Oltre 500 atti ancora senza risposta. Durisch (Ps): 'Ci vorrebbero quattro anni di sedute per evaderli'. Ma il potenziamento dei servizi resta lontano
Richieste di modifica di leggi in vigore o di nuove leggi, proposte di intervento dei servizi cantonali in questo o quel settore. Svariati i temi trattati: fisco, economia, finanze pubbliche, socialità, sanità, scuola, cultura, trasporti, sicurezza, giustizia, diritti politici... Tutti quei temi insomma che toccano la vita delle persone. Parliamo degli atti parlamentari. Che il Gran Consiglio - e in prima battuta le sue commissioni - è chiamato a evadere. Quelli pendenti, dunque non evasi, sono 548. Il dato è aggiornato a ieri. Un numero rilevante. Nel dettaglio: 272 mozioni, 103 iniziative elaborate, 82 iniziative generiche, 54 iniziative cantonali, 15 iniziative popolari (sottoscritte da cittadini), 22 petizioni. La somma non tiene conto degli atti che i deputati indirizzano al Consiglio di Stato e che sono in attesa di una risposta: 86 interrogazioni e 25 interpellanze.
Ma torniamo ai 548 atti parlamentari. Il capogruppo socialista Ivo Durisch fa due calcoli: «Se consideriamo una sessione parlamentare di tre mezze giornate al mese, esclusi luglio e agosto, non essendovi sedute, ci vorrebbero quarantacinque mesi, ossia quattro anni, per evaderli tutti». Tanti, troppi gli atti pendenti. Cosa che preoccupa il presidente del Legislativo cantonale, tant’è che il leghista Daniele Caverzasio ha inserito la questione nella lista degli argomenti che l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio affronterà lunedì prossimo quando il plenum del parlamento tornerà a riunirsi.
Riprende Durisch: «Nelle commissioni gli atti parlamentari vanno esaminati e discussi, vanno allestite le bozze di rapporto, sulle quali si pronunciano poi i gruppi parlamentari... un lungo iter. Senza dimenticare l’accresciuta complessità dei temi in generale». Che fare affinché il parlamento decida in tempi ragionevoli? «A disposizione delle commissioni ci sono dei segretari: oggi in tutto sono sei unità e mezzo. E anche loro sono con l’acqua alla gola. Credo che una soluzione sia quella di affiancare a ogni segretario commissionale un segretario in veste di collaboratore scientifico, potenziando pertanto i servizi del Gran Consiglio, per agevolare i deputati negli approfondimenti e accelerare così l’evasione degli incarti». Secondo Caverzasio, «bisognerebbe anzitutto verificare quali atti parlamentari siano nel frattempo superati dagli eventi: in tal caso i granconsiglieri che li hanno inoltrati, o ripresi da colleghi di partito non più in parlamento, dovrebbero chiedersi se abbia ancora un senso mantenerli o se non sia opportuno ritirarli». Anche perché «fra tutti questi atti pendenti vi è il rischio di ’smarrire’ richieste e proposte di peso, prioritarie». Aumentare il numero dei segretari commissionali? «Prima di compiere questo passo - oltrettutto in un momento di crisi economica dove si chiedono sacrifici ai cittadini -, occorre vedere se non si possa organizzare diversamente il lavoro di queste persone, sgravandole per esempio dalla verbalizzazione delle riunioni delle commissioni con un maggior ricorso alle tecnologie». Sulla stessa lunghezza d’onda, Maurizio Agustoni. Aggiunge il capogruppo del Ppd: «Al di là dell’adeguamento del personale di supporto, il parlamento dovrebbe adottare modalità diverse di lavoro: andrebbe per esempio valorizzato il ruolo del relatore, dandogli fiducia. Certi approfondimenti, certe audizioni potrebbe farli solo lui, senza la partecipazione di tutta la commissione, che andrebbe invece interamente coinvolta sui temi importanti».
Per la capogruppo liberale radicale Alessandra Gianella «il problema si pone con la nuova Legge sul Gran Consiglio, con cui si è cercato di distribuire per temi alle Commissioni gli oggetti che le riguardano mentre prima la Gestione aveva più visione di insieme e ritmi di lavoro più sostenuti». Il punto è che «contrariamente a prima adesso si riuniscono quasi ogni settimana, ma l’evasione degli atti non è per forza migliorata, anzi. Prima di parlare di altri supporti bisogna capire che problema c’è. Qualcosa può essere risolto? Si possono fare delle valutazioni? Ogni commissione ha un segretario che nei suoi compiti ha quello di supportare e aiutare. La possibilità di farne capo c’è già adesso e senza potenziare. È chiaro - concede Gianella - che si dovrebbe fare qualche analisi più tecnica sui temi più complessi, e qui gli atti rischiano di fermarsi qualche tempo di più in commissione».
Il capogruppo dell’Udc Sergio Morisoli non vuol sentir parlare di potenziamenti: «Non servirebbe a niente, perché le abitudini di alcuni e le prassi rimarrebbero le stesse. Non si avrebbero risultati di fronte ad altre uscite». La soluzione «potrebbe essere il dividere gli atti parlamentari, perché le iniziative elaborate o le mozioni sono atti per i quali i deputati fanno una certa fatica nel prepararli e renderli sostanziosi grazie anche a basi e fondamenta giuridiche. È sbagliato che finiscano nello stesso mucchio di altri atti inoltrati perché si è sentito il radiogiornale o per avere visibilità». Il secondo aspetto su cui si concentra Morisoli è il ruolo dei vari uffici dell’Amministrazione: «Tante volte se il deputato chiamasse l’ufficio di turno e chiedesse il dato che gli interessa si eviterebbero tanti atti parlamentari inutili. Poi è chiaro, quei dati devono essere forniti». L’accumularsi di atti parlamentari nelle commissioni per il capogruppo dei Verdi Nicola Schönenberger è dovuto «al fatto che si va sempre più verso una politica urlata». Una risposta «deve venire dal parlamento stesso, se si fa una mozione occorre prepararla bene». Nessun potenziamento quindi? «Non ne vedo la necessità - risponde Schönenberger -, i servizi e i segretari delle commissioni lavorano bene. Sta a noi deputati fare più capo a loro. È evidente, però, che in tutto questo si fa strada il problema della politica di milizia. La remunerazione è troppo bassa per un’attività che incide molto a livello di tempo e impegno nella vita di chi è in parlamento».