La tv di Rupert Murdoch ha patteggiato un risarcimento di 787 milioni di dollari all'azienda ingiustamente accusata di frodi nei conteggi elettorali
Tra le tante forme, più o meno evolute, in cui la biodiversità umana si è manifestata alle osservazioni e alle analisi – e forse anche al disgusto – degli scienziati, una delle più curiose e recenti è rappresentata da quella masnada di tangheri che, contro ogni evidenza, si ostina a ritenere fraudolente e truccate le ultime elezioni presidenziali americane, vinte dal democratico Joe Biden sul capo di Stato uscente Donald Trump.
Rivendicazione che ha appena perso il suo più influente megafono, il canale televisivo Fox News, scopertamente orientato all’estrema destra: Rupert Murdoch, proprietario dell’emittente, ha patteggiato un risarcimento di 787 milioni di dollari alla Dominion Voting Systems, l’azienda di software responsabile dei conteggi elettorali, falsamente accusata dai conduttori della rete di averli alterati.
Rupert Murdoch (Keystone)
L’accordo ha evitato in extremis la celebrazione di un processo che avrebbe visto crollare la credibilità di Fox News davanti all’intero pianeta. Si è infatti accertato che nelle chat private i giornalisti si dichiaravano convinti di avallare tesi assurde e ironizzavano pesantemente sulle pretese di Trump e dei suoi chiassosi e ruspanti sostenitori, salvo poi, armatisi di sesquipedali facce di bronzo, sostenerle davanti alle telecamere in un coro di vibrante protesta. Si sarebbero giustificati, gli illustri colleghi, con il timore che, se un rigurgito di dignità li avesse indotti a non mentire ai telespettatori, questi si sarebbero riversati su canali concorrenti, ancora più complottisti e reazionari.
Il patteggiamento risparmierà ai conduttori di Fox News imbarazzanti testimonianze in aula e ancora più imbarazzanti scuse al pubblico, e forse eviterà la fuga degli inserzionisti pubblicitari. Uno scampato pericolo che soddisfa il network, pronto a sconfessare la Big Lie, la Grande Bugia delle elezioni rubate promossa da Trump: “Ci auguriamo che questa soluzione amichevole, che evita un processo divisivo, aiuti il Paese ad andare avanti, mettendosi alle spalle queste questioni”.
Resta il fatto che chi vuol credere al furto elettorale, similmente ai tifosi di calcio per i quali uno scudetto è truccato quando lo vincono gli altri, derubricherà questa vicenda come l’ennesima mossa di non meglio identificati Poteri Occulti in marcia verso il dominio di un mondo, in cui la televisione è ancora il mezzo principale per l’acquisizione di informazioni: attendibili o no, poco importa, purché convincano e “funzionino”, risparmiando la fatica di pensare, e dunque risultino incontestabilmente vere a dispetto della verità.
Donald Trump (Keystone)
Chi ha qualche anno sul groppone ricorderà una memorabile partecipazione di Massimo Troisi a un varietà di Renzo Arbore (“Indietro tutta” su Rai2). Proposto in un quiz come personaggio misterioso di cui indovinare il nome, l’attore napoletano si ritrovò in crisi di identità perché la risposta corretta, accertata dal notaio, era Rossano Brazzi: non poteva trattarsi di un errore, dato che la televisione non sbaglia mai e tutto ciò che afferma è incontestabile. Era il 1988. Ma già tredici anni prima Enzo Jannacci aveva capito tutto: “La televisiun la g’ha na forsa de leun, la televisiun la g’ha paura de nisun, la televisiun la t’endormenta cume un cuiun”.