Il sanguinoso ritorno dell’islamismo politico in Europa non è una replica della stagione dei massacri del Bataclan o di Bruxelles
Si è sfiorata la tragedia alla Grande-Motte, non la si è invece potuta evitare a Solingen. Il primo attentato, diretto contro la locale sinagoga nel giorno dello Shabbat, aveva ovviamente nel mirino la comunità ebraica francese. Quello perpetrato nella città tedesca della Ruhr, nel quale sono morte accoltellate tre persone, voleva colpire a casaccio i partecipanti alla festa dell’inclusione. In Francia gli atti considerati antisemitici sono esplosi dall’inizio dei bombardamenti a Gaza (+300%), in Germania l’anno in corso è contrassegnato da una lunga serie di mortali attentati all’arma bianca, in cui terroristi di fede islamica hanno colpito poliziotti o semplici cittadini. Casi più isolati si sono registrati in Spagna e Portogallo.
Sebbene l’Isis abbia rivendicato la paternità della strage di Solingen, quanto stiamo vivendo non è una replica della sanguinosa stagione dei massacri del Bataclan o dell’aeroporto e della metropolitana di Bruxelles. Anche perché il sedicente Stato Islamico, privato di una base territoriale (Siria e Iraq), in assenza di una struttura verticistica, non può basarsi che sui cosiddetti cani sciolti. Da qui il ricorso sempre più frequente all’arma bianca, micidiale poiché incontrollabile.
I due principali sospettati catturati in Francia e Germania sono di nazionalità algerina e siriana, e sussistono pochi dubbi sul legame tra il loro gesto e la guerra in corso a Gaza. In Francia le telecamere di sorveglianza della sinagoga hanno immortalato l’attentatore, il volto coperto da una kefiah, il corpo avvolto in una bandiera palestinese, mentre lo scempio di Solingen sembra da leggersi come una vendetta per il ruolo tedesco nel fornire armi a Israele.
Il sanguinoso ritorno dell’islamismo politico in Europa affonda le radici ideologiche in quell’estremismo religioso che si annida sia in una lettura letterale nei testi sacri (Corano e Sunna) sia – scriveva il grande studioso riformista A. Meddeb – in una pratica millenaria in cui il mondo arabo-islamico ha conosciuto una progressiva decadenza, in termini di scienza, libertà, uguaglianza, creatività, e democrazia. L’Islam, nel “j’accuse” del grande poeta siriano Adonis, “non ha bisogno del mondo, in quanto incarna la verità assoluta” e il musulmano “è obbligato a credere, senza sollevare dubbi sul profeta”.
Ma oggi, più che il riferimento teologico, a dominare è soprattutto una diffusa frustrazione tra i giovani immigrati alimentata dall’atteggiamento considerato succube dell’Occidente nei confronti di un governo alleato, le cui violazioni del diritto umanitario e internazionale vengono sostanzialmente tollerate. Le sprezzanti parole di odio pronunciate da membri di un esecutivo che non esitano a proclamare l’annientamento di milioni di arabi, non suscitano, come dovrebbero, una ferrea riprovazione. Il governo Netanyahu – scriveva ‘Haaretz’ – con la sua politica alimenta quell’antisemitismo che poi utilizza per giustificare le proprie azioni.
All’indomani dell’ondata di attentati del 2015-2016, diverse voci chiesero ai musulmani europei di prendere le distanze dall’estremismo religioso. Oggi per tentare di disinnescare la miccia di terrorismo e la piaga dell’antisemitismo, sarebbe utile, come chiedono gli stessi islamici, che quelle distanze che chiedevamo loro, governi, opinione pubblica e pure comunità ebraica le prendessero col governo estremista di Israele.