che «nessuno sa cosa ci aspetta» (Mauro Tuena, consigliere nazionale Udc); che questo esercito ha fatto la fame dopo la fine della Guerra fredda (come molti altri, del resto) e ora va irrobustito; che restano le minacce “ibride” (cyber attacchi) e non si può escludere la possibilità di un attacco armato da lunga distanza con missili balistici o armi ipersoniche. Ma “grazie alla sua posizione geografica, il nostro Paese è meno esposto e un attacco armato diretto della Russia contro la Svizzera, in particolare con truppe di terra, è improbabile anche in un prossimo futuro” (così scriveva il Consiglio federale due anni fa).

Eppure, adesso ci si viene a dire che le forze armate devono poter spendere quasi 30 miliardi di franchi nel periodo 2025-2028. Presa da frenesia riarmista, incurante del fatto che se anche i più cupi scenari dovessero concretizzarsi, l’ombrello Nato (i suoi Paesi si stanno riarmando fino ai denti) non tarderà ad aprirsi, la maggioranza borghese del Parlamento (Udc, Plr e Centro) si è rimangiata la decisione di pochi mesi fa e ha deciso di alzare di 4 miliardi il ‘tetto’ di spesa: significa l’1% del Pil già nel 2030, anziché nel 2035. Vuol dire che le uscite dell’esercito cresceranno più rapidamente: passeranno entro quella data dagli attuali 5,7 a 9,5 miliardi all’anno, non a ‘soli’ 7,8 miliardi.

Il peggio del peggio arriva ora. Al Nazionale, gli stessi partiti hanno fatto passare un concetto di finanziamento che non promette nulla di buono. Prevede di prelevare una parte dei soldi dal già di per sé non generoso budget della cooperazione internazionale: le Ong sono tornate a gridare allo scandalo (“minata la tradizione umanitaria della Svizzera”). Anche i Cantoni ne subirebbero le conseguenze. Il ‘concetto’ prevede di ridurre la loro quota parte sull’imposta federale diretta: i responsabili cantonali delle finanze lo ritengono “estremamente problematico”.

La ‘soluzione’ rischia di avere le gambe corte. Potrebbe deragliare in dicembre al Consiglio degli Stati: solo la scorsa settimana i ‘senatori’ – facendo dietrofront rispetto a giugno – avevano detto di non (più) voler toccare il budget dell’aiuto allo sviluppo; e alla Camera dei Cantoni la voce di questi ultimi ha ancora il suo peso. Il principale banco di prova sarà però il dibattito sul preventivo della Confederazione: il secondo atto del teatrino visto lo scorso dicembre? Una cosa appare chiara: senza entrate supplementari (come quelle che potrebbero giungere dall’aumento temporaneo dell’Iva a favore di Avs ed esercito proposto dal ‘senatore’ Benedikt Würth, che oltretutto avrebbe il pregio di dover essere sottoposto al voto popolare), tra un paio di mesi si corre il pericolo di finire dritti contro un muro.