Salvini torna alla guerra contro i migranti e le Ong che operano nel Mediterraneo. Una messinscena che peggiora solo le cose
Occhio, che si ricomincia. Il nuovo governo italiano non è ancora del tutto insediato – mancano i sottosegretari, le deleghe, le targhette sulle porte, tutte cose che a Roma possono prendere mesi – ma Matteo Salvini è già dritto sul cassero che più ne slancia il profilo: quello d’una corvetta lanciata contro i migranti. Il trionfo di Giorgia Meloni l’ha un po’ ammaccato, è vero, ma allora a maggior ragione deve fare in fretta a berciare di blocchi navali, porti chiusi e altri ammennicoli così cari alla sua audience.
Tanto che con l’aiuto del suo fuochista istituzionale, quel Matteo Piantedosi neoministro dell’Interno e complice dei decreti sicurezza, sta già cercando di bloccare in mezzo al mare le imbarcazioni di due Ong cariche di migranti (la Ocean Viking ha a bordo oltre 200 persone e la Humanity One altre 180, tutte soccorse da barchini a rischio naufragio, molte disidratate, ustionate dal carburante dei gommoni e con segni di tortura). Immaginiamo il seguito della storia: altri blocchi, sparate da Capitan Findus del tipo "se li prendano in Norvegia", tira-e-molla con l’Europa sulla pelle di gente la cui vita ha avuto poche scialuppe.
Come ai tempi in cui Salvini era all’apice della sua balneare popolarità, sarà il caso di ricordare anzitutto una cosa: negare il soccorso e lo sbarco è semplicemente illegale. Non è una questione di sensibilità, non è materia di dibattito ideologico: va contro tutte le convenzioni internazionali, non si può fare. Lo stesso segretario della Lega è ancora sotto inchiesta per i pasticci di tre anni fa. Certo, il nuovo esecutivo italiano potrà barcamenarsi evitando ordini scritti, facendo ostruzionismo informale, ma si tratterebbe ancora una volta di un modo tanto teatrale quanto controproducente di gestire i flussi migratori.
Teatrale, perché il birignao contro le Ong non sposta una virgola della realtà in cui oltre il 90% dei migranti arriva direttamente con gli scafisti, non con le imbarcazioni di soccorso, che semmai contribuiscono a diminuire il numero dei morti: 2’836 nel Mediterraneo centrale solo nel 2021 (vedremo se i leghisti nostrani avranno ancora la sfacciataggine di dichiarare, aggrappandosi alle consuete formulette, che "la responsabilità di queste morti non è di chi chiude i porti. Nossignori. La responsabilità è di chi aizza le partenze. Quindi dell’establishment immigrazionista e delle Ong").
Controproducente, perché sappiamo – ce lo dicono i numeri – a cos’abbia portato la politica di Salvini, coi due decreti sicurezza mirati a smantellare il sistema di prima accoglienza e a chiudere i porti: più morti, meno rimpatri, un logico aumento della quota di irregolari sul territorio italiano e di conseguenza europeo. Uno scempio cui nessuno dei successivi governi italiani, tra l’altro, ha davvero posto rimedio.
Difficile pensare che proprio Meloni abbia interesse a imporre un cambio di rotta, se non per il gusto di speronare Salvini. Piuttosto ha già detto che intende collaborare con i Paesi africani perché i profughi se li tengano loro. Che poi è quello che hanno fatto per anni anche il centrosinistra italiano e l’Unione europea, col risultato che i lager di nazioni come la Libia scoppiano e l’Onu denuncia omicidi, stupri, torture, schiavitù. L’impressione è che a nessuno interessi cercare una soluzione, ma solo attizzare quel misto di paura e razzismo che scalda gli animi e fomenta la ‘base’: mostrare "i muscoli del Capitano", anche se lì davanti spunta un iceberg di disumanità.