L’ex premier italiano Giuliano Amato rilancia la tesi del missile francese che voleva colpire Gheddafi in volo, Parigi nicchia. E la verità resta sepolta
Cosa sappiamo veramente della strage di Ustica? Il quotidiano ‘la Repubblica’ rilancia, con un’intervista a Giuliano Amato, l’ipotesi (che nei toni adottati dal giornale assume i contorni di una tesi) della responsabilità di Parigi nella sciagura che costò la vita, nel giugno del 1980, ai 77 passeggeri e ai quattro membri dell’equipaggio del Dc9 di Itavia in volo da Bologna a Palermo.
L’ex premier italiano sostiene che l’aereo fu distrutto per sbaglio da un missile francese destinato in realtà a colpire un Mig libico sul quale avrebbe dovuto viaggiare il dittatore Muammar Gheddafi che tuttavia, avvertito da Bettino Craxi, non salì su quel velivolo. Affermazioni che riprendono in realtà quanto già affermato nel 2007 dall’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che al momento della sciagura ricopriva la carica di presidente del Consiglio. Nulla di veramente nuovo dunque, ma quanto basta per rilanciare con titoli a tutta pagina le presunte rivelazioni su uno dei maggiori misteri dell’Italia del dopoguerra. E che purtroppo non sembrano in grado di aiutarci ad avvicinarci a quella verità che un intero Paese attende da ormai 43 anni.
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Muammar Gheddafi, il vero bersaglio
Lo stesso Giuliano Amato, in una precisazione giornalisticamente rilevante, sebbene un po’ occultata nelle pagine del quotidiano, sostiene di non avere prove a sostegno delle sue dichiarazioni “frutto di personali deduzioni”. Lo scenario di un combattimento aereo con coinvolti aerei libici, francesi e americani è certamente credibile ed è alla base di una sentenza di carattere civile che aveva condannato i ministeri dei Trasporti e della Difesa a risarcire le famiglie delle vittime. Ma decenni di inchiesta non sono riusciti a far luce in modo definitivo su quanto veramente accaduto.
Leonardo Tricarico, generale, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, consigliere militare dello stesso Amato ed esponente dell’Associazione per la verità su Ustica, spazza via con un perentorio “fandonia” la tesi del missile francese o Nato sparato durante una battaglia aerea nei cieli italiani.
Stefania Craxi, figlia di Bettino e attuale presidente della Commissione esteri e difesa del Senato, taccia di falso storico quanto affermato da Giuliano Amato: “Mio padre avvisò Gheddafi, vero, ma per l’attacco Usa del 1986”. Come lei, pure la premier Giorgia Meloni chiede elementi aggiuntivi che possano consentire al governo di muovere passi istituzionali verso Parigi. La Francia fa spallucce, si limita a un laconico atto di disponibilità a fornire tutti gli elementi che le saranno chiesti.
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Patata bollente per Macron
Durante le diverse fasi processuali sfociate nel nulla o quasi, incongruenze, smentite e ripensamenti hanno fatto a più riprese calare il sospetto di depistaggi. Il passato rimane opaco, eppure di questa tragedia nessun atto in Italia è coperto dal segreto di Stato. Rimane il contesto di un’epoca in cui il leader libico era particolarmente inviso alle potenze occidentali, dagli Stati Uniti (a cui aveva fatto incendiare l’ambasciata a Tripoli) alla Francia (a cui contendeva il controllo del Ciad).
L’Italia di Cossiga era atlantista, ma potrebbe non essere inutile ricordare la partecipazione del colonnello libico al capitale Fiat (13%). Tanti gli interessi in gioco. Come dire che in questa tragica spy story siamo ancora fermi alla prosa della Guerra fredda: quella che non contempla quasi mai la verità.