laR+ IL COMMENTO

Nomine giudiziarie tra auspici e silenzi

L'esito ieri in Gran Consiglio dell'elezione di magistrati conferma necessità e urgenza di un profondo cambiamento del sistema

In sintesi:
  • A nulla sono serviti e serviranno i correttivi finché il compito di designare le toghe sarà del parlamento e quindi dei partiti
  • E poi c'è il silenzio, imbarazzante, del potere giudiziario e dell'Ordine degli avvocati: tutti d'accordo con il manuale Cencelli?
  • Un silenzio che disorienta i cittadini 
Le attuali modalità di reclutamento ledono immagine e credibilità della magistratura
(Ti-Press)
12 marzo 2024
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L’ennesima dimostrazione della necessità e dell’urgenza di un ripensamento in Ticino delle modalità di reclutamento dei magistrati è proprio il risultato dell’elezione ieri in Gran Consiglio dei subentranti delle procuratrici dimissionarie Alfier e Pedretti e di una giudice supplente del Tribunale d’appello. Nonostante le recenti discussioni e polemiche, soprattutto su due dei tre candidati proposti al plenum per la nomina dalla commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’, alla prova dei fatti il voto (segreto) in aula ha confermato la spartizione partitica delle poltrone giudiziarie: un sistema opaco, che per finire privilegia trattative, amicizie e promesse anziché le competenze degli aspiranti magistrati. Per le forze politiche, per buona parte di esse, ciò che conta è occupare, anche a Palazzo di giustizia, posti. Che significano prestigio e potere. Ormai non vi è altra lettura possibile.

È un meccanismo malsano che lede immagine e credibilità della magistratura e che continuerà sino a quando il compito di eleggere le toghe sarà del Gran Consiglio e dunque dei partiti. La nomina parlamentare conferisce una forte legittimazione? Legittimazione e autorevolezza il magistrato se le guadagna con il lavoro quotidiano. Ai cittadini che si rivolgono alla Giustizia importa anzitutto che procuratori e giudici siano all’altezza del ruolo che ricoprono. E nemmeno i correttivi varati dal Gran Consiglio nel novembre del 2017, con l’adesione al rapporto di maggioranza della commissione speciale che aveva istituito quasi due anni e mezzo prima allo scopo di premiare le capacità di chi intende entrare in magistratura, hanno rimosso, mantenendo la nomina parlamentare, inciuci e mercato delle ‘cadreghe’.

“Come commissione – ha dichiarato venerdì alla ‘Regione’ la presidente della ‘Giustizia e diritti’, la socialista Daria Lepori – ribadiamo la volontà di tornare, in tempi brevi, a riflettere sul sistema di nomina dei magistrati”. Sarebbe preferibile in tempi brevissimi, anche per dar seguito all’auspicio espresso ancora ieri in Gran Consiglio da deputati di più partiti: l’attuale sistema di designazione delle toghe va cambiato e rapidamente. Alcune proposte volte a sottrarre le nomine al legislativo cantonale sono già tradotte in atti parlamentari, come quello depositato nel… 2021 dal Plr. L’Mps suggerisce il sorteggio dei candidati ritenuti idonei dalla Commissione di esperti. Ma allora di quest’ultima dovrebbero far parte anche professori di diritto di università d’oltre Gottardo. La Lega rilancia l’elezione popolare delle toghe. Una soluzione che accentuerebbe l’influenza dei partiti. E poi in campagna elettorale quali promesse potrà mai fare il candidato magistrato? Quella di applicare la legge? Sai che novità.

Certo che nel dibattito pubblico di questi giorni sul sistema di nomina spicca il silenzio – imbarazzante – del potere giudiziario. In questo caso il principio della separazione dei poteri non c’entra. Eppure non una conferenza stampa, non un comunicato. Dov’è il Consiglio della magistratura? Dove sono i vertici del Tribunale d’appello e della stessa Procura? Ma dov’è anche l’Ordine degli avvocati, principali interlocutori della magistratura. Tutti d’accordo con il manuale Cencelli? È un silenzio che disorienta l’opinione pubblica. Che disorienta quei cittadini, e sono tanti, che considerano il potere giudiziario l’ultimo baluardo a tutela della convivenza civile, minata anche dalle derive della politica quando antepone i propri interessi a quelli della collettività (per esempio avere magistrati eletti poiché competenti).