Il conflitto si sposta sui social e il presidente ucraino viene criticato per l’abbigliamento e i videomessaggi come se partecipasse a un reality show
Abbiamo finalmente una risposta al beffardo quesito di Albert Einstein, che ci lasciò sostenendo di sapere come sarebbe stata combattuta la Quarta guerra mondiale (con pietre e bastoni), ma non la Terza. Ora lo sappiamo: con le tastiere. Ovviamente sui social network, trincea virtuale in cui frulliamo bombe e morti, verità e finzione, i bagni di folla telecomandati di Putin e il tour mondiale da fermo di Zelensky. Un luogo che non c’è, eppure dove tutto sembra avvenire, farsi e disfarsi; dove ognuno prende posizione senza essersela guadagnata, in cui sembrerebbe davvero che "uno vale uno", invece non vale niente; e dove tutto o quasi viene usato per dimostrare una cosa e il suo contrario. Si spara a salve, da dietro a uno schermo, eppure ci si fa male davvero. Non è escluso che alla fine, da lì, si possa perfino orientare l’esito della guerra.
L’hanno capito i russi e anche gli ucraini che si combatte tanto sui social quanto sul campo: tant’è che il campo non si vede quasi più, se non fosse per alcuni valorosi reporter come i due giornalisti di Associated Press rimasti nella Mariupol assediata e sventrata o inviate col pedigree come Francesca Mannocchi, che è andata, ha filmato tutto quel che poteva – rischiando la pelle – e poi è tornata lamentandosi del fatto che per la prima volta (dopo Siria, Libano, Yemen, Afghanistan… Alla faccia di chi dice che le altre guerre non si raccontano) non è potuta arrivare, con la sua telecamera, dove la guerra si fa davvero.
Il discorso di Zelensky al Parlamento italiano (Keystone)
Gli inglesi la chiamano "fog of war", nebbia di guerra, quella foschia che non ci fa capire dove si trova il pericolo, o magari la verità. A volte è la conformazione di un territorio a impedire la visuale, a volte è il nemico a gettarti fumo negli occhi. Ma sempre più spesso siamo noi a sabotarci, confondendo un conflitto con X Factor.
Succede così che Zelensky fa il giro virtuale delle aule parlamentari di mezzo mondo provando a far capire cosa vuol dire stare sotto alle bombe a occidentali che le bombe le hanno viste solo in tv o al museo: mostra una video-simulazione di Parigi bombardata e chiede di immaginarsi Genova ridotta come Mariupol e i francesi e gli italiani si risentono parlando di "cattivo gusto". Sui social riceve insulti, viene criticato per la maglietta e il giorno dopo per la felpa che copre la maglietta, si criticano il tono, la voce, le idee: tutto. Per molti ormai è un concorrente di un reality da giudicare, non il presidente di un Paese sotto attacco.
Selvaggia Lucarelli, giudice di ‘Ballando con le stelle’ e influencer sempre attenta ad assecondare il suo pubblico, tra gli applausi della maggioranza dei suoi adepti sottolinea che i video sulla guerra di Zelensky (ex concorrente di ‘Ballando con le stelle’) sembrano un trailer di Netflix. Tutto, insomma, viene riportato a una dinamica da pop corn e televoto.
Il video di propaganda che che ha fatto infuriare molti parigini (Keystone)
Intanto sui nostri schermi scorrono in alta definizione immagini di soldati in mimetica nel fango, vecchi carri armati con la bandiera sovietica e profughi spaesati, uguali da sempre, nipoti e insieme fratelli di quelli che vediamo nei filmati d’epoca. C’è poi lo zar che rivuole il suo Impero, la Guerra Fredda Mosca-Washington, gente che parla (a sproposito) di maccartismo, i battaglioni nazisti, il mondo diviso in blocchi, tutto il Novecento che ritorna, ammesso che se ne sia mai andato.
C’è anche il Cremlino che congela i colloqui per il Trattato di pace con il Giappone, reo di avere imposto le stesse sanzioni dell’Occidente. Già, perché formalmente Russia e Giappone sono ancora in guerra per via delle Isole Curili dal 1945. Tutti preoccupati per la Terza guerra mondiale e ancora deve finire la Seconda.