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I replicanti del Pd: la criniera logora chi non ce l’ha

Letta riporta avanti la vecchia guardia del Pd imbarcando anche virologi e sindacalisti. Un partito che ormai funziona come un apparato in stile sovietico

Enrico Letta, uomo della restaurazione Pd (Keystone)
18 agosto 2022
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È iniziata con le liste elettorali del Pd ed è finita con la pasionaria dei diritti civili Monica Cirinnà – mezza silurata e atterrata in un collegio non sicuro – che nel giro di qualche ora sbatte la porta, torna, si autodefinisce tigre "con la criniera" (ne avete mai vista una?) e "gladiatore pronto a combattere", con un senso della misura e della realtà ormai alla deriva, in cui si scambia Montecitorio con il Colosseo di un paio di millenni fa, la tigre con il leone e i diritti degli altri con il proprio, sì, quello di sedere in Parlamento a prescindere.

Bisognerebbe parlare di politica, ma nel Partito democratico non ci si riesce più da un pezzo, perché – semplicemente – la politica non la si fa. Il Pd, come dimostra la scelta dei candidati – talmente urticante per i propri elettori da far pensare che la lista gliel’abbia passata qualcuno di destra – è ormai un simulacro di un partito, un ingombrante carrozzone impegnato a non lasciare ad altri la propria posizione vantaggiosa (quella della sinistra progressista non estrema): un po’ come quelle famiglie extralarge che si piazzano al mattino presto in spiaggia con il gazebo e le borse frigo grosse come ghiacciaie di un ristorante: "C’eravamo prima noi". E ti guardano pure male.


Monica Cirinnà (Keystone)

Il Pd come "apparato" di stampo sovietico, in cui a premiare è innanzitutto la fedeltà al leader, in questo caso Enrico Letta, uno scelto appositamente dall’apparato per autoreplicarsi dopo la parentesi Renzi, che avrà avuto tanti difetti, ma almeno stava per rottamare una classe politica che si era rivelata totalmente inadeguata.

Invece sono ancora tutti lì, ognuno paracadutato in un seggio sicuro, sebbene lontano da casa (dove invece li conoscono bene): l’eterno ministro dei Beni culturali Franceschini, ferrarese candidato a Napoli, che mette la foto-cartolina del Vesuvio; Fassino, candidato in Veneto, perché nella sua Torino ormai è bruciato; le candidature al Sud telecomandate da Michele Emiliano. C’è spazio anche per i sindacati, che in Italia hanno perso quasi tutte le loro funzioni (infatti gli operai votano quasi tutti a destra), salvo una, quella di fare da trampolino politico per i loro leader: l’ex segretaria della Cgil Susanna Camusso (altra rottamata mancata) e perfino quella della Cisl Annamaria Furlan, non si sa mai.

Letta ha fatto fuori alcuni ex renziani rientrati alla base (Lotti e Morani in primis) consumando una vendetta, sì politica, ma di bassissima lega, rivolta più al regolamento di conti interno che all’interesse di chi va a votare. Capolista per il collegio Europa – e quindi in Svizzera – c’è anche il virologo diventato star della tv (Crisanti), più qualche foglia di fico "under 35" al Sud, necessaria a salvare le apparenze e qualche seggio altrimenti a rischio (a dimostrazione che chi sa lavorare bene sul territorio i voti li prende): li chiamano "giovani", come se fossero teenager, non uomini e donne fatti e finiti. Li sfruttano per tirare su qualche voto, poi quando ci sarà da distribuire le poltrone torneranno – verosimilmente – nel dimenticatoio.

Intanto, la gladiatoria Cirinnà, l’autoproclamata tigre con criniera, parla dell’hinterland romano in mano alle destre come "territorio inidoneo ai miei temi". Eppure è proprio lì, dove nessuno più ti ascolta, che ci sarebbe bisogno di ricominciare, porre nuove basi per un partito di sinistra, uno vero, non uno che – come ormai accade da troppi anni – vince anche quando perde, perché restano sempre abbastanza poltrone per chi deve esserci.


Tigre che ha ordinato una criniera su Amazon? (Keystone)