Lontani i tempi di Shimon Peres e Ytzaak Rabin, oggi nel governo Netanyahu trionfa il sovranismo millenarista
Habsora in ebraico significa Vangelo. Quello a cui si riferisce il sito di inchieste israeliano +972 (www.972mag.com) assume tuttavia contorni cupi; a parte il nome, non ha nessun legame con il Nuovo Testamento. Non richiama valori di pace e tolleranza, non promette armonia, caldeggia distruzione e morte. Riguarda il programma di intelligenza artificiale (IA) con il quale il governo di Benjamin Netanyahu ha perfezionato i bombardamenti a Gaza: il software “habsora” basato su una piattaforma di IA, garantisce l’identificazione quotidiana di un centinaio di obiettivi militari ma anche civili. “A mass assassination factory” denuncia il magazine investigativo.
La deriva è sotto gli occhi di tutti: ospedali, scuole, abitazioni presi di mira da incessanti bombardamenti. La risposta alle atrocità del 7 ottobre è ormai una guerra punitiva che colpisce soprattutto i civili. “Bestie umane” li aveva definiti il ministro della Difesa Gallant, che con tetra coerenza sta spostando senza sosta oltre un milione di civili come fossero bestiame, tra una zona e l’altra della Striscia, stretti tra il terrore e le montagne di macerie, erranti naufraghi di una carneficina che si consuma in presa diretta sotto i nostri occhi.
La dismisura delle forze in campo consegnerà a Israele una vittoria tattica, ma la sua sconfitta morale è segnata da tempo. Il governo di Tel Aviv, con le sue derive sovraniste cancella con un colpo di spugna la grande tradizione dell’umanesimo ebraico, quella storica, millenaria, linfa del pensiero filosofico occidentale e della morale universale, quella di un Emmanuel Lévinas o di un Martin Buber fautore di uno Stato binazionale e di un ebraismo del dialogo con “l’altro”. Sono ormai preistoria i tempi di Shimon Peres e Ytzaak Rabin. Oggi nel governo Netanyahu trionfa il sovranismo millenarista, che vorrebbe costruire il “terzo tempio” sulla Spianata delle Moschee, cacciare i palestinesi, annettere la Cisgiordania. “Mai visto tanti minorenni nei nostri ospedali, amputiamo bimbi di un anno, capita spesso che abbiano perso genitori e fratelli e che siano gli unici sopravvissuti”, testimonia in un’intervista del Corriere della Sera la coordinatrice di Médecins Sans Frontières. Dove è finita l’empatia per le vittime innocenti?
Difficile non pensare a un’equivalenza (im)morale tra il 7 ottobre e quanto succede oggi. Soggiogato da un vischioso rapporto di sudditanza, il presidente americano ha mancato l’ennesima occasione per dimostrare al mondo che i diritti umani non sono una prerogativa degli ucraini. Netanyahu trascina Joe Biden nello scantinato della credibilità. Con il suo veto alla risoluzione Onu per un cessate il fuoco immediato, Washington perde ulteriormente la faccia di fronte alla stragrande maggioranza dei membri Onu, consegnando su un piatto d’argento a un altro carnefice, Vladimir Putin, un’insperata vittoria politica.
Esce di riflesso indebolita la causa ucraina, sulla quale l’Occidente aveva già qualche difficoltà a fare sentire la propria voce. Trionfa “lo spietato disprezzo per le sofferenze civili” (Amnesty International). Quando la bilancia del dolore distingue tra ebrei e palestinesi, l’asimmetria dello strazio pone su un piano di pari indegnità gli assassini di Hamas e il governo israeliano. Il Vangelo di Netanyahu porta anche a questo.