laR+ LA TRAVE NELL’OCCHIO

Oggi l’indecenza è la normalità

La democrazia dovrebbe essere una casa di vetro: ma ultimamente i vetri sono piuttosto appannati

In sintesi:
  • Le litigiose contese, condite da gaie divagazioni fallocratiche, non ci consegnano giudici ponderati nei giudizi
  • A latitare è la qualità dei governanti
  • Colpisce la progressiva scomparsa di un’etica pubblica
Tanta nebbia davanti alle istituzioni

Che vergogna! Il torpore estivo non è servito a lenire le magagne e ridare dignità alla politica. Si persevera nel mesto spettacolo: la regressione morale e politica continua, ovunque. Anche da noi i crucci non mancano. Ci sono alcuni politici che si ostinano a confondere la politica con il tornaconto personale e invece di servire lo Stato sono propensi a servirsi dello Stato. La mediocrità è generale e il Ticino non si distingue certamente per la probità e la qualità del personale politico: scarseggiano gli alberi di gran pregio e abbondano i cespugli infestanti. Nei vari consigli di amministrazione si aggirano personaggi – assicurano i partiti – di sicure competenze: purtroppo c’è qualche distrazione nella selezione del personale e non mancano i cedimenti truffaldini. Anche la magistratura, che dovrebbe essere un esempio di morigeratezza e rettitudine etica, si è prodotta in esibizioni piuttosto sconvenienti: le litigiose contese, condite da gaie divagazioni fallocratiche, non ci consegnano giudici ponderati nei giudizi. E poi ci sono i governanti che di tanto in tanto dimenticano il rispetto rigoroso delle procedure e aggirano con troppa disinvoltura le decisioni dei Tribunali. E pure la trasparenza qualche volta l’accantonano quando conviene occultare – è il caso di dirlo – qualche incidente di percorso.

La democrazia dovrebbe essere una casa di vetro: ma ultimamente i vetri sono piuttosto appannati.

Un politico di alto impegno e buoni propositi mi confessava mestamente che il governo non è un granché ed è sempre più difficile orientarsi: lo capisco. Figurarsi per noi, comuni cittadini.

La democrazia liberale, ricordiamocelo, è l’unico sistema politico che si fonda sul collante della fiducia fra governanti e governati. Se i cittadini non si fidano di chi rappresenta le istituzioni politiche e giudiziarie, la conseguenza è il distacco, la passività, il rifiuto delle istituzioni pubbliche. Non insisto. Da noi, come altrove, a latitare è la qualità dei governanti. Il buon Platone riteneva che la risorsa essenziale di chi governa è la ragione: guardatevi attorno e poi ditemi dove è andata a rifugiarsi la ragione, certamente non nella politica. La “peggiocrazia” sta erodendo, con la nostra colpevole condiscendenza, le istituzioni democratiche.

Colpisce la progressiva scomparsa di un’etica pubblica (ossia la disciplina del dovuto di ciascuno a tutti sulla base di valori condivisi). Oggi la morale pubblica è molto predicata ma poco praticata e ognuno la interpreta secondo i bisogni e le convenienze di parte: è la morale ad personam che coincide con l’assenza di un codice etico collettivo. Si accompagna, lo avrete notato, alla scomparsa della vergogna, un sentimento che una volta suscitava sensi di colpa e impediva di scivolare nell’indecenza. Ma oggi l’indecenza è la normalità e, caduta la vergogna, più nessuno perde la faccia. Per parafrasare Michele Serra: di questi tempi sono tanti i politici a soffiarsi il naso nella tovaglia anche nei banchetti pubblici. I primi a provare vergogna dovremmo essere noi cittadini: ma pure noi abbiamo perso la capacità di indignarci.