Lo scambio di cortesie tra Dadò e Speziali non è per forza un male. Però entrambi sappiano che protagonista non è il dibattito politico, ma chi fuori soffre
Il livello di guardia della polemica tra Ppd e Plr si è innalzato fino a rompere gli argini della dialettica. Lo scambio di cortesie tra i rispettivi presidenti Fiorenzo Dadò e Alessandro Speziali, a seguito dell’elezione della popolare democratica Nadia Ghisolfi alla vicepresidenza del Gran Consiglio al posto della candidata ufficiale Ermotti-Lepori, dimostra come la vicenda non poteva chiudersi con la proclamazione del risultato. I fuochi d’artificio che hanno fatto seguito al paio di giorni di calma elettrica prima della tempesta non sono da interpretare come botta e risposta, ricerca di titoli sui giornali, volontà di tenere unite le proprie truppe e la propria base. Questo crescendo spiega da sé come a livello parlamentare si sia entrati in una fase nuova, quanto la nomina alla presidenza liberale radicale di Speziali abbia sparigliato le carte e riorientato non pochi equilibri in parlamento. Sono finiti, ammesso che siano mai iniziati davvero, i tempi dell’intesa, della ‘congiunzione tecnica del centro’ e dell’unità sui temi. Il Plr lo sta facendo capire chiaramente: i conti pubblici andranno sanati. Magari non subito, ma bisognerà agire. Il Ppd, a più riprese, ha ribadito che non è quella la priorità bensì lo è il non lasciare indietro nessuno. E ben venga qualche franco di debito in più, ci ha detto Dadò. Non è l’unico punto di divergenza tra i due partiti, al punto che in casa popolare democratica si è pronti a guardare anche altrove pur di tenere ferma la barra sui problemi della tenuta sociale e sulle sfide, soprattutto economiche, che aspettano il Cantone. In questo il Plr rischia di rimanere solo. Un rischio che non può permettersi. Essere il partito di maggioranza relativa in Gran Consiglio comporta responsabilità che i liberali radicali devono assumersi comprendendo come avere un ruolo guida non significhi per forza essere detentori esclusivi del boccino, e che in un sistema dove le decisioni vanno prese insieme ad altre forze politiche essere protagonisti richiede incisività, ma al contempo misura.
La frattura al centro del parlamento, con Ppd e Plr ai ferri corti, non è la miglior risposta alla frammentazione ed estremizzazione partitica cui abbiamo assistito alle cantonali, alle federali e che ha trovato conferma nelle recenti elezioni comunali. In un momento dove c’è bisogno di vera politica, e dove le proposte da entrambi i partiti - come da altri rappresentati in Gran Consiglio - non mancano, la polemica e l’acceso dibattito devono trasformarsi in energia propulsiva per il bene comune, per il rilancio del Cantone, per il superamento di una crisi economica e sociale della quale, oggi, non sappiamo ancora le esatte proporzioni. Non è per forza un male che i due presidenti di centro dibattano, pure animatamente. La politica è anche vitalità, scaltrezza, smuovere le acque quando sono un po’ stagnanti. Ma entrambi sanno che il problema non può e non deve essere il dibattito dentro il Palazzo. I problemi, oggi, sono di chi ha visto fallire la propria attività, di chi ha perso il posto di lavoro, di chi ha visto calare la cifra di guadagno ma non abbastanza per avere degli aiuti, di indipendenti che non hanno entrate dignitose da più di un anno. Sarà a beneficio di tutta la collettività che l’energia profusa nelle parole dell’animato dibattito politico venga trasferita nei fatti, cioè nel progettare la ripresa post pandemia.