Verso le elezioni comunali: il Consiglio comunale passerà da cinque a otto/nove formazioni. E in periferia scarseggiano i candidati
A Bellinzona la campagna elettorale più soporifera dell’ultimo ventennio è sinonimo di apparente stabilità e produrrà due cose: un’ulteriore frammentazione del Consiglio comunale col divorzio fra Mps e Verdi/Fa e con l’entrata di alcuni rappresentanti di ‘Avanti con Ticino&Lavoro e Più donne’, del redivivo Noce separatosi da Lega/Udc e forse di HelvEthica Ticino; e l’elezione di forze nuove a fronte di un ricambio importante avendo 13 uscenti su 60 rinunciato a ricandidarsi. Ci saranno otto o nove gruppi anziché gli odierni cinque, con ripercussioni anche sulla rappresentatività nelle commissioni. Se ‘più voci’ porteranno ‘arricchimento’ o ‘schizofrenia’ lo si vedrà presto. Ma se il confronto sarà fra consiglieri muti, di cui non si è mai sentito un solo intervento durante la legislatura che sta per terminare, stiamo freschi.
Su questo punto i gruppi devono fare autocritica e formazione, poiché spesso incapaci di motivare i neoeletti a difendere opinioni, interrogare su temi d’interesse pubblico, proporre soluzioni tramite mozioni. Volti inesperti che finiscono per caso in Cc dopo essere stati gettati, senza chance di riuscita, nella mischia dell’elezione per l’esecutivo con motivazioni di facciata stile ‘puntiamo sulle donne, sui giovani, sulle mamme, sui piccoli imprenditori’, quando in realtà i seggi sono assegnati già in partenza ai municipali uscenti, quasi sempre insuperabili ‘macchine da voto’. La capitale del Ticino viaggia dunque verso una stabilità degli equilibri in un contesto maggiormente frastagliato, all’interno del quale l’opposizione di sinistra e di destra ha sollevato interessanti questioni di principio, come la rappresentanza politica negli enti autonomi, raccogliendo qualcosa.
In tutto ciò, all’ombra dei merli vige un dinamismo a geometria variabile. Nelle due ultime legislature post-aggregazione la politica ha saputo focalizzare le priorità e agire con decisione su alcuni assi strategici come le scienze biomediche, il futuro Quartiere Officine, il nuovo ospedale alla Saleggina, la mobilità veicolare e dolce, il parco fluviale e la rivalorizzazione turistica della Fortezza che planerà prossimamente sul tavolo del legislativo. Opere onerose che faranno da volano per futuri sviluppi, ma soltanto grazie al partenariato finanziario di enti laterali, privati o superiori, con qualche eccezione come nell’acquisto e ristrutturazione in tempi record dell’ex sede Irb destinata ad accogliere altri laboratori e startup. Strategia dell’alleanza che ha prodotto risultati invidiati da altre regioni, ma poiché impostata nell’area centrale della città rischia di scontentare la parte di popolazione che a sette anni dall’avvento della nuova Bellinzona vede ancora lontano, o non lo vede del tutto, il più volte promesso ecocentro di quartiere, la nuova piazzetta, l’atteso parco giochi, il rinnovo della vecchia scuola, l’allacciamento alla fibra ottica. Strutture e servizi di prossimità importanti nelle aree discoste in un contesto di servizio pubblico che dev’essere diffuso, puntuale, di qualità e democratico perché uguale per tutti.
È proprio nei quartieri che la politica turrita il 14 aprile rischia di vedere indebolita la propria rappresentanza. Ossia dove un tempo la contesa era molto sentita, mentre oggi i candidati al Cc si contano sulle dita di una mano. Una rinuncia dannosa per l’identità locale. Il risultato dirà se le sezioni politiche hanno fatto bene i calcoli o se l’aggregazione ha disaggregato gli elettori periferici.