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Gran Consiglio ingolfato, denegata democrazia

Una pletora di atti parlamentari pendenti. L'autorevolezza del legislatore passa anche dal suo impegno per evitare il deposito di polvere su iniziative e mozioni

Il parlamento cantonale (Ti-Press)
19 febbraio 2021
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Può sembrare materia solo per deputati e costituzionalisti, in realtà non è cosi. Perché gli atti parlamentari affrontano temi che riguardano tutti, con proposte concernenti la sanità, la socialità, la scuola, l’economia, i trasporti, la giustizia, le imposte... la lista è lunga. Perché fra iniziative, mozioni e petizioni gli atti parlamentari pendenti in Gran Consiglio sono quasi cinquecentocinquanta. Istanze generiche e richieste di puntuali modifiche legislative sulle quali il plenum del parlamento non si è ancora pronunciato, rimandando in tal modo decisioni anche importanti per la collettività. Preoccupa in particolare il fatto che nell’elenco delle giacenze, a Palazzo delle Orsoline, figuri pure una quindicina di iniziative popolari. Gran parte sono datate. La più vecchia risale al 2010. Sono proposte sottoscritte da migliaia di cittadini. Il destino delle quali, a distanza di anni, continua a essere incerto. Una situazione insoddisfacente, che non giova alla democrazia e che alimenta nel cittadino la sfiducia nella politica e di riflesso nelle istituzioni. Che senso ha firmare un’iniziativa se poi questa rischia di restare lettera morta o di essere, come si usa dire, superata dagli eventi?

C’è chi ha stimato in quattro anni il tempo necessario al nostro parlamento per evadere quegli oltre cinquecento atti. Alcuni verranno smaltiti nella sessione di Gran Consiglio che si aprirà lunedì. Ma il numero delle giacenze rimarrà elevato. Una pletora di atti parlamentari che oltretutto non consentirà – meglio, che già oggi non consente – di individuare le proposte di peso, le questioni prioritarie. Dunque, quali rimedi adottare affinché il Gran Consiglio e le sue commissioni in primis accelerino l’evasione di ciò che finisce sotto la loro lente? Domanda difficile. A complicare il quadro ci sono due fattori. Il primo è la crescente complessità degli argomenti, che esigono attente valutazioni anche di carattere giuridico per scongiurare ricorsi ed eventuali sonori schiaffi dei tribunali: emblematico il caso dell’abortita Lia, la Legge sulle imprese artigianali. Il secondo è la natura del nostro parlamento. Che è di milizia.

Se non si vuole che la carica di deputato diventi di fatto unicamente accessibile a persone agiate o a pensionati, che possono di conseguenza dedicarsi a tempo pieno alla politica attiva (intendiamoci: ci sono stati e ci sono parlamentari ultra 65enni che hanno svolto e svolgono il mandato con passione e competenza), se non si vuole che il Gran Consiglio sia presto o tardi costretto al ruolo di passacarte del Consiglio di Stato, limitandosi ad approvare o a non accogliere i messaggi governativi, bisogna allora trovare a breve delle soluzioni che permettano di conciliare parlamento di milizia ed esigenze operative di una democrazia moderna. Il capogruppo socialista Ivo Durisch suggerisce di potenziare i servizi di supporto, aumentando il numero dei segretari delle commissioni. Uno scenario che pare non convincere la maggioranza degli altri partiti, soprattutto per i costi che ne deriverebbero per il Cantone. Opportunamente il presidente del Gran Consiglio, il leghista Daniele Caverzasio, ha inserito il tema degli atti parlamentari pendenti nel programma della riunione di settimana prossima dell’Ufficio presidenziale. Attendiamo di conoscerne l’esito. Ricordando che autorevolezza e centralità di un parlamento passano anche dal suo impegno per evitare il deposito di (troppa) polvere su mozioni, petizioni e iniziative.