laR+ IL COMMENTO

La Cina in affanno, tutti gli altri col fiato sospeso

Traballa la seconda economia al mondo e svanisce l’illusione di una crescita infinita, mentre la bolla immobiliare sta per scoppiare

In sintesi:
  • Evergrande, Country Garden, Zhongrong: i segnali di crisi sono inequivocabili
  • Inquieta l’effetto domino, in particolare sulla finanza
  • L’euforico trentennio, alimentato dalla montagna di debiti, è giunto al capolinea
Un gigante che traballa
(Keystone)
21 agosto 2023
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Secondo la teoria del padre dell’economia classica, sarebbe stata in grado di conciliare interesse privato e collettivo in un ideale equilibrio tra società, banche e industria. Invece la celeberrima mano invisibile del mercato ipotizzata da Adam Smith dopo aver messo in ginocchio il capitalismo di stampo liberista nel 2008, ora fa vacillare il suo alter ego dirigista, quello cinese.

A 15 anni dal crollo della Lehman Brothers con il suo micidiale effetto domino sui mercati mondiali, i timori oggi provengono tutti dal gigante asiatico. I segnali di crisi sono inequivocabili: il colosso immobiliare Evergrande che chiede tempo, invoca il chapter 15 negli Stati Uniti perché non riesce a ripagare 32 miliardi di debito (su un totale di 340, il 2% del Pil cinese) contratti sul territorio americano, Country Garden (primo promotore del Paese) e la finanziaria Zhongrong non più in grado di ripagare le obbligazioni ai creditori. Notizie allarmanti in un contesto che vede un forte calo delle esportazioni (-14,5% in luglio) e una sensibile crescita della disoccupazione giovanile; dopo che ha superato il 21% in giugno, l’Ufficio nazionale della statistica ha semplicemente vietato di pubblicare nuovi dati: per negare la febbre, si nasconde il termometro. Il calo della domanda interna è sfociata in una diminuzione dei prezzi preannunciando una spirale deflazionistica. Traballa la seconda economia al mondo e svanisce l’illusione di un crescita infinita promossa dal regime mentre la bolla immobiliare sta ormai per scoppiare.

Di fatto buona parte della crescita economica di quest’ultimo trentennio ha fatto leva sul progressivo indebitamento privato e pubblico: quello delle amministrazioni locali supera i 9mila miliardi di dollari, la metà del Pil cinese (oltre 10 volte quello della Svizzera). Stra-indebitati i comuni e le province, stra-indebitati i cittadini. Che hanno semplicemente smesso di acquistare case. Ecco allora che il sistema si è inceppato, molti cantieri si sono fermati, le amministrazioni pubbliche che pensavano in un’infinita rincorsa di poter rimborsare i debiti con gli introiti della vendita di nuovi terreni edificabili, si sono trovate nell’impasse. Il dragone si morde la coda… Considerando che il settore immobiliare costituisce quasi un terzo dell’intera attività economica, a inquietare è l’effetto domino in particolare sulla finanza. Una parte cospicua del debito dei promotori immobiliari è in mano a fondi di investimento e la crisi rischia di travolgere il settore finanziario.

L’economia cinese è una bomba a orologeria, ammonisce con malcelata ‘Schadenfreude’ il presidente Biden. La crisi potrebbe avere effetti devastanti anche sul piano internazionale? Su di noi? Interrogativo onnipresente nelle prese di posizione degli esperti. Che rimangono cauti e – salvo immancabili eccezioni – evitano eccessivi allarmismi: l’ombra della Lehman Brothers non deve infatti farci dimenticare che in realtà vi è scarsa esposizione delle banche occidentali nel settore immobiliare cinese e che l’80% del debito pubblico è in mano a istituzioni domestiche. Il governo di Pechino da tempo promette di spostare progressivamente la crescita dagli investimenti ed esportazioni ai consumi e all’alta tecnologia. Facendo compiere all’economia un salto di qualità. Vedremo, ma oggi appare abbastanza chiaro quanto l’euforico trentennio alimentato dalla montagna di debiti sia giunto al capolinea.