laR+ IL COMMENTO

La politica dell’ambiguità di Ignazio Cassis

Ai palestinesi Berna chiede di pazientare, mentre mantiene bloccate le sovvenzioni all’Unrwa. Nel frattempo la tragedia umanitaria a Gaza prosegue

In sintesi:
  • Una decisione definitiva sarà presa solo dopo discussione nelle due commissioni estere delle Camere
  • Cassis dovrebbe rispondere alla puntuale critica del professor Yves Sandoz
  • L’Unwra garantiva fino a qualche settimana fa un povero pasto al giorno a un milione di palestinesi
La Svizzera procede con comodo
(Keystone)
8 aprile 2024
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“La neutralità non è indifferenza”. Affermazione di Ignazio Cassis. Più che condivisibile. Ma poi, nei fatti, in che modo la Confederazione, e chi ne guida la diplomazia, la mette in pratica rispetto alla tragedia di Gaza? Con incoerenza, ambiguità, cinismo. Lo dicono i fatti. Che sono così riassumibili. Mentre al Palazzo di vetro la Svizzera, membro non permanente del Consiglio di sicurezza, vota la risoluzione (finora inapplicata) del cessate il fuoco, della liberazione di tutti gli ostaggi israeliani, e per l’immediato accesso alla Striscia degli aiuti umanitari, a Berna si suona un’altra musica, del tutto diversa: si prosegue infatti col blocco delle sovvenzioni svizzere all’Unwra, agenzia insostituibile e indispensabile per l’assistenza (alimentare, scolastica, abitativa) ai palestinesi. Motivo, la denuncia israeliana a dodici impiegati dell’organizzazione di aver partecipato con Hamas all’orribile massacro anti-ebraico del 7 ottobre (1’200 vittime, circa 300 prigionieri). Dodici collaboratori presunti colpevoli e comunque subito licenziati, su oltre diecimila impiegati. Notizia grave e preoccupante, che aveva indotto molte altre nazioni, insieme alla nostra, a bloccare i sussidi. A fronte del precipitare della disastrosa situazione umanitaria a Gaza (32mila morti in sei mesi – un terzo bambini –, innumerevoli feriti, famiglie spezzate, minori orfani, mancanza di medicinali, alimentazione ai limiti della sopravvivenza), diversi Paesi ci hanno ripensato (fra gli altri Canada, Gran Bretagna, Germania, Svezia, Giappone), ma non la Svizzera. La Svizzera procede con comodo. Una decisione definitiva sarà presa solo dopo discussione nelle due commissioni estere delle Camere, se andrà bene a fine mese, e dopo aver ottenuto maggiori informazioni (da chi è un mistero) su quanto accaduto. Insomma, ai palestinesi Berna chiede di pazientare. Perché all’Onu si assicura una cosa, ma a Berna no.

Ignazio Cassis dovrebbe spiegarcelo. E magari rispondere anche alla puntuale critica del professor Yves Sandoz, docente svizzero di diritto umanitario internazionale che, argomenti alla mano, rimprovera alla nostra politica estera (‘Le Temps’, 6 aprile) una posizione nettamente filo-israeliana. Del resto, fu lo stesso consigliere federale a sostenere anni fa che i campi profughi palestinesi e l’esistenza stessa dell’Unwra fossero ostacoli alla pace, meglio l’integrazione di milioni di palestinesi nei Paesi arabi che li ospitano. Cioè, in perfetta sintonia con le tesi dello Stato ebraico. Irritazione Onu. Inutili le successive riparatorie precisazioni.

L’Unwra (che non è Hamas, ma contro la quale Israele conduce da anni una campagna di delegittimazione) garantiva fino a qualche settimana fa un povero pasto al giorno a un milione di palestinesi; oggi un minore su tre nel nord della Striscia soffre di gravissima malnutrizione. Ora Netanyahu ha ceduto, almeno in parte, a Biden aprendo la sua frontiera settentrionale di Erez a scopi umanitari. Ma il cibo è sempre stato un mezzo di pressione nei confronti di Gaza. E a Ignazio Cassis, che trova i giornali noiosi e inutili, consigliamo quantomeno la lettura di uno studio pubblicato dalla rivista americana ‘The New Yorker’. Titolo: “La strada verso la carestia”. Segnala come già prima del 7 ottobre, detenendo anche il controllo delle importazioni alimentari, Israele potesse usare la fame come “arma di guerra”.

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