Una Svizzera priva di carattere viene umiliata (6-1) ed eliminata agli ottavi di finale dal Portogallo
Purtroppo il Portogallo non è la Serbia: dispone di una difesa molto meglio organizzata e, soprattutto, non ha quel potere di attivare Xhaka e Shaqiri di cui abbondano invece i serbi. Del resto, anche i tori nell’arena reagiscono solo davanti a certi colori. E così, per l’ennesima volta, ci ritroviamo a piangere su un ottavo di finale giocato malissimo e che susciterà rimpianti per i decenni a venire, ancor più di quanto avvenuto per le ormai numerose precedenti eliminazioni. Come in un film già visto, è parso che la Svizzera sia giunta al gran ballo senza più energia, come se tutta la benzina fosse stata consumata nell’ultima gara del girone, come capita di solito alle squadrette il cui obiettivo è superare il primo turno, e non fa niente se poi, stremate, vengono spazzate via in souplesse al primo scontro diretto. Dalle squadre vere – quelle cioè che da anni si qualificano regolarmente alle fasi finali – però ci si aspetterebbe ben altro. Ergo, siamo ancora una squadretta, e a suffragare questa triste sentenza c’è la teoria di errori che hanno favorito il primo dei gol lusitani, segnato fra l’altro da Gonçalo Ramos, cioè il ventunenne preferito a sua maestà Cristiano Ronaldo nell’11 schierato dal selezionatore portoghese Fernando Santos. E clamoroso è stato pure il concorso di colpa che ha consentito al bisnonno di Pepe di svettare indisturbato fra cinque laide statuine rossocrociate per siglare la seconda rete. Per tacere degli altri quattro schiaffoni, subiti peraltro quando eravamo già irrimediabilmente groggy.
Sufficiente è stata l’indisponibilità di un solo giocatore per indurre Murat Yakin a stravolgere l’assetto tattico e a schierare una difesa a tre del tutto inedita, se si eccettua un’amichevole (persa) contro il Ghana. Del resto, le convocazioni le ha fatte lui, e nessuno lo ha costretto a lasciare a casa i pochi terzini di cui disponiamo.
Il rimpianto è ancor maggiore se pensiamo che dal tardo pomeriggio sapevamo che, in caso di qualificazione, ai quarti di finale avremmo incontrato il Marocco, compagine a detta di tutti alla nostra portata. Per i nostri ragazzi sarà un ulteriore stimolo a far bene, dicevano molti prima dell’inizio della sfida ai lusitani. Il sospetto è che, in realtà, la prospettiva di incontrare gli abbordabili nordafricani più che stuzzicare i rossocrociati li abbia invece caricati di un’ulteriore pressione, e che nel momento della verità Schär e compagni si siano ritrovati vittime del classico ‘braccino’ e di quella paura che ti induce a correre verso la più vicina toilette.
Qualcuno dirà che il Portogallo è molto più forte di noi, basta vedere i nomi delle squadre in cui militano i suoi giocatori – United, Psg, Porto, Milan, B. Dortmund e City – e confrontarli con le povere maglie vestite dagli elvetici, cioè Yb, Lugano, Augsburg, Torino, Bologna e Basilea. Balle, è la risposta: i marocchini giustizieri della Spagna mica giocano tutti nel Real Madrid. Il nostro limite, come sempre, risiede nel carattere. O meglio, nella sua cronica mancanza.
Avessimo avuto la metà della ‘garra’ e del coraggio mostrati dai magrebini, saremmo qui a scrivere una storia assai diversa. L’unica consolazione è che, a differenza di quanto avvenne per i precedenti fallimenti, i tifosi rossocrociati sugli spalti – che hanno sacrificato soldi e tempo per i deludenti rossocrociati – non erano poi troppo numerosi.