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‘Zelensky ebreo? Come Hitler’

Lo afferma il ministro degli Esteri russo Lavrov: quando la Storia è riscritta sulla base delle menzogne e dell’ideologia che deve giustificare la guerra

(Keystone)
4 maggio 2022
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Dunque "anche Hitler aveva sangue ebraico". Uno spregevole classico dei pregiudizi, degli stereotipi e delle fandonie del più becero antisemitismo. E a sfoderarlo, stavolta, non è uno qualsiasi, ma addirittura il ministro russo degli esteri, Sergei Lavrov. Considerato non solo il politico più vicino al padrone del Cremlino. Ma anche la mente più lucida, il diplomatico più abile, il difensore più astuto, il ‘traduttore’ più convincente della strategia e del "Putin pensiero".

Nella prima e finora unica intervista a una televisione europea (la berlusconiana Rete 4), un Lavrov che doveva rispondere a domande con tutt’evidenza concordate o quantomeno consegnate in anticipo, in collegamento con un conduttore più che acquiescente, ha dovuto rispondere a un interrogativo che poteva apparire scivoloso soltanto a chi non conosce la spregiudicatezza e il cinismo dell’uomo che interveniva da Mosca. Domanda dallo studio: "Come è possibile parlare di denazificazione dell’Ucraina, se il suo presidente Zelensky è ebreo?". Risposta: "Zelensky ebreo? Lo era anche Hitler, secondo me. I peggiori antisemiti sono proprio gli ebrei". Gelo, sconcerto, turbamento. Che arriva da quella Russia nelle cui viscere nacque (a opera della polizia segreta zarista) il libro mastro delle fake news antiebraiche, i ‘Protocolli dei Savi di Sion’.

Ma le parole di Lavrov cadono come massi sul silente giornalista, che nemmeno si sogna di replicare chiedendo ragione di un’affermazione tanto grave e assurda, storicamente infondata, una bufala colossale, più volte smentita dagli storici, ma sempre presente nel ‘manuale del piccolo antisemita’. Che stavolta, però, così piccolo non è. Non lo è politicamente. Il ventriloquo che sta al Cremlino, e che ha invaso una nazione indipendente e internazionalmente riconosciuta (anche da Mosca, che nel 1993 sottoscrisse l’impegno per l’integrità territoriale dell’Ucraina in cambio della consegna alla Russia di 1.900 testate atomiche e l’adesione di Kiev al trattato di non proliferazione nucleare), ha spesso lasciato che fosse il capo della sua diplomazia a diffondere il ‘verbo putiniano’ nelle cancellerie di tutto il mondo. Ma la questione ebraica non è una paginetta secondaria nella tormentatissima storia ucraina, della nascita dei suoi movimenti nazionalisti, antirussi e antipolacchi, anche i più radicali guidati dal pro-nazista Stepan Bandera, in quella parte di paese, non tutto, che dopo aver subito la repressione di Stalin (almeno tre milioni di ucraini morti nella ‘carestia pianificata’ dal Cremlino), aveva accolto in parte l’esercito di Hitler come un liberatore.

Pagine tragiche, errori, atrocità che Lavrov conosce bene, anche se per decenni (essendo l’Ucraina una Repubblica sovietica ed essendo l’antisemitismo in Russia assai radicato) l’Urss evitò scientemente di parlare di Babij Jar, l’enorme fossato presso Kiev in cui durante la seconda guerra mondiale i nazisti e i loro collaborazionisti locali (c’era un battaglione di SS ucraino) gettarono i cadaveri di 33.771 ebrei, massacrati in sole 48 ore, la terza delle più efferate stragi dell’Olocausto nell’Europa orientale, che ispirerà un poema di denuncia di Evgenij Evtuscenko e a cui la Kiev democratica dedicherà finalmente un Memoriale solo nel 2009, colpito da una bomba russa lo scorso primo Marzo.

Sua eccellenza il ministro degli Esteri russo sa del resto che importanti protagonisti della rivoluzione bolscevica erano ebrei (così come i loro filosofi ispiratori Marx ed Engels); ma oggi Lavrov è soprattutto consapevole, e immediatamente si adegua, che il suo padrone ed ex ufficiale del Kgb di stanza a Berlino Est, ha scomunicato Lenin e i suoi successori responsabili dell’indipendenza dell’Ucraina, che ha portato alla nascita del nuovo Stato dopo il collasso dell’Unione Sovietica, fine dell’Urss che è stata la "massima tragedia del 21esimo secolo" secondo Vladimir Putin.

Liquidare l’ebraicità di Zelensky associandolo all’‘ebreo Hitler’, e agli ebrei che possono anche rivelarsi ‘i peggiori antisemiti’, con un uso volutamente distorto falso provocatorio e ideologico della Storia, è dunque l’ultima carta della propaganda russa: per benedire la denazificazione di una nazione in cui l’estrema destra legata al ricordo neonazista non ha ottenuto più del 2 per cento nelle ultime elezioni (come in Italia i partiti mussoliniani mai messi fuorilegge come invece detta la Costituzione); e per giustificare l’attacco contro un Paese che Mosca rivuole sottomesso al suo nuovo regno post-sovietico. Senza pudore, e senza ritegno.

Come del resto aveva detto, e in questo caso profetizzato, Vasilij Grossman, l’immenso autore di ‘Vita e destino’ (e di ‘Stalingrado’ e ‘L’inferno di Treblinka’), che scrisse: ‘’L’antisemitismo non è mai lo scopo, è sempre e soltanto il mezzo, la misura di contraddizioni senza vie d’uscita. L’antisemitismo è lo specchio dei difetti del singolo, della società civile e del sistema statale. Dimmi di che cosa accusi gli ebrei, e ti dirò quali colpe hai’.

Questo contenuto è stato pubblicato grazie alla collaborazione con la piattaforma d’informazione naufraghi.ch