Migliorare diagnosi, approcci terapeutici e coperture assicurative per i long Covid, Berna faccia la sua parte
I vaccini ci tirano su il morale, lasciandoci intravedere una fine al tormento della pandemia, ma questo non deve farci dimenticare chi soffre di long Covid: circa 300mila persone in Svizzera (stimano i ricercatori) rivorrebbero indietro la propria vita. A nove mesi dall’infezione stanno ancora soffrendo di stanchezza cronica, spesso associata a dolori articolari, insonnia, fiato corto, difficoltà di concentrazione, palpitazioni… per citare i sintomi più frequenti. Per chi lo vive, il long Covid è tutto tranne che una banalità: la stanchezza cronica non è un'invenzione ma ti obbliga sul divano; c’è chi per mesi non riesce a tornare al lavoro per i dolori; chi interrompe gli studi perché non riesce a concentrarsi. Tutto è nuovo e poco studiato, i medici non sanno bene che pesci pigliare, i pazienti rischiano di peregrinare da uno specialista all’altro, le assicurazioni (capita pure questo!) chiudono i rubinetti su alcune terapie essendo una sindrome tutta da definire.
Nel mezzo di una crisi sanitaria, l’attenzione delle autorità è focalizzata soprattutto su come contenere la diffusione del virus e salvare vite umane, ma l’onda lunga del Covid intanto semina nuove vittime.
Un calvario che tocca una persona su quattro che ha contratto il virus ed è molto invalidante per una su dieci, come ci spiega l’epidemiologo Milo Puhan dell’università di Zurigo che sta seguendo 1’500 ex pazienti. Coinvolge anche chi l’ha preso in forma lieve, ma si ritrova a gestire un post Covid pesante, lungo e sfibrante. Basta leggere le storie (a pagina 2 e 3) di chi, dopo l’infezione, fatica a tornare come prima. Come Chantal, 52 anni, abituata a fare due maratone l’anno, ora non riesce a fare le scale senza avere le palpitazioni. Sabrina, 50 anni, convive da mesi con forti dolori alle gambe, nessun farmaco l’aiuta, solo camminare parecchie ore allevia il tormento. Per entrambe sono passati undici mesi dalla malattia. Sibilla, 29 anni, è prostrata da una stanchezza devastante, dopo il lavoro crolla sul divano spesso senza cena, mentre prima aveva una vita molto attiva. Infine Dragan, 66 anni, che oltre ai dolori non riesce a concentrarsi per più di due ore e la notte fatica a dormire.
In Svizzera queste persone vanno dal medico di famiglia, molti fanno del loro meglio, ma non sanno con che cosa hanno a che fare. Alcuni paesi - come il Regno Unito, dove le autorità sanitarie hanno saggiamente sviluppato linee guida per il trattamento del long Covid - optano per un approccio multidisciplinare che vede vari specialisti lavorare insieme su questi casi. A maggio ha aperto la prima clinica specialistica in Inghilterra.
In Svizzera c’è una tale carenza di informazioni dai canali ufficiali che i pazienti elvetici hanno creato piattaforme online e il gruppo Fb long covid (attualmente con mille iscritti) per scambiare consigli, pareri e sostenersi l’un l’altro. Chi era confinato su una carrozzina, si legge, inizia a vedere timidi miglioramenti.
Forse come dice il prof. Pons (a pagina 3) bisogna armarsi di pazienza per far fronte ai regali ‘avvelenati’ del Covid. Sicuramente, come sta chiedendo la deputata agli Stati Marina Carobbio a Berna, servono studi finanziati dalla Confederazione, per seguire queste persone, capire cosa succede loro e perché, migliorando di conseguenza diagnosi, approcci terapeutici e coperture assicurative.