laR+ IL COMMENTO

Il banchiere fritto e le criptobricolle

L’arresto di Sam Bankman-Fried fa riflettere su un mondo il cui potenziale tecnologico è oscurato da personaggi poco raccomandabili

In sintesi:
  • Evitiamo la pregiudiziale paura del nuovo, d'accordo
  • Però bisognerà pur dire che attorno a bitcoin e simili girano certi Dulcamara che scansati, pure qui da noi
(Keystone)
15 dicembre 2022
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"Sam il Banchiere Fritto fu arrestato dalla polizia delle Bahamas in una tiepida serata di metà dicembre". Sembra l’incipit di un hardboiled scritto da Snoopy, quando si siede sul tetto della sua cuccia e inizia a battere sulla macchina per scrivere. Invece è successo sul serio l’altra sera proprio a Sam Bankman-Fried, fondatore e capo della piattaforma di scambio di criptovalute Ftx, che con la sua bancarotta ha bruciato qualcosa come 8 miliardi di dollari. Ora Bankman – di cui Fortune si chiedeva quest’estate se sarebbe divenuto "il nuovo Warren Buffett" – rischia l’estradizione negli Usa e una condanna pluridecennale per truffa e riciclaggio. Caveat potente da un settore che tra fallimenti, frodi informatiche e collasso delle quotazioni sta vivendo il suo "momento Lehman Brothers".

Significa che il sistema di transazioni decentralizzato alla base delle cripto – la blockchain – è da buttare, che nulla di buono può venire dalle tecnologie utilizzate per costruire il futuro degli scambi, finanziari e non solo? Piano col misoneismo, anche i primi aeroplani precipitavano al suolo molto più spesso di quanto non capiti oggi, e nuove soluzioni per la registrazione di contratti e cessioni potrebbero nascondere un enorme potenziale.

Una cosa, però, appare evidente: occorre distinguere le vere innovazioni dalla compagnia di giro d’imbonitori in felpa e infradito, Tewanna Ray e Dulcamara assortiti che vi ronzano attorno, e che per ora paiono aver monopolizzato attenzioni e risorse. Quelli che con la promessa di un rendimento clamoroso – giocando a chiamare valuta un investimento ad alto rischio – incamerano i risparmi della gente dabbene e li investono in avventure da banchieri del Far West, talora provando a scappare con la cassa quando l’ennesimo schema di Ponzi fa il botto.

Per il settore occorrerebbero nuove regole, benché qualche furbetto sostenga che in realtà Ftx fosse ultraregolata, tacendo il fatto che lo stesso Bankman-Fried ha definito quelle licenze "stronzate", specchietti per le allodole per "provare a presentarci per come volevamo apparire". Il problema è che difficilmente le attuali criptosocietà, data la loro situazione in termini di bilanci e gestione, riuscirebbero a sopravvivere a tali regole. E non si capisce poi – lo notava sul ‘New York Times’ Paul Krugman – a cosa ci servirebbe un servizio che a quel punto sarebbe una copia-carbone dell’attuale sistema finanziario.

Siccome però le americanate arrivano sempre in provincia con l’ultimo treno – quando altrove certi Wunderkinder rischiano già di finire dentro – in Ticino si è appena iniziato a intonare il peana alle criptobricolle: il futuro sono i bitcoin, si sente ripetere un po’ a pappagallo. Al Municipio di Lugano è perfino venuto l’ùzzolo di ‘gemellarsi’ con El Salvador, uno degli Stati più violenti al mondo, che proprio coi bitcoin ha prosciugato un mare di fondi pubblici (ottimo brand positioning, come direbbero alla Valcolla School of Business). Sul Ceresio s’escogitano pirotecniche baracconate alle quali, pur con le dovute eccezioni, s’aggirano guru più o meno esaltati modello "move fast and break things", che basta vederli per metter mano alla valeriana. Cercano di piazzare la loro chincaglieria straparlando di libertà, fraternità, uguaglianza, ma anche di come salveranno più o meno tutto, dall’ambiente al laido destino di noialtri scettici ("Udite, udite, o rustici"). Speriamo che il futuro rechi qualcosa in più di simili fritture.