Se opportunamente sostenute da misure infrastrutturali, collegamenti e digitalizzazione, possono aspirare ad invertire il trend dello spopolamento
Non è certamente casuale, la tempistica dell’impegno che l’Ente regionale di sviluppo del Locarnese e valli, unitamente ai Comuni, si è preso per scandagliare le valli come valida alternativa residenziale ai centri urbani. Lo studio, condotto dalla Multi RE, denominato ‘Progetto di politica demografica e degli alloggi per le regioni periferiche’, altro non è che un percorso per così dire scientifico verso un obiettivo molto pratico: fare in modo che Centovalli, Onsernone, Vallemaggia e Valle Verzasca (quest’ultima da poco unita in Comune unico) si promuovano come soluzione abitativa attrattiva, invertendo l’annoso trend dello spopolamento.
I dati demografici raccolti su scala decennale – e pubblicati su queste pagine nei giorni scorsi – sono lo specchio di un inesorabile svuotamento delle periferie. Ovunque, salvo che nella Bassa Vallemaggia, l’evoluzione dei saldi naturali (nascite rispetto ai decessi) boccheggia sotto la linea di galleggiamento. E lo stesso bisogna dire riguardo all’evoluzione della popolazione residente permanente, che dappertutto scivola verso il basso, con le eccezioni (anche qui) di Bassa Vallemaggia e Terre di Pedemonte, entrambe se vogliamo “terre di mezzo” fra le almeno presunte comodità del centro urbano e scomodità delle valli.
Si situa proprio in questo aggettivo, “presunte”, la non casualità del momento storico scelto per realizzare lo studio. Il periodo pandemico, con tutte le implicazioni sociali già indotte e che con ogni probabilità si consolideranno in futuro, può infatti rappresentare lo spazzaneve di molte convinzioni radicate nel concetto stesso di vivibilità. È vero che vicinanza ai servizi, immediata raggiungibilità dei luoghi e opportunità lavorative sono generalmente indicate come vantaggi irrinunciabili e tali da scoraggiare un allontanamento dai centri urbani. Non mancano, tuttavia, gli strumenti perché essi possano essere associati anche alle periferie: miglioramento dei collegamenti stradali, valorizzazione turistica e, soprattutto, “smart working” sono, infatti, fra gli elementi cardine di progetti già contenuti nei diversi Piani di sviluppo coordinato, comunemente detti masterplan: strumenti che indagano idee e priorità degli abitanti e invitano a formulare osservazioni utili al rilancio e al rafforzamento delle periferie.
Ma quello che oggi può assumere un peso preponderante è piuttosto rappresentato da tutto ciò che la pandemia ci sta suggerendo in quanto causa e sintomo del malessere, o malfunzionamento sociale, che in qualche modo ha contribuito a generarla. Riscoperta del territorio, ambiente salubre, maggiori spazi a disposizione, sostenibilità dei processi produttivi individuali non sono più materia “eventuale” riservata a romantici fricchettoni, esuli sociali o pseudo-eremiti, ma l’unica, vera aria nuova che può spazzare il nostro cielo dai nuvoloni che lo coprono.
Le valli, se opportunamente sostenute, possono dunque, oggi più che mai, beneficiare di un rovesciamento di quello stesso paradigma che ne ha causato l’avvizzimento.