Lo strappo di Di Maio ci fa vedere in controluce il mondo quasi alieno e tutte le bugie che il Movimento ha raccontato prima di tutto a sé stesso
C’era una battuta che faceva sempre Beppe Grillo, cambiando di volta in volta il dileggiato, solitamente un politico dal poco carisma: "È arrivata un’auto e dentro non c’era nessuno, si è aperta la portiera ed è uscito Gentiloni".
A voler essere cattivi, oggi ci si potrebbe infilare Di Maio nel ruolo del passeggero inesistente che sbatte la portiera e scende. Il problema è che questa volta l’inconsistenza generale è tale che non c’è neanche la macchina da cui scendere. L’hanno smontata pezzo a pezzo quelli che la occupavano.
Difficile immaginare in politica un contenitore più vuoto del Movimento 5 Stelle, che almeno all’inizio – va detto – era pieno di buone intenzioni. Ma con le sole buone intenzioni non si va da nessuna parte, che tu sia alla guida di un’auto o di un partito, anche se partito non l’hanno voluto mai chiamare, così almeno in una cosa sono rimasti diversi dagli altri.
La senatrice grillina Paola Taverna imbavagliata in Parlamento (Keystone)
La presunta diversità dei grillini all’inizio non era presunta: i candidati venivano scelti sul web, magari in modo discutibile, ma era un discutibile comunque diverso dai partiti tradizionali. Facevano le cose in un altro modo, come in quei mondi che hanno una fisica tutta loro: fai cadere una palla e va in alto, anziché per terra. Respiri dalle orecchie. Cose così. Aveva un suo fascino.
La prima in Parlamento, nel marzo di nove anni fa, pareva lo sbarco degli alieni. Sembrava di vederli in fila: E.T., Yoda, Alf, Chewbecca, Mork, Spock, Superman… Dovevano cambiare tutto, sono stati cambiati. Senza troppa fatica, bisogna dirlo.
Falsi rimborsi spese, assenze ingiustificate, quote per il partito (pardon, Movimento) rimaste incastrate nel portafoglio, cambi di casacca: tutto il campionario del già visto fatto da chi non avevamo mai visto. Sono arrivati che "mai con il Pd, mai con la Lega, mai con nessuno", alla fine hanno fatto più ammucchiate di tutti, finendo – inevitabilmente – a litigare tra loro: un classico.
Abbiamo assistito a memorabili strafalcioni e castronerie in italiano, matematica, storia, geografia, scienze e perfino in condotta. Roba da pagella preoccupante al banco delle Elementari, figuriamoci in quelli di Camera e Senato. Gli alieni non studiavano, l’abbiamo capito subito. E nemmeno volavano, né spostavano oggetti o disegni di legge con la mente. Se formulavano frasi al contrario come il saggio Yoda è perché erano sardi o semplicemente ignoranti, se telefonavano a casa come E.T. era perché si era liberato un posto da portaborse per il cugino con il reddito di cittadinanza. Chi tifava nella speranza di vedere in azione i cloni di Superman o almeno Eta Beta si è ritrovato con delle brutte copie degli Alfano e dei De Michelis.
Beppe Grillo e Luigi Di Maio (Keystone)
Facevano promesse con la stessa nostra convinzione quando a Capodanno diciamo a noi stessi "da oggi in poi palestra, dieta e niente alcolici". La loro palestra, la loro dieta erano il limite dei due mandati, il no all’immunità parlamentare, referendum sull’euro.
Ora che Di Maio ha lasciato, portandosi dietro un numero di fedelissimi insospettabile (e lì siamo alla rabdomanzia, capire in quale dei due campi divisi è rimasta più acqua per sopravvivere e prendere posizione per tempo), e uno non vale più uno (l’ha detto lui), è tutto più chiaro. M5S era un trampolino sociale per chi nella società non aveva abbastanza agganci. Era legittimo salirci e tentare il salto nel vuoto: ma era anche il caso di assicurarsi di atterrare sul morbido.
Grillo e il referendum sull’euro (Keystone)