Estero

La regina del basket Usa prigioniera di Putin

La richiesta di liberare Brittney Griner si fa sempre più pressante, mostrando i limiti della libertà a Mosca e scoperchiando l’ipocrisia degli americani

Brittney Griner il 13 maggio scorso in Russia nell’aula del processo
(Keystone)
2 giugno 2022
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La simbolica ricorrenza dei cento giorni di detenzione sembra aver cambiato tutto. Prima dello scorso 28 maggio sull’arresto di Brittney Griner, stella della Wnba fermata all’aeroporto di Mosca il 17 febbraio, ufficialmente per il possesso in valigia di un vaporizzatore contenente olio di hashish, gli Stati Uniti avevano deciso di tenere un basso profilo mediatico e diplomatico. L’obiettivo era di non scatenare l’irascibilità della Russia, che per due volte ha prolungato la sua detenzione in attesa di un processo che potrebbe infliggerle una pena fino a 10 anni di carcere. Una delle poche eccezioni era stato il regista Ben Proudfoot che durante la notte degli Oscar, subito dopo aver vinto la statuetta per il miglior cortometraggio documentario con il suo ‘The Queen of Basketball’, aveva fatto un appello direttamente al presidente Joe Biden, chiedendogli di riportarla a casa. Il pugno di Will Smith a Chris Rock aveva però spento anche quella velleità, facendo tornare la questione dietro le quinte.

Le cose, per la verità, sono iniziate a cambiare anche prima. Il segnale che si stessero muovendo è arrivato all’inizio dello scorso mese, quando il Dipartimento di Stato Usa ha definito Brittney Griner ‘wrongfully detained’, ingiustamente detenuta. Da quel momento la strategia di fronte al suo arresto è gradualmente cambiata e sempre più voci si sono alzate per la sua liberazione. L’allenatrice delle South Carolina Gamecocks e della squadra olimpica femminile che ha vinto l’oro alle Olimpiadi di Tokyo, Dawn Staley, ha iniziato a twittare da quel giorno, ogni giorno, chiedendo la sua liberazione. "Non mi interessa se è ingiustamente detenuta o meno", ha dichiarato al New York Times: "Chiederei la sua liberazione in ogni caso perché nessuno dovrebbe essere imprigionato in uno Stato straniero". Dopo aver vinto il campionato con le Gamecocks, Staley potrebbe essere invitata alla Casa Bianca e ha già dichiarato di voler cedere la sua visita ufficiale "alla moglie, ai genitori e alla famiglia di Brittney": "Sarebbe difficile per lui [Joe Biden, ndr] guardare negli occhi di una moglie o di un genitore addolorato e dire: ‘Non posso fare niente’".


Griner con la maglia della Nazionale (Keystone)

Gli appelli della moglie

Proprio la moglie di Griner, Cherelle, non ce l’ha fatta ad aspettare fino al giorno in cui potrà dirlo in faccia a Biden, e ha deciso di parlare all’Abc. In un’intervista realizzata nella loro casa, Cherelle Griner ha mostrato un bouquet di rose rosse che Brittney le ha mandato attraverso il suo agente per ringraziarla per aver affrontato il trauma di parlare davanti alle telecamere in un momento così difficile. Poi ha raccontato della chiamata che ha ricevuto dal Segretario di Stato, Antony Blinken, che le ha assicurato che il caso di sua moglie rappresenta una priorità per Washington. Di fronte alla domanda se sentisse effettivamente che l’amministrazione Biden lo stesse trattando come tale, la donna ha però sorriso come si stesse trattenendo dal dire qualcosa di sconveniente: "Non lo so, sono grata per la sua chiamata ma voglio vedere risultati concreti, per esempio tornare a vedere Brittney negli Stati Uniti". Cherelle ha anche commentato l’iniziativa della Wnba per i 100 giorni di detenzione in Russia di sua moglie, le cui iniziali (BG) e il numero di maglia (42) sono apparsi su tutti i parquet del basket femminile statunitense. "Dà conforto a me, ma soprattutto a lei. Perché le fa sapere che non è stata dimenticata".

Quella dei simboli di Brittney Griner sui parquet della Wnba non è l’unica iniziativa promossa negli ultimi giorni dalla lega femminile di basket statunitense. Proprio il 28 maggio, la Wnba ha pubblicato un appello a utilizzare i propri social per parlare del caso Griner e per fare pressione sul presidente Biden affinché riceva sua moglie. Insieme anche un hashtag, #WeAreBG, che è stato utilizzato da diverse giocatrici e giocatori delle leghe di basket Usa, tra cui Chris Paul e Natalie Achonwa. Sul caso è intervenuto anche il commissioner della Nba Adam Silver, secondo cui la lega maschile di basket, che possiede poco più del 42% di quella femminile, ha "un’enorme responsabilità" nei confronti di Griner.


