Italiani e francesi hanno tanti problemi irrisolti in comune, in particolare il degrado esplosivo dei contorni metropolitani
Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron non si amano. Il presidente francese detestava, cordialmente tra l’altro, un altro premier italiano: Giuseppe Conte. Per non parlare di Nicolas Sarkozy, che nel 2011 contribuì ad allontanare Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi, sfottendolo a un vertice del G20. Insomma, vien da dire che più che ‘cugini’ italiani e francesi siano ‘fratelli coltelli’. Eppure hanno tanti problemi irrisolti in comune, in particolare il degrado esplosivo delle loro periferie. Che costituiscono terreno fertile per una criminalità violenta e praticamente incontrollabile, composta da giovanissimi i quali, sovente, si macchiano di reati gravissimi.
In Italia, durante l’estate, hanno tenuto banco due tristi storie di stupri di gruppo: a Palermo dov’è stata violentata una 19enne e a Caivano, nella periferia di Napoli, dove le vittime erano due ragazze 13enni. Per capire il contesto vale la pena citare quanto ha scritto ‘la Repubblica’ con riferimento al luogo dov’è stata violentata la 19enne. Un quartiere in cui “troviamo cemento, catapecchie, case occupate e la mafia invisibile”. Ma lo Stato, o meglio i governi, da tempo immemorabile latitano. Anche se la premier Giorgia Meloni si è presentata di recente a Caivano, una delle più gigantesche zone di spaccio d’Europa, suscitando consensi ma pure critiche. Una visita a beneficio delle telecamere e rispettivi blitz della polizia che non risolvono i problemi sedimentati negli anni. Come in altre località del Mezzogiorno d’Italia, in molte zone di Napoli e Palermo la società si è letteralmente polverizzata, ciò che porta tanti ragazzini non scolarizzati, provenienti da famiglie sfasciate e prive di mezzi di sostentamento, a delinquere. Parliamo non solo di reati sessuali, ma di spaccio di droga al soldo della criminalità organizzata, di furti, rapine e intimidazioni ai danni dei più deboli. Un’immensa Gomorra che ricopre intere regioni.
Le stesse dinamiche le ritroviamo nelle periferie francesi dove, però, l’operato delle gang composte in prevalenza da giovani figli o nipoti di immigrati nordafricani, si ammanta dello spirito di rivalsa nei confronti di uno Stato da cui si sentono respinti. Pensiamo alla rivolta scoppiata a fine giugno dopo l’uccisione da parte di un poliziotto, a Nanterre (alle porte di Parigi), di un 17enne franco-algerino. O al record di morti ammazzati, ben 39 nel 2021 e 37 nel 2022, per il controllo dello spaccio di droga a Marsiglia. E pensiamo che buona parte di questi morti erano giovanissimi, spesso adolescenti. Per tentare di riprendere il controllo delle banlieues il ministro dell’interno, Gérald Darmanin, ritiene che ci vogliano le maniere forti. Quindi sempre più poliziotti, armati fino ai denti. Non è, tuttavia, militarizzando le periferie che si risolve il disagio di cui soffrono. Una trentina di rappresentanti politici locali hanno denunciato su ‘Le Monde’ situazioni di estrema povertà, con famiglie costrette a saltare il pasto e in cronico ritardo con il pagamento dell’affitto.
Sia in Francia che in Italia, tanto Macron quanto Meloni potrebbero, infatti, convertire la celebre affermazione ‘L’État c’est moi’ di Luigi XIV in un più realistico ‘Il n’y a pas d’État’. Almeno per gli abitanti delle grandi periferie metropolitane.