Sia a destra che a sinistra, tutti invocano l’inflazionato ceto medio quale potenziale beneficiario di qualsiasi proposta. Ma chi è davvero il ceto medio?
C’è una presunzione di fondo un po’ naïf da parte del governo, per quanto concerne il Preventivo 2023: l’anno prossimo, di riffa o di raffa, in un disavanzo massimo di 80 milioni di franchi ci si può stare. Sembra quasi una sorta di proprietà commutativa applicata alla gestione delle finanze pubbliche: probabilmente i 137 milioni della Banca nazionale non arriveranno, è vero. D’altronde lo sanno perfino i sassi che quando nei preventivi del Dfe c’è scritto -80, nella peggiore delle ipotesi vuol dire pareggio. Ergo: togli la Bns, metti i milioni di ricavi non considerati per via della rivalutazione del gettito fiscale che arriva sempre a posteriori, più qualche altro piccolo scostamento favorevole, e ora della fine ti ritrovi col solito ritornello: le cose vanno meglio del previsto, ma a regnare è l’incertezza. Ha quindi ragione Maurizio Agustoni, capogruppo del Centro/Ppd, quando dice che nel messaggio governativo ci sono "alcune voci poco convincenti, altre inverosimili". E anche se nel complesso "non condividiamo come ci si è arrivati, il totale a -80 milioni è ragionevole".
In parlamento però non tutti vantano la lucidità di un Agustoni, anzi. A cominciare dal capogruppo leghista, fondatore e disertore del sindacato farlocco TiSin, candidato al Consiglio di Stato alle prossime elezioni di aprile nonché figlio di cotanto padre, Boris Bignasca. B.B. si è detto "soddisfatto" non tanto per i contenuti del Preventivo ’23 quanto per "il cambiamento di rotta che si prospetta". Ovvero: freno alla spesa pubblica e nuovi sgravi fiscali. Forse Bignasca da piccolo non guardava i Simpson, o forse semplicemente si è perso la puntata in cui Homer capisce che certe cose sarebbe meglio sì pensarle, ma non dirle ad alta voce. Fatto sta che lì stiamo andando: prima o poi Michele Guerra o qualcun altro della Lega ritirerà fuori la ricetta magica delle "mille piccole forbicine" che permetterebbero al Cantone di risparmiare i milioni che oggi pare manchino all’appello. Vedremo.
Nel frattempo è sempre la Lega, insieme a Centro, Plr e Udc, che farà passare come una lettera alla posta l’iniziativa per la deduzione dalle imposte di 1’200 franchi per i premi di cassa malati per ogni figlio a carico. Disattendendo in questo modo il monito del direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta, il quale proprio lunedì aveva chiesto alla politica "uno sforzo trasversale, non solo rispetto alle misure per il riequilibrio, ma anche per la valutazione di temi dell’agenda politica che possano generare nuove spese o minori ricavi". È la campagna elettorale, stupido!, potrebbero rispondere all’unisono – parafrasando Bill Clinton – i partiti borghesi al ministro delle Finanze liberale-radicale.
A questo punto tutto vale pur di accaparrare voti: ciò succede sia a destra che a sinistra. Tutti invocano, come no, l’inflazionato ceto medio quale potenziale beneficiario di qualsiasi proposta, idea, progetto, decisione, valutazione o quel che sia. Domanda inevitabile: ma chi è davvero il ceto medio? Colui che guadagna 6’000 franchi al mese e paga l’affitto, oppure l’imprenditore/proprietario immobiliare con un imponibile nel quale si fatica a contare la quantità di zeri? Se almeno su questo i partiti si mettessero d’accordo, sarebbe poi più facile per i cittadini capirci qualcosa.