Riformare il sistema perequativo ticinese? Non a scapito di realtà locali che usano i fondi ricevuti per reinventarsi e riequilibrare Sopra e Sottoceneri
Sicché la politica luganese e il sindaco sollecitano una revisione del principio perequativo cantonale. “Accorgimenti”, dice Michele Foletti qui intervistato il 31 agosto, affinché possa tenere per sé parte degli oltre cento milioni versati annualmente al Cantone. A suo dire i Comuni riceventi non sarebbero sufficientemente virtuosi nel gestire le risorse ed efficienti nella spesa. Perciò si doti il Cantone di strumenti più moderni volti a stimolare le realtà che non fanno abbastanza. Ma quanto è abbastanza? Fare tanto e ottenere poco o non subito è una colpa? Va punito chi impiega anni, decenni per implementare nuove occasioni su un territorio geograficamente sfavorito perché lontano dal frontalierato di massa e dalla piazza finanziaria?
Un breve viaggio nel Bellinzonese e Alto Ticino fornisce qualche risposta. Airolo: il Comune propone e ottiene da Cantone e Confederazione la copertura del fondovalle autostradale per valorizzare il paesaggio alpino e accogliere strutture turistiche e sportive. Airolo e Quinto: beneficiando (va ricordato) anche del contributo iniziale di Lugano, i due Comuni creano la Valbianca Sa per gestire la stazione invernale di Pesciüm. Quinto: il Comune compra sulla piana di Ambrì l’ex aeroporto militare e istituisce il Parco multifunzionale per attirare nuove iniziative imprenditoriali. Faido pioniere in ambito energetico (teleriscaldamento) e aggregativo con l’unione dell’intera media Leventina. Bassa Leventina: i Comuni insieme a Biasca finanziano uno studio per ottenere la nuova officina di manutenzione Ffs che andrà invece a Castione e ricevono un Polo di sviluppo economico. Biasca crea la Zona industriale d’interesse cantonale che fatica a reggere la concorrenza. La Val di Blenio si aggrega riducendo a tre i Comuni: partono diversi progetti per incrementare l’offerta turistica. Riviera: il Comune aggregatosi nel 2017 entra in possesso dell’ex aerodromo militare trasformandolo in Polo aviatorio con Centro di competenza per i droni.
Infine Bellinzona, dove nell’agosto 2010 il nostro giornale riporta una dichiarazione destinata a lasciare il segno: «Se la città perde questo progetto, mi chiedo cosa potrà offrire in futuro per crescere». Il progetto era la prevista nuova sede Irb, ostaggio di un’indecisione politica generale e dei referendisti. La sede poi si farà e diventerà uno dei pilastri del grande asse strategico chiamato scienze della vita, anche qui con tanto di Centro di competenza oggi in fase di sviluppo e affamato di massicci investimenti pubblici e privati. Asse sul quale la capitale ticinese sin dal 2000 investe decine di milioni. Lo fa per sfilarsi di dosso il pigiama di borgo sonnolente ancorato al funzionariato e alla storica Officina senza futuro. La strada oggi è ancora lunga. Si pianificano il nuovo Quartiere Officine sede di scienza, formazione e tecnologia di altissimo livello; il nuovo Ospedale regionale, il rilancio della Fortezza. La dichiarazione del 2010 fu uno sprone incredibile che finì per coalizzare i principali partiti in un comitato antireferendario che nel 2011 vinse col 90% e di cui si percepisce tutt’oggi l’onda lunga nelle istituzioni cittadine. A pronunciarla fu l’allora sindaco di Lugano Giorgio Giudici, pronto ad assorbire anche l’Irb dopo aver ottenuto i campus Usi e Supsi pagati dal Cantone e il Centro di calcolo finanziato dalla Confederazione. Strutture d’eccellenza pagate da tutti i ticinesi – anche da quelli riceventi i contributi perequativi – ma che generano ricadute soprattutto a Lugano. Doveroso riformare lo Stato, ma non a scapito di innovazioni virtuose che non nascono dall’oggi al domani.