Condannato a 25 anni di carcere l’oppositore di Putin. Anche lui, come Navalny, paga il coraggio dei suoi pensieri
Il 17 aprile il Tribunale metropolitano di Mosca ha condannato a 25 anni di reclusione il russo Vladimir Vladimirovič Kara-Murza, per reati contro l’ordine pubblico e la personalità dello Stato. La condanna ha chiara matrice politica e supera per pesantezza ogni precedente. Kara-Murza non viene dal nulla: la sua famiglia è da generazioni nelle liste nere degli oppositori al Cremlino. In epoca staliniana, suo nonno Aleksej Sergeevič, storico e giornalista, venne arrestato, escluso dal Partito comunista e condannato per propaganda antisovietica. Suo padre, Vladimir Alekseevič, giornalista e oppositore al regime di Putin, nel 2008 compariva insieme a suo figlio tra i fondatori del movimento sorto intorno al campione di scacchi Garri Kasparov, per promuovere elezioni libere in Russia.
Vladimir Vladimirovič Kara-Murza – detto “il giovane” per distinguerlo dal padre, omonimo – nasce nel 1981 e cresce nella prima, caotica Russia postsovietica. Studia storia a Cambridge. Svolge attività giornalistica per il Washington Post e il Wall Street Journal, ma anche per la radio russa Eco di Mosca – a lungo l’unica rete dai toni critici tollerata dal Cremlino, oggi anch’essa costretta al silenzio. Dal 2004 Kara-Murza dirige la sede di Washington della rete televisiva russa RTVi. Ne viene allontanato nel 2012 per le sue posizioni politiche.
Aleksej Navalny (Keystone)
Ci si può chiedere perché un giovane giornalista di non larghissima popolarità cominci a dare così fastidio al Cremlino. Kara-Murza sa muoversi in Occidente e la sua voce è apprezzata dalle istituzioni. In Russia, la sua figura cresce nel cono d’ombra di un altro, più celebre oppositore, Boris Nemcov. È con lui che Kara-Murza va negli Usa per sostenere una legge che sanziona alcuni funzionari di Mosca, dopo la morte in carcere dell’avvocato Sergej Magnitskij, che aveva scoperto un giro di malaffare ai danni di un imprenditore statunitense in Russia. Nemcov viene ucciso a pochi passi dal Cremlino nel 2015; lo stesso anno Kara-Murza subisce un primo tentativo di avvelenamento. Pur più defilato, sa toccare i nervi scoperti del sistema.
Se si possono distinguere delle correnti, nel sempre più stretto rivolo dell’attivismo russo che tenta di contrastare il regime di Putin, Kara-Murza va collocato tra gli oppositori meno noti al grande pubblico, più cogitanti, presenti con il loro lavoro intellettuale, piuttosto che con un attivismo iper-mediatico alla Navalny (oggi costretto al silenzio da una condanna al carcere duro). Kara-Murza e Navalny sono però uniti da un infausto elemento biografico e da un ammirevole coraggio: entrambi hanno subìto e scampato reiterati, falliti avvelenamenti, dai quali si sono ripresi dopo lunghe cure; ambedue hanno scelto di ritornare in Russia per proseguire la loro battaglia civile, pur consapevoli che rientrare avrebbe significato finire in tribunale e in carcere.
Kara-Murza aveva già espresso il suo dissenso all’annessione della Crimea, nel 2014. Ha levato la sua voce anche contro la ripresa delle ostilità in Ucraina il 24 febbraio 2022: non è un caso che sia stato arrestato appena due mesi dopo. Il suo processo è durato un anno esatto. Dopo aver silenziato in carcere Aleksej Navalny, con la condanna di Vladimir Kara-Murza il Cremlino mette ora a tacere un’altra voce, forse l’ultima all’interno della Russia, che poteva coagulare intorno a sé qualche opposizione a Putin e al putinismo.