I tedeschi gli chiedono di mollare i suoi incarichi russi e lui ne fa spuntare altri. Il vizio tropical-mediterraneo della sedia incollata non ha confini
Nell’eterna, insensata e nonostante tutto affollata lotta per diventare l’uomo più ricco e potente del cimitero, si sta facendo largo a gomitate Gerhard Schröder. Incurante di quello che si dirà di lui un giorno, ma soprattutto di quello che gli stanno dicendo ora, l’ex cancelliere tedesco non molla l’amico Putin né le ricche poltrone russe confezionate su misura dal Cremlino in tempi insospettabili.
Correva l’anno 2005, Schröder aveva perso per un soffio le elezioni da nemmeno due mesi (contro una certa Angela Merkel), quando un alto dirigente di Gazprom andò a trovarlo ad Hannover offrendogli il posto di amministratore delegato della società (con sede in Svizzera, a Zugo) che gestiva il progetto Nord Stream 1, il gasdotto che avrebbe portato gas dalla Russia direttamente alla Germania passando per il Mar Baltico.
Al New York Times, che ha ricostruito il passaggio dell’ex cancelliere da politico a lobbista, Schröder ha detto che gli "sembrava un po’ presto". Talmente presto che in quei giorni Merkel non aveva ancora ufficialmente formato un governo. Ma si sa, presto e tardi, come sì e no, sono concetti e risposte che fluttuano e dipendono anche da chi te le chiede le cose. Quando la notte del 9 dicembre gli telefonò Putin in persona, Schröder accettò. Il governo Merkel era entrato in carica meno di venti giorni prima.
Schröder con un suo ritratto (Keystone)
Molti trasalirono, nessun cancelliere aveva mai lavorato per una società estera, per giunta con legami diretti con il Cremlino. A peggiorare il quadro, il fatto che Schröder si era speso in prima persona per la creazione del gasdotto. Insomma, lui vedeva una continuità con il suo lavoro di politico, la stragrande maggioranza dei tedeschi vide invece un uomo di potere che si garantiva altro potere e una pensione decisamente più pingue.
Un anno prima, alla domanda del suo biografo Reinhard Urschel "a cosa si dedicherà quando non sarà più cancelliere?" rispose sbrigativamente: "A fare soldi". Quelle poche parole, che molti avevano preso come una battuta, erano una dichiarazione d’intenti.
Per capire meglio questo bisogno di denaro (il vitalizio da cancelliere è di 9mila euro mensili, non spiccioli), bisogna forse ricordare che Schröder, nato nel 1944, un anno prima della fine della guerra, è cresciuto povero e senza padre, ucciso in battaglia quando lui aveva appena sei mesi. Ma cercare una spiegazione non vuol dire trovare giustificazioni a quel che si fa 60 anni dopo e oltre. Oggi Schröder, a 78 anni, si mette di traverso al Paese che lui stesso ha guidato, non solo rimanendo in Nord Stream e Rosneft, ma annunciando anche un incarico extra nel consiglio sindacale di Gazprom, con questo effetto matrioska di poltrone e poltroncine che saltano fuori. Il tutto mentre i suoi collaboratori più stretti lo abbandonano e il Bundestag gli toglie l’ufficio e i sussidi extra (ma non la pensione).
Davanti al logo di Gazprom (Keystone)
Questa abitudine tropical-mediterranea, fatta di dittatori umidi e baffuti che pensano di comandare anche il loro plotone d’esecuzione e onorevoli azzeccagarbugli che s’incollano perfino alla più scomoda delle sedie pieghevoli "perché tengono famiglia", ha ormai superato ogni confine. Dal ladro di polli al proprietario della polleria c’è sempre un centesimo o un centimetro da difendere.
Poi c’è anche chi si accorge – magari in colpevole ritardo – di aver sbagliato poltrona e prova a scappare alla chetichella dalla porta sul retro. Ma quella è un’altra storia. Altri polli.
Stretta di mano tra amici (Keystone)