Un precoce restringimento delle possibilità, che sia legata al rendimento oppure ai presunti interessi, implica un condizionamento e pertanto va evitato
Aldous Huxley riteneva che ci fosse solo un modo per provare a comprendere gli effetti della mescalina sulla mente umana: la sperimentazione. Così, in un pomeriggio del 1953, insieme allo psicologo Humphry Osmond, si immerse in un’esperienza che lo portò a varcare, scrisse Huxley, “le porte della percezione”.
Nessuno si aspetta che dagli altoparlanti del parlamento, la settimana prossima, risuoni a tutto volume ‘Lucy in the sky with diamonds’, né tantomeno che i granconsiglieri si ritrovino a danzare sui loro banchi al ritmo dei Beatles durante la seduta, per carità. Quello che invece possiamo sperare, questo sì, è che in aula, quando si discuterà sulla proposta del Decs di avviare un progetto sperimentale biennale di superamento dei livelli in terza media, regni un po’ di sano positivismo. Ovvero che vengano lasciate in secondo piano le scaramucce tra i partiti e prevalga finalmente l’interesse dei giovani allievi di questo Cantone. Che si aprano, insomma, le porte della sperimentazione.
Ppd e Lega nei giorni scorsi hanno fatto capire di non essere per forza contrari all’idea di una tale sperimentazione. Questo dopo che in Gestione il rapporto di maggioranza da loro sottoscritto aveva raccomandato al plenum lo stralcio della voce di spesa riguardante l’introduzione definitiva dei laboratori a metà classe in terza media.
Dai liberali e dall’Udc invece l’impressione che passa è che ci sia un tale preconcetto, per cui qualsiasi proposta presentata dal Dipartimento diretto da Manuele Bertoli vada bloccata a priori. Il presidente Plr Speziali e il capogruppo democentrista Morisoli diranno che non è così, e sarà pure vero. Sosterranno che anche loro hanno delle idee per rinnovare la scuola e che concordano sulla necessità di rivedere il modello attuale, escludendo però ciò che definiscono “l’inclusivismo ideologico” promosso del Decs.
Ciò che sembra emergere dal fronte liberale-democentrista è una visione secondo la quale sarebbe assolutamente inaccettabile l’abbandono di ogni forma di differenziazione strutturale all’interno delle classi. Nella sua presa di posizione riferita alla consultazione chiusasi a fine dicembre, Speziali auspicava il passaggio dal modello attuale di separazione tra livelli A e B a un nuovo paradigma che mantenga sì una differenziazione, ma in base alle attitudini e agli interessi dei ragazzi. La proposta ha sicuramente dei risvolti positivi, soprattutto rispetto alla divisione gerarchica tra allievi bravi e meno bravi, e fa parte delle ipotesi di lavoro per la quarta media contemplate dall’emendamento approvato ieri dal Consiglio di Stato. Ma un tale approccio va sempre a cozzare col problema di fondo: la moderna ricerca in campo pedagogico dimostra che per i ragazzi di 14 e 15 anni è fondamentale un confronto il più ampio possibile con ogni sorta di disciplina, perché sarà soltanto grazie a queste esperienze che successivamente saranno in grado di scegliere con maggiore consapevolezza quale strada intraprendere. Un precoce restringimento del campo, e quindi delle possibilità, che sia legata al rendimento oppure ai presunti interessi, implica invece un condizionamento e pertanto va evitato.
D’altronde è bene ricordare che in un altro libro di Huxley – ‘Il mondo nuovo’ – gli individui usano il termine “condizionato” al posto di “educato”.
Quanto la realtà debba somigliare la distopia, in fondo, è una nostra scelta.