"Liberate Brittney Griner" (Keystone)

Il rinnovato attivismo del basket Usa nasce anche dalla liberazione a fine aprile di Trevor Reed, ex Marine in carcere in Russia dal 2019, ottenuta con uno scambio di prigionieri che ha visto il pilota russo Konstantin Yaroshenko, arrestato negli Stati Uniti per traffico di droga, tornare dall’altra parte dell’Atlantico (o del Pacifico, fate voi). In una recente intervista alla Cnn, Reed ha ringraziato i media statunitensi per l’esposizione data alla sua storia, che secondo l’ex Marine ha facilitato la sua liberazione. Di fronte alla sua testimonianza il basket femminile ha iniziato a chiedersi perché con Griner non dovesse funzionare allo stesso modo.

Una storia oscura

Quella di Griner, però, è una storia che ha radici più profonde e controverse rispetto a quelle dei molti cittadini americani detenuti all’estero per ragioni politiche. Il motivo per cui una delle più forti giocatrici statunitensi di basket si trovasse in Russia pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina, da solo, ci dice molto di più della società statunitense che dell’opportunismo del Cremlino in una situazione di guerra. Da anni, infatti, le migliori giocatrici sono pagate talmente poco rispetto al proprio valore in patria, da decidere di impiegare la cosiddetta offseason, cioè la parte della stagione in cui la Wnba è ferma, per andare a giocare in Europa, e in particolare in Russia.


In campo con la sua squadra russa (Keystone)

È una storia che comincia all’inizio degli anni 2000 dalla passione per il basket di un oscuro oligarca lituano, Shabtai Kalmanovich. Trasferitosi in Israele per via delle sue origini ebraiche, sull’origine della ricchezza di Kalmanovich ci sono varie teorie, la più accreditata è che si sia arricchito commerciando diamanti in Africa. Alla fine degli anni 80 viene accusato dal governo israeliano di essere una spia del Kgb, che l’avrebbe assoldato nel 1971 in cambio di una corsia preferenziale per le pratiche burocratiche necessarie per emigrare a Tel Aviv. Finisce in prigione e poi viene liberato in circostanze poco chiare.

All’inizio degli anni 90 decide di ricominciare la sua vita in Russia. Kalmanovich organizza i concerti di Michael Jackson e Liza Minnelli, apre un centro commerciale a Mosca, soprattutto investe in alcune squadre di basket, come lo Zalgiris Kaunas in Lituania, e in Russia lo Spartak Mosca e la squadra di Ekaterinburg, di cui cura soprattutto la squadra femminile. Perché il basket? Quando glielo chiedono lui risponde: sono lituano, per me il basket è tutto.

Kalmanovich decide di investire soprattutto sullo Spartak Mosca e a un certo punto ha un’idea proibita: e se le migliori giocatrici del mondo, giocatrici statunitensi quindi, giocassero per la mia squadra? Chiama Sue Bird, allora la più grande giocatrice di basket del mondo. Kalmanovich le chiede di giocare con lo Spartak Mosca in offseason, cioè quando la stagione della Wnba è ferma. Lei ha un attimo di esitazione: aveva già avuto un’esperienza agli inizi degli anni 2000 in Russia, alla Dinamo Mosca, ed era andata malissimo. Kalmanovich le assicura che questa volta sarà diverso. Alla fine Bird accetta, spinta forse dal fatto che lo Spartak decide di ingaggiare anche la sua amica Diana Taurasi. Taurasi e Bird avevano giocato insieme a livello collegiale. Nel 2006 si ritrovano insieme a Mosca, dove vengono pagate e trattate quasi come i loro colleghi uomini della Nba, con tanto di villa con piscina, cuoco personale, autista e voli charter (un lusso che le giocatrici statunitensi in patria non possono permettersi ancora oggi).

Sangue e vittorie

Taurasi e Bird danno vita a una delle più grandi squadre del mondo. Insieme, con la maglia dello Spartak Mosca, vincono per due volte il campionato russo e per quattro volte l’Eurolega. La loro storia viene interrotta solo nel 2009, dopo la misteriosa uccisione di Kalmanovich, crivellato di colpi a pochi passi dal Cremlino non si sa da chi. La sua eredità, però, non viene cancellata e il suo testimone passa nelle mani di un’altra squadra russa, la Ummc Ekaterinburg. Lì, a partire dal 2011, si trasferiranno Sue Bird e Diana Taurasi, ma anche molte altre tra le più grandi giocatrici europee e statunitensi, come Courtney Vandersloot, Jonquel Jones e per l’appunto Brittney Griner. Griner è una delle compagne di squadra di Diana Taurasi anche negli Stati Uniti, nelle Phoenix Mercury, e in Russia avevano sviluppato un rapporto speciale.


In festa dopo una vittoria con l’Ekaterinburg (Keystone)

A Ekaterinburg c’è un nuovo sponsor, la Ural Mining and Metallurgical Company (una delle principali aziende di rame e piombo della Russia), un nuovo oligarca, l’uzbeko Iskander Makhmudov, oggi sotto sanzioni occidentali, e la situazione se possibile è ancora più surreale. Ekaterinburg è infatti quasi duemila chilometri a est di Mosca, esattamente a metà tra la cosiddetta Russia europea e quella asiatica, ed è conosciuta principalmente per essere la città in cui i bolscevichi fucilarono lo zar e la sua famiglia nel 1918. Nel 2003, nell’esatto punto in cui furono giustiziati, la Chiesa ortodossa russa ha fatto costruire una chiesa, la cosiddetta Chiesa del sangue. A pochi minuti a piedi dalla chiesa c’è il piccolo palazzetto dove giocavano Taurasi e Griner.

Le differenze salariali

Solo alla luce di questo contesto si possono capire le parole di Cherelle Griner, che ha definito ‘onestamente grande’ l’esperienza di sua moglie in Russia prima dell’arresto. "Sai di essere la più grande di tutti i tempi se riesci a giocare in Russia, nella squadra in cui BG giocava" ha dichiarato Cherelle: "Lei vorrebbe con tutto il cuore non andare all’estero in offseason. Ha fatto solo un Giorno del Ringraziamento qui da quando è diventata professionista, nove anni fa. E questo perché non può fare abbastanza soldi giocando solo negli Usa".

Parlare di Brittney Griner significa insomma parlare della differenza salariale tra sport maschile e femminile, e questo forse spiega, al di là delle strategie mediatiche e diplomatiche, perché il suo caso sia stato trattato a lungo con imbarazzo. È un tema di cui negli Stati Uniti si parla molto, ma che tra sport e sport, per ragioni storiche, si è articolato in maniera diversa. Il basket femminile americano, in questo senso, è più indietro rispetto ad esempio al calcio, che recentemente ha accolto la notizia storica che la Nazionale maschile e femminile saranno retribuite alla stessa maniera per la prima volta.


"BG42", lo slogan per chiedere la sua liberazione

Nel basket, forse anche perché in Europa si è sviluppato un mercato competitivo con molte squadre femminili all’altezza (non solo in Russia ma anche in Spagna, Italia e Turchia), invece le cose vanno molto diversamente. Basti pensare che il limite salariale previsto per una squadra di Wnba per il 2022 è di 1,3 milioni di dollari, cioè circa la metà del cosiddetto ‘veteran minimum’, il minimo contrattuale per un singolo giocatore di Nba. Un altro esempio può essere utile per capire la disparità di trattamento nel mondo del basket Usa. Recentemente le New York Liberty sono state multate dalla Wnba per mezzo milione di dollari per aver offerto un volo charter alle giocatrici. Il motivo è che la mossa avrebbe garantito un vantaggio rispetto a tutte le altre squadre che invece non possono permettersi questo tipo di trattamento, facendo arrivare le giocatrici più riposate alla partita.

Scambio d’ostaggi

Parlare di Griner, insomma, ha solo in parte a che fare con la guerra in Ucraina e sottintende riflessioni più sottili sul funzionamento della società statunitense e sulle responsabilità che ha nei suoi confronti l’amministrazione Biden, di cui spesso, in altri contesti, si ripete il celebre slogan: ‘Pay them more’ (‘Pagate di più’). Nel frattempo rimane l’urgenza di liberarla dalla detenzione in Russia, dove qualche giorno fa era stata fatta circolare la possibilità di scambiarla con Viktor Bout, il leggendario contrabbandiere d’armi che ha ispirato il film ‘Lord of War’. Arrestato in Thailandia nel 2008 e successivamente estradato negli Stati Uniti, Bout è in cima alle richieste di liberazione della Russia da anni ma questo, purtroppo per Griner, non significa che Washington acconsentirà a questo scambio e anzi alcuni esperti lo considerano improbabile proprio per la sua importanza.

Ogni giorno che passa, la situazione si fa più delicata. Griner è nera, è lesbica ed è molto attiva negli Stati Uniti nel promuovere i diritti della comunità Lgbtq, e nella Russia di Putin tutto questo non è indifferente. O almeno non lo è più. Prima del suo arresto tra i tanti benefit che la Ummc Ekaterinburg assicurava a Griner, c’era infatti anche la protezione politica. In un reportage di Espn del 2016 si legge che si sarebbe dovuta mettere a correre con una bandiera arcobaleno per la Piazza Rossa per avere dei problemi con le autorità russe, tutt’altro che tolleranti con le comunità Lgbtq. Oggi, però, quel mondo non esiste più. Fa parte di un passato in cui le sanzioni non esistono, la guerra viene ignorata per convenienza e le cestiste statunitensi sono trattate come meritano da oligarchi assassinati a sangue freddo a due passi dal Cremlino.


Una sua schiacciata a canestro in una gara Wnba (Keystone)