Commento

Chi non ha abboccato all'amo dell'influencer

La festa notturna alle Medie di Locarno, che ha portato al licenziamento di un docente, dal punto di vista degli allievi

11 marzo 2021
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Dall'incredibile vicenda del festino notturno alle Medie 1 di Locarno, reso possibile da un docente che ha aperto le porte all'influencer Lacerenza con tutto il suo strampalato seguito, emergono tre notizie. La prima, maturata nelle ultimissime ore, è logica: il licenziamento dell'insegnante, sentito dai vertici del Dipartimento e poi inevitabilmente messo alla porta, con una decisione che fotografa la gravità del contesto. Le altre due sono una davvero pessima e l'altra decisamente incoraggiante. Ma rivediamo i fatti.  

Davide Lacerenza, imprenditore con il pelo sullo stomaco alto 5 centimetri, come si dice qui da noi, in barba al confinamento anti-Covid istituito in Lombardia raggiunge e supera la dogana con alcune casse di Dom Pérignon nel baule. L'obiettivo: una cospicua “delivery” transfrontaliera per festeggiare il compleanno di un amico (o amico di un amico). Il ritrovo è alla Tureta di Giubiasco, e proprio lì, probabilmente, avrebbe dovuto scorrere lo champagne fornito dal grande esperto. Bisogna sapere che a Lacerenza sono intitolate due "Gintonerie” a Milano, ma a dispetto di questa presunta specializzazione, nei locali si consuma preferibilmente champagne del più pregiato. Venduto, ovviamente, a peso d'oro. Unitamente alle bollicine, stando a quanto raccontano i bene informati, nelle “Gintonerie” è (o era) facile incappare sia in sciami di lucciole, sia in piccoli cumuli di neve. E non parliamo né di graziosi insetti luminosi, né di acqua molto fredda trasformata in fiocchi. Uno dei due locali è tra l'altro recentemente bruciato, ma a quanto pare gli inquirenti si sono convinti di un corto circuito all'impianto di climatizzazione esterno. Sia quel che sia.

Al netto di queste esperienze imprenditoriali (che bene sono illustrate dai moltissimi commenti su Trip Advisor, tra l'altro) Lacerenza è famoso fra il popolo del web per la disinvoltura con cui viola leggi e codici di comportamento e “posta” poi, per i suoi oltre 200mila followers, dei dettagliati resoconti video con le cosiddette “stories” su Instagram. Fra le ultime si ricordano quelle dello scorso Capodanno, quando l'influencer era ospite di un resort di lusso nel Bresciano; come tutti gli altri 125 partecipanti aveva ballato, bevuto ed ecceduto come se non ci fosse un domani, poi all'arrivo dei Carabinieri si era (forse) giustificato dicendo di aver dimenticato (ops) la mascherina a casa. Quattrocento euro di multa, la testa già nelle “stories” da pubblicare e appuntamento alla prossima.

Con questo curriculum recentemente aggiornato, Lacerenza è dunque arrivato alla Tureta e da lì, vista la crescente agitazione del gruppetto, prontamente deviato altrove. Da qui in avanti entriamo nel regno delle ipotesi. Rimangono naturalmente il Re Davide e la sua ineffabile corte, ma il resto appare sfocato. Tutto ridiventa molto, troppo chiaro, quando la scena, con i suoi protagonisti, si sposta in via Varesi a Locarno, nelle scuole medie cittadine. Interno notte, luci al neon, Lacerenza fa da anfitrione e il suo corollario umano lo gratifica con risate, apprezzamenti assortiti e pacche sulle spalle. Il “fil rouge” è dettato dalle “sciabolate” con cui le bottiglie di Dom Pérignon vengono aperte e poi rapidamente consumate. Volgarità e stupidaggini abbondano, su un tavolo si intravede della polvere bianca – ma magari pensiamo male – e bisogna ammettere che, dal punto di vista di un follower qualsiasi, Lacerenza si dimostra impeccabile: manda ripetutamente a quel paese la scuola come istituzione, chiarisce per i followers che studiare non serve a niente e tuttavia cita Petrarca.

Fra i presenti, non tutti sono burini come incontrovertibilmente appaiono per il solo motivo di essere lì. Uno è diverso, o quantomeno è considerato tale da tutti quelli che lo conoscono e fino a quel momento lo hanno apprezzato senza riserve, almeno a livello professionale. Parliamo ovviamente del docente che aprendo le porte dell'istituto ha “sciabolato” la bottiglia più velenosa del lotto. Pur nella totale incertezza delle circostanze che possano aver spinto il 40enne fino al punto di impugnare le chiavi ed infilarle nella serratura della scuola, una considerazione va fatta: l'interiorizzazione di un ruolo educativo, così come il buonsenso, l'etica, le prospettive personali e ogni responsabilità verso gli allievi possono franare in un attimo. È questa la pessima notizia.

Non sappiamo niente di quella sera, di cos'abbia bevuto o assunto l'insegnante, del suo stato d'animo, delle aggravanti o delle attenuanti del caso (a conti fatti comunque insufficienti, visto il licenziamento in tronco). Sappiamo solo che ha deciso di superare un confine enorme. Perché non solo ha aperto le porte di una scuola, ma anche quelle della sua scuola, con tutto il bagaglio di esperienze, di ricordi, di speranze e anche di fragilità che vi è contenuto. Perchè gli allievi delle Medie, nel pieno dell'età “stupida”, sono soprattutto fragili. Spaccano il mondo, ci fanno impazzire, non ascoltano quasi mai. Ma hanno bisogno di poche e solide certezze. Quelle che cercavano nel loro docente – amato, imitato, ascoltato – in un attimo sono andate in frantumi. Diranno forse “che figo”, fra loro, tornando a casa. Ma dentro qualcosa si è rotto.

La notizia incoraggiante giunge dalla direzione della scuola quando ha raccontato dei confronti in classe, delle richieste di chiarimento, delle molte domande poste, dell'incredulità oggettiva presente fra gli allievi. Perchè loro, quegli stessi adolescenti vituperati e spesso incompresi, oggetti misteriosi a cavallo di un periodo impazzito, possono superare mille limiti, ma alcuni li vogliono mantenere. Ai loro docenti lo hanno detto e di sicuro non era solo per dire qualcosa. Era per rimettere insieme i pezzi.

"Mi è piaciuto cos'hanno detto, ma soprattutto come lo hanno detto”, ci ha confidato il direttore, senza nascondere un'emozione. L'insegnamento che ne traiamo tutti è molto semplice: la scuola è una cosa seria. E nessuno può dimenticarselo.

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