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Monsignor Azzolino Chiappini prosciolto, bene. E i motivi?

Solo una comunicazione ufficiale completa può fugare ogni dubbio, anche residuo. Da questo punto di vista la recente nota della Procura è un pessimo esempio

26 febbraio 2021
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Nella nota stampa diramata l’altro ieri dal Ministero pubblico avremmo voluto leggere anche i motivi, almeno quelli principali, per cui la magistratura inquirente, con l’emanazione di un decreto d’abbandono, ha prosciolto monsignor Azzolino Chiappini da tutte le ipotesi accusatorie. Il presbitero è stato scagionato, recita il laconico comunicato, “non essendosi corroborati gli indizi dei reati ipotizzati di sequestro di persona, coazione e lesioni semplici per omissione a danno di una 48enne cittadina straniera dimorante nell’abitazione dell’imputato”. Non basta.

A scanso di equivoci: prendiamo atto, con piacere e anche sollievo considerata la tipologia degli illeciti prospettati inizialmente, dell’archiviazione dell’inchiesta. Ma, e qui citiamo le parole della Curia vescovile, proprio per il “grande clamore mediatico suscitato attorno alla persona” di Chiappini, clamore inevitabile dato che era stato aperto un procedimento giudiziario nei confronti di un monsignore che aveva ricoperto e ricopriva incarichi importanti nella Diocesi di Lugano e in seno alla Facoltà di teologia, la procuratrice titolare dell’incarto avrebbe dovuto esporre all’opinione pubblica le ragioni, perlomeno, ripetiamo, le ragioni salienti, per le quali ha stabilito l’assenza di elementi di rilevanza penale a carico del sacerdote. Del resto anche nel recente passato nei casi di un certo spessore il Ministero pubblico ha spiegato i motivi che lo hanno condotto a pronunciare un abbandono.

Non si tratta di essere colpevolisti o innocentisti. Si tratta come cittadini di avere – al momento della decisione finale, nella fattispecie assolutoria – il quadro completo di una vicenda giudiziaria che ha coinvolto una personalità pubblica. Solo una comunicazione ufficiale trasparente può fugare ogni dubbio, anche residuo. Da questo punto di vista la nota diffusa dal Ministero pubblico è un pessimo esempio.