laR+ LA TRAVE NELL’OCCHIO

La grande paura

La politica come strumento di dialogo fra i popoli è diventata il suo contrario: strumento di odio, di prevaricazioni e di esclusione

In sintesi:
  • Il Covid ci ha sbattuto in faccia la nostra fragilità e ha esaltato sentimenti estremi
  • Fra i criptoputiniani e i criptotrumpiani spiccano anche i cosiddetti neneisti
  • Il problema vero è che la democrazia non ci è data dal padreterno una volta per tutte
Figuri con drammatiche malformazioni dell’ego
(Keystone)

La paura ha sempre accompagnato l’umanità e talvolta ha cambiato il corso degli eventi. Noi occidentali l’avevamo quasi dimenticata: via le guerre, via le carestie, via le epidemie dalle nostre contrade. Ma Umberto Eco già ci avvisava che al girare del terzo millennio il genere umano stava perdendo il senso della responsabilità, tanto da non avvertire i gravi pericoli da cui dipendono le sorti del pianeta. Aveva ragione. Oggi le certezze di un tempo sono scomparse e l’ottimismo di chi ci voleva convincere che gli esseri umani sono fatti per la gentilezza e la cooperazione è definitivamente dissolto. Nel 2017 lo storico Yuval Noah Harari scrisse con intima convinzione che da qualche decennio siamo riusciti a tener sotto controllo carestie, pestilenze e guerre: subito dopo i fatti lo smentirono e dovette ricredersi. A dire il vero, poneva problemi seri lo studioso: saremo in grado di proteggere il pianeta e l’umanità dagli eccessi dell’intelligenza artificiale e dagli algoritmi? La domanda resta di stringente attualità, ma ve n’è un’altra ancora più essenziale: saremo in grado di proteggere gli umani da sé stessi? Non mi pare che ci stiamo riuscendo. Il Covid ci ha sbattuto in faccia la nostra fragilità e ha esaltato sentimenti estremi, pochi generosi altruismi e tanti gretti egoismi. Non faremo più come prima – promettevano gli umani impauriti: infatti, stiamo facendo peggio e l’indifferenza è diventata il rifugio della cattiva coscienza.

Riemergono i fantasmi del passato

L’Ucraina martoriata, l’orrendo scempio del 7 ottobre e i massacri indiscriminati di civili palestinesi a Gaza fanno riemergere i fantasmi di un passato che si pensava definitivamente cancellato. Anche dalle nostre parti c’è l’esplosione di rigurgiti nazifascisti e le politiche dell’ignoranza e dell’odio prendono il sopravvento. A dominare la scena personaggi sconci, canaglie che guidano interi Paesi e il Mein Kampf indica loro la via: Hitler suggerisce di impedire gli “avvelenamenti del sangue” e la sostituzione etnica è da evitare perché, secondo il candidato alla presidenza a stelle e strisce, “i migranti non sono persone, sono animali”.

Se Putin anticipa al Financial Times l’imminente collasso delle nostre “corrotte e obsolete democrazie liberali”, c’è pure Trump a dargli conferma dall’Ohio, fra scroscianti applausi, con una singolare e innovativa versione del libero voto in democrazia: o votate me o “sarà un bagno di sangue”!

Gli insegnamenti di Aristotele

Osservazione a margine: Aristotele ci aveva insegnato che l’uomo è, per sua natura, un animale politico e sociale, e chi vive fuori dalla Polis o è una bestia o è un dio. Vista la lista assai folta dei delinquenti in circolazione nell’abituro della politica, propendo senza esitazione alcuna per la prima ipotesi.

A misurare lo sbandamento delle menti e l’obnubilamento delle coscienze stanno i consensi che questi figuri con drammatiche malformazioni dell’ego raccolgono da un pubblico non esiguo (a dimostrazione che l’ignoranza è una malattia assai contagiosa). La paura è al loro servizio e la usano con cinismo e brutalità i loro disegni di onnipotenza. Fra i criptoputiniani e i criptotrumpiani spiccano anche alcuni intellettuali, i cosiddetti neneisti (ossia: né qui né là) che in nome della complessità dei problemi rifiutano di schierarsi. Non ho molta stima per questa categoria che cerca attenuanti per chi fa a pezzi i diritti fondamentali e le costituzioni liberali con sommo disprezzo per la dignità delle persone. Come non ho particolare simpatia per coloro che applaudono speranzosi e all’esercizio posato della ragione preferiscono l’ipertrofia incontrollata delle emozioni.

Lo strumento di un nuovo disordine mondiale

Oggi – è un dato di fatto facilmente dimostrabile – siamo impegnati in un dialogo permanente con la paura: un inestricabile intreccio di aggressioni sull’uscio di casa nostra, di pandemie, di incombenti catastrofi ambientali condiziona l’inconscio collettivo. La paura si insinua nelle menti, imprigiona i nostri comportamenti, sgretola la fiducia, genera diffidenza, nutre la politica delle esclusioni e gli imprenditori della paura trovano terreno fertile. È diventata, la paura, lo strumento di un nuovo disordine mondiale dove a contare sono i sentimenti esasperati, le contrapposizioni violente, le aspirazioni egemoniche.

La politica come strumento di inclusione e di dialogo fra i popoli, come servizio alla comunità, è diventata il suo contrario: strumento di odio, di prevaricazioni e di esclusione. È questa l’espressione degenere della personalizzazione della politica che si pone al servizio di chi domina e comanda. La prima a soccombere – il processo è in atto per nostra ignavia e pavida indifferenza – è la democrazia liberale.

Gli acciacchi della liberaldemocrazia

I nostri predecessori di tanto tempo fa ci hanno lasciato scritto che noi umani viviamo “inter spem et metum”, tra speranza e paura. Infatti. La paura del presente, ce ne accorgiamo, ci induce a ripudiare il faticoso cammino della democrazia, accusata, nella sua forma attualmente dominante, di precluderci ogni speranza per un futuro migliore e di non produrre adeguate politiche pubbliche. Certo questa nostra liberaldemocrazia è piena di acciacchi e troppe volte l’interesse pubblico è sacrificato sull’altare di convenienze corporative più o meno palesi (gli studiosi hanno coniato il termine di postdemocrazia per mettere a fuoco la questione) ma mi guardo attorno e mi dico che gli altri sono peggio.

In un numero crescente di Paesi - e sapete quali - le famose tre P delle democrazie liberali (Press, Parliament, Party) stanno barcollando pericolosamente e in alcuni casi sono già cadute. E oggi meno del 10% della popolazione mondiale vive in una democrazia piena. Un numero crescente di regimi più o meno democratici sta imboccando pericolose derive. Liz Cheney, repubblicana di destra e trumpiana ravveduta, ammette che il “sonnambulismo” di cittadini e cittadine può portare negli Stati Uniti, come altrove, verso nuove forme di dittatura.

Il problema vero è che la democrazia non ci è data dal padreterno una volta per tutte, ma è una conquista provvisoria che ci è stata consegnata a caro prezzo. Non funziona se lasciata in balìa della sorte e non ci diamo da fare, noi tutti. Chiudo qui e il titolo del prossimo contributo, un po' enfatico ma adeguato, l’avrei già in punta di penna: Come nascono le dittature.