La strategia del fu Ppd è stata quella di affidarsi a persone di esperienza capaci di raccogliere schede tra le varie anime del partito: scelta opportuna
La difficoltà che avrà il Centro nell’affrontare la sua prima campagna elettorale con nome e simbolo nuovi sarà, sulla carta, compensata da una lista per il Consiglio di Stato che convince per nomi e impostazione. La scelta di affiancare all’uscente Raffaele De Rosa quattro nomi noti, esperti nei settori di competenza e con un bacino di voti personali importante è – sulla carta, ripetiamo – una scelta opportuna. È una lista che guarda a tutte le anime del fu Ppd, nel tentativo di abbracciare e raccogliere in termini di schede l’elettorato più cattolico, quello della destra economica, quello più equidistante e quello dell’ala sociale.
Un altro segnale positivo è quello di aver candidato tre deputati che a livello di Gran Consiglio hanno dimostrato sia di avere capacità di mediazione, sia di sapere quanto e come bilanciare le giuste dosi di strategia politica. Maurizio Agustoni negli anni ha fatto vedere, soprattutto in seno alla Commissione della gestione, ponderazione ma anche caparbietà. Giorgio Fonio non ha esitato, le volte in cui in aula erano in ballo temi più sociali, a votare in maniera diversa dal proprio gruppo. Paolo Caroni, nella campagna per il ‘Decreto Morisoli’, ha mostrato coraggio e convinzione sia nell’essere tra i pochissimi firmatari nel suo partito dell’iniziativa del capogruppo Udc, sia nell’affrontare in minoranza un dibattito a un Comitato cantonale del Centro dopo il quale, però, quando si è trattato di votare, favorevoli e contrari erano quasi pari. La presenza in lista di Laura Tarchini, invece, dimostra come un partito debba avere solide radici nella politica comunale.
In attesa di vedere in che misura questo voto per le Cantonali, per il partito e alcuni candidati, potrà essere utile nelle riflessioni che accompagneranno lista e ambizioni per le Federali – con il seggio agli Stati che potrebbe essere conteso da Fabio Regazzi e le conseguenze che potrebbero esserci nella corsa al Nazionale – intanto l’esercizio è all’insegna di una ricerca di sicurezza che, però, andrà verificata nei numerosi ‘crash test’ che sono previsti da qui al 2 aprile.
Diverso è stato l’approccio del Plr che, salutato almeno pubblicamente l’obiettivo raddoppio, ha deciso di puntare, oltre che sull’uscente Christian Vitta, su un nome già consolidato – la capogruppo Alessandra Gianella – e su altri candidati, più o meno giovani ma comunque radicati nel territorio, da lanciare anche in ottica Gran Consiglio. Il Plr ha seguito, grossomodo, lo stesso copione delle Cantonali 2019: il risultato, a posteriori, è che da quella lista sono usciti un consigliere nazionale, un presidente cantonale e una deputata che in poco tempo ha preso le redini di numerosi e importanti dossier. Chissà.
La lista ‘Socialisti e Verdi’, con un percorso troppo influenzato da una minoranza del Ps che alla fine si misura in 38 voti congressuali su quasi 250, non vede in dubbio il proprio seggio e alla favorita Marina Carobbio accompagna due ecologisti e un Boas Erez che ha incuriosito, ma che nell’agone politico dovrà affilare le unghie oltre a ribadire l’importanza della coesione.
Poi c’è la destra. Quella destra dove si consumerà l’unica vera e propria battaglia di queste Cantonali, con il tentativo del democentrista Piero Marchesi di entrare in Consiglio di Stato a spese di una Lega che, a protezione, ha schierato assieme ai due uscenti anche il capogruppo col nome più evocativo e coalizzante – ma anche controverso – del movimento: Boris Bignasca. Una mossa che può indicare un timore non del tutto infondato. Si vedrà